Gli effetti speciali: Dalle illusioni ottiche al 3D

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EXCURSUS NEL MONDO DEGLI EFFETTI SPECIALI NEL CINEMA

“Qualunque tecnica o trucco che viene usato per creare un illusione di realtà in una situazione in cui non è possibile, economico o sicuro, usare le cose reali” è stato definito dal maestro dell’illusione Eustace Lycett e gli effetti speciali sono tra le più intriganti magie della settima arte, ciò che più lo avvicina all’estremo e al virtuosismo.

Nelle sale in questi giorni troviamo, in una versione completamente restaurata, gli Uccelli di Hitchcock (capolavoro del 1963), che è l’opera del maestro del giallo di tutti i tempi per la quale siano stati realizzati la maggior quantità di effetti speciali – 400 scene con effetti sulle 1500 totali. Le riprese sono durate sei mesi, con un anno di post produzione.

Le illusioni ottiche e le silhouette hanno reso il cinema quel mondo fantastico che è prima della diffusione della grafica avanzata. La stanza di Ames, ad esempio, è stata utilizzata nel 1971 in Charlie e la fabbrica di cioccolato. Manhattan di Woody Allen, deve molto del suo fascino alle scene in silhouette umane, nella scena iniziale di Toro Scatenato di Scorsese, De Niro sale sul ring con lo stesso effetto fotografico. E’ sempre di Hitchcock una delle silhouette più famose della storia del cinema, la scena della doccia di Psycho, assieme alla Cavalcata delle Valchirie in Apocalypse Now.

Generatore d’illusioni per definizione e tecnologia, il cinema perfeziona le proprie tecniche per gli effetti speciali tra gli anni venti e trenta del Novecento, prendendo ancora una volta spunto da tecniche utilizzate in ambito teatrale.

L’effetto Schuftan, ad esempio, è un trucco cinematografico che si basa sull’utilizzo di uno specchio biriflettente posizionato a quarantacinque gradi rispetto alla macchina da presa in modo da ingrandire oggetti o miniature poste frontalmente, e rendere possibile interazioni con scenografie e azioni reali altrimenti impossibili da realizzare. Una tecnica utilizzata, ad esempio, in Metropolis di Fritz Lang e nel Mago di Oz di Victor Fleming.

Il Chroma Key e il Matte hanno sostituito questa tecnica. In molti studi cinematografici nascono in quegli anni reparti specializzati in effetti speciali e cresce l’utilizzo di miniature per simulare battaglie navali, voli e schianti senza coinvolgimenti reali.

Con la nascita della stampante ottica gli effetti non vengono più realizzati in camera, al momento della ripresa, ma nella così detta post-produzione. In Quarto potere (Citizen Kane- 1941) i luoghi della tenuta di Candalù, sono stati creati proprio con la celebre invenzione di Linwood G. Dunn.

Nell’indimenticabile scena de I dieci comandamenti (di John P. Fulton-1956) il Mar Rosso spalanca le sue acque grazie ad una combinazione di travelling mattes (che permette di combinare più elementi in un’unica scena) e l’uso di serbatoi.

Tra le tecniche più usate e antiche c’è l’arte dell’animazione a passo uno (stop-motion) che permetteva di creare immagini spettacolari come negli Argonauti (1963), nel quale la battaglia tra uomini reali e scheletri animati è considerato un punto di riferimento imprescindibile per la storia degli effetti speciali.

effetti speciali stop motion

A dare una decisa impennata all’uso e allo studio di queste tecniche, che hanno reso il cinema un esperienza sempre nuova e coinvolgente, hanno inciso alcuni generi più di altri. Tra tutti la fantascienza e il fantasy, ma anche l’horror e i film di animazione.

Guerre stellari sancisce l’epoca dei film con effetti speciali costosi e imponenti. L’Industrial Light & Magic, nata nel 1977 da un’iniziativa di George Lucas e John Dykstra, rimane ancora oggi uno dei principali colossi nel mondo degli effetti speciali, precorritrice delle principali innovazioni del settore.

Negli anni Novanta vengono prodotti i primi film in Computer-Generated Imagery che grazie all’uso del digitale permette la possibilità di modificare l’immagine senza degradarne la qualità. Queste tecniche trovano spazio in diversi film di fantasia, ma il primo a contenere un’immagine completamente generata al computer è stato Piramide di paura, un film del 1985 di Barry Levinson nel quale appare uno strano personaggio mutante. Con Jurassic Park (1993) la ILM crea dei dinosauri di grande complessità grafica aprendo la strada ai grandi capolavori del genere come Toy Story, i vari Star Wars, la trilogia del Signore degli Anelli e il famosissimo Avatar.

Arriviamo quindi a Blade Runner 2049 vincitore degli Oscar 2018 per gli effetti speciali curati da Paul Lambert assieme a John Nelson. Partendo dal lavoro di un gruppo di concept artist i due maestri della grafica hanno realizzato degli effetti che richiamano all’estetica del primo film degli anni Ottanta ma con una resa rivoluzionaria. La post produzione, durata sei mesi, ha portato alla realizzazione di 100 videate originali per 15 set realizzati in Cinema 4D. Il capolavoro di Villeneuve ha unito per la prima volta macrofotografia, scene coreografate sul set, lenti ottiche e proiettori a perfezionare le immagini, fotogrammetria assieme a tecniche di CG più tradizionali.

Per chi come me è appassionato di 3D l’attesa per l’ultima trovata tecnologica o meglio ancora per la scelta di regia più azzeccata è sempre viva. Sono partite nel 2017 le riprese per il nuovo Avatar che promette di portare in sala lavorazioni 3D mai viste prima, con un budget stimato intorno ai 250 milioni di dollari. Mentre è già in sala il film per bambini Smallfoot, il mio amico delle nevi, e sta per uscire l’ultima scommessa del padre della sperimentazione James Cameron Alita: Angelo della battaglia, ambizioso progetto action sci-fi ispirato ad un manga di Yukio Kushiro del 1990.

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