Il Monaco che vinse l’apocalisse (2024): un viaggio tra fede e rivoluzione

Recensione, trama e cast del lungometraggio Il Monaco che vinse l’apocalisse (2024) diretto da Jordan River riguardante la spiritualità di Gioacchino da Fiore

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Locandina de Il Monaco che vinse l’Apocalisse

Il Monaco che vinse l’Apocalisse

Titolo originale: Joachim and the Apocalypse

Anno: 2024

Nazione: Italia

Genere: Drammatico, Storico, Fantastico

Casa di produzione: Delta Star Pictures

Distribuzione italiana: TVCO – International Distribution

Durata: 90 minuti

Regia: Jordan River

Sceneggiatura: Michela Albanese, Jordan River

Fotografia: Gianni Mammolotti

Montaggio: Alessio Focardi, Jordan River

Musiche: Michele Josia

Attori: Francesco Turbanti, Nikolay Moss, Bill Hutchens, Elisabetta Pellini, Giancarlo Martini, G-Max, Yoon C. Joyce

Trailer di “Il Monaco che vinse l’Apocalisse”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Jordan River, regista, produttore ed esperto di nuove tecnologie, è tra i pionieri del cinema 3D in Italia. La sua carriera spazia tra cinema, gaming, realtà virtuale e innovazione nel linguaggio visivo, con una produzione di saggi dedicati al settore, tra cui “3D Stereoscopico” (FAG Edizioni) e “Comunicare in 3D” (Bruno Editore).

Tra i suoi lavori più celebri si annoverano il documentario “Caravaggio, la potenza della luce”, premiato come Miglior Documentario al 22° Siena International Film Festival, e “Le origini della cinematografia”, vincitore del Silver Screen Award al Nevada International Film Festival e distribuito dall’Istituto Luce Cinecittà.

La sua filmografia include anche “Dance, The Audition”, una produzione italo-americana trasmessa su RAI 5 e Rai Play, e “Stonehenge, il Tempio dei Druidi”, accolto con entusiasmo dalla critica internazionale e inserito dal quotidiano The Indian Express tra i migliori 10 documentari da vedere.

Nel 2020, River ha diretto il docufilm “Artemisia Gentileschi, Pittrice Guerriera”, opera pluripremiata e distribuita globalmente. Il 2024 segna un altro traguardo importante con il lungometraggio storico-biografico “Il Monaco che vinse l’Apocalisse”. La pellicola ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui:

  • Winner Historical Screenplay – Best Script Award, Londra (2024);
  • Medaglia d’Oro per la Colonna Sonora Originale ai Global Music Awards (USA, 2024);
  • Award of Excellence all’Accolade Global Film Competition (USA, 2024);
  • Miglior Colonna Sonora al Your Way International Film Festival (Malta, 2024);
  • Miglior Colonna Sonora ai Tracks Music Awards (USA, 2024);
  • Nomination per Miglior Colonna Sonora ai World Entertainment Awards (USA, 2024).

In Italia, il lungometraggio viene presentato in anteprima nazionale sabato 16 novembre 2024, alle ore 18:00, presso il CityPlex Politeama Lucioli di Terni, come film d’apertura della ventesima edizione del Terni Film Festival (16-24 novembre). L’edizione di quest’anno è dedicata al tema “The Big Blue – La speranza ostinata”. Dopo la partecipazione al festival, il film sarà distribuito nelle sale italiane a partire dal 5 dicembre 2024, a cura di TVCO – International Distribution.

Trama di “Il Monaco che vinse l’Apocalisse”

Il 30 marzo 1202, Joachim, anziano monaco, si risveglia da un sogno profetico e comprende che quello sarà l’ultimo giorno della sua vita. Decide quindi di trasmettere al suo discepolo i segreti acquisiti in una vita dedicata allo studio della teologia, all’esplorazione del trascendentale e alla contemplazione della natura, immerso nella quiete delle abbazie.

Sulle impervie montagne, Joachim fonda un monastero chiamato “Fiore”, simbolo di speranza, e redige su pergamena la profezia della “Terza Epoca”: un’era di libertà spirituale e di profondo progresso interiore, destinata a protrarsi fino alla fine dei tempi.

Il suo pensiero, pur scaturito dall’umiltà di un semplice frate cistercense, giunge fino alla Regina Costanza d’Altavilla, che desidera essere confessata da lui. Joachim accetta, ma solo a condizione che la sovrana rinunci al trono inginocchiandosi di fronte a lui. La fama del monaco si estende ulteriormente, arrivando fino a Riccardo Cuor di Leone, al quale Joachim svela il simbolismo del Drago a sette teste descritto nel Libro dell’Apocalisse.

Consapevole di aver lasciato un segno indelebile, Joachim si ritira sulle montagne innevate per il suo ultimo viaggio. Sa che “Fiore non è ancora frutto”, ma rappresenta la promessa del frutto: un simbolo di speranza destinato a germogliare nel tempo.

Il Monaco che vinse l’Apocalisse - Foto di scena con Francesco Turbanti
Il Monaco che vinse l’Apocalisse – Foto di scena con Francesco Turbanti

Recensione di “Il Monaco che vinse l’Apocalisse”

Un progetto cinematografico senza dubbio intrigante e innovativo per il panorama italiano. Con “Il Monaco che vinse l’Apocalisse”Jordan River compie un significativo passo avanti nel cinema nostrano, soprattutto sul piano tecnico e nell’uso degli effetti speciali, realizzando il primo lungometraggio italiano in 12K. Questa altissima definizione regala al pubblico una qualità visiva straordinaria, con immagini di eccezionale nitidezza e colori vibranti.

Un aspetto particolarmente interessante è la riuscita fusione tra fotografia e CGI, con effetti speciali che creano ambientazioni credibili e dall’affascinante sapore visionario-fantasy. Tra le sequenze più impressionanti spiccano quelle relative al mondo infernale, ispirato alle teorie di Gioacchino da Fiore sull’Apocalisse e la Teoria delle Tre Età. La rappresentazione dell’inferno, ricca di simbolismi e atmosfere oscure, si combina armoniosamente con una fotografia che eccelle anche in scene paesaggistiche, in particolare quelle legate al Monte Tabor e al mondo islamico, regalando momenti di grande pregio visivo.

La fotografia, curata da Gianni Mammolotti (“Il testimone”, 2001; “Francesco”, 2012), risulta particolarmente curata anche in assenza di effetti visivi, come dimostrano le numerose sequenze buie ambientate nei monasteri. In queste scene, l’illuminazione fievole riesce comunque a mantenere una nitidezza impeccabile, evitando la presenza di rumori digitali e garantendo un’elevata qualità visiva. Tuttavia, non mancano alcune disomogeneità nella resa fotografica, soprattutto nelle scene boschive e in quelle angeliche. In particolare, nei dialoghi tra Joachim e il suo discepolo poco prima della morte, la luce eccessiva dona alle immagini un effetto troppo amatoriale, indebolendo l’atmosfera generale. Sul piano del montaggio, queste sequenze avrebbero potuto beneficiare di una color correction più attenta, capace di integrare meglio tali momenti nel contesto fantasy e visionario del film. Nonostante questi dettagli, il lavoro fotografico nel complesso rimane di alto livello, conferendo al film un’identità visiva rara per il cinema italiano.

Nonostante alcune sbavature nelle sequenze ambientate nei boschi, che avrebbero richiesto una maggiore cura nella post-produzione, la qualità visiva complessiva del film rimane eccelsa. Tuttavia, lo stesso non si può dire del comparto sonoro. Il mixaggio audio e la resa vocale degli attori trasmettono un senso di scolastico, dando l’impressione di un prodotto filmico non del tutto professionale. In particolare, l’impostazione uditiva dei dialoghi appare poco naturale, come se le battute fossero state registrate successivamente in studio e non direttamente sul set, contribuendo a una percezione artificiale delle interazioni tra i personaggi.

Questa problematica è ulteriormente amplificata dalle interpretazioni del cast, in particolare quella di Francesco Turbanti nel ruolo di Gioacchino da Fiore. Turbanti non riesce a incarnare pienamente la complessità e l’umanità di questa figura storica straordinaria: un monaco visionario, abate, teologo e filosofo (Celico, 1130 circa – Pietrafitta, 30 marzo 1202), che nel corso della sua vita ha fondato la congregazione monastica dei Florensi e inaugurato il movimento noto come gioachimismo. La sua rilettura dei testi religiosi, con particolare attenzione all’Apocalisse e alla sua Teoria delle Tre Età, rappresenta un’eredità rivoluzionaria nella storia del pensiero religioso.

Nonostante l’importanza del personaggio, la performance di Turbanti appare limitata, forse a causa di una direzione registica che non riesce a far emergere il lato più umano e visionario di Gioacchino da Fiore. Questa mancanza si traduce in una difficoltà per lo spettatore nel creare empatia con il protagonista, impedendo di cogliere appieno la grandezza di una figura religiosa che la Chiesa ha spesso relegato nell’ombra. È significativo notare come solo Papa Francesco, nel 2024, a oltre 800 anni dalla sua morte, abbia ufficialmente riconosciuto l’importanza di Gioacchino da Fiore nella rilettura teologica dei fatti religiosi e, in particolare, dell’Apocalisse. Fino a quel momento, la sua figura era sopravvissuta nell’immaginario collettivo soprattutto grazie alla Divina Commedia di Dante Alighieri, che lo menziona nel Paradiso.

Francesco Turbanti fatica a trasmettere l’emotività necessaria per rendere autentico il suo personaggio. Tuttavia, questa mancanza non può essere attribuita unicamente all’attore, ma anche a una sceneggiatura che appare più interessata a presentare le idee, le riflessioni e la rivoluzionaria interpretazione teologica di Gioacchino da Fiore, piuttosto che la sua dimensione umana e personale. Sebbene il film includa alcuni momenti significativi della vita del monaco – come il pellegrinaggio in Terra Santa, durante il quale Gioacchino è colto da visioni che plasmeranno il suo cammino di fede, o il suo ingresso nei conventi cistercensi – la narrazione sembra privilegiare le sequenze legate alla ricerca teologica, trascurando l’approfondimento emotivo e intimo del personaggio.

La pellicola si concentra sulle riflessioni filosofiche e visionarie del protagonista, ma fatica a comunicare efficacemente il messaggio delle sue parole. Questo problema è in parte dovuto a un linguaggio eccessivamente letterario e denso, che alla lunga può risultare pesante per lo spettatore, rendendo la visione talvolta ridondante e ripetitiva. Le sezioni più filosofiche avrebbero potuto funzionare meglio se bilanciate con una controparte umana più incisiva e coinvolgente, capace di far emergere le emozioni e i tormenti interiori dei personaggi. In questo modo, lo spettatore avrebbe potuto empatizzare maggiormente con le figure narrate, che invece risultano bidimensionali e poco approfondite, soprattutto per quanto riguarda i personaggi secondari.

Gli sceneggiatori avrebbero dovuto esplorare con maggiore attenzione la psiche dei protagonisti, dedicando più spazio ai loro tormenti interiori e alle loro esperienze personali. Ad esempio, i brevi flashback che accennano al passato di Gioacchino – come la sua capacità di provare amore per una donna – sono troppo superficiali per costruire una connessione emotiva significativa con il pubblico. Un maggiore focus sulla dimensione intima e umana di Gioacchino avrebbe reso il film più equilibrato e coinvolgente, permettendo di comprendere meglio l’uomo dietro il pensatore e la sua complessa evoluzione spirituale.

Fotogramma di Il Monaco che vinse l’Apocalisse
Fotogramma di Il Monaco che vinse l’Apocalisse

In conclusione

Quello che si può salvare di questa pellicola è senza dubbio l’aspetto visivo, legato alla componente fantasy e al mondo visionario-onirico, oltre ai costumi e alle ambientazioni, che risultano accurati e suggestivi. Degna di nota è anche la fedeltà storica mantenuta, con la scelta di preservare i nomi dei luoghi e dei personaggi in lingua latina, che aggiunge un senso di autenticità all’opera. Tuttavia, nonostante questi pregi, il film soffre di difetti evidenti, che lo rendono un progetto interessante ma incapace, alla fine, di toccare davvero il cuore degli spettatori.

Il materiale di partenza era senza dubbio complesso e ambizioso, ma con un approccio più bilanciato e un maggiore approfondimento narrativo, il risultato avrebbe potuto essere più incisivo ed emotivamente coinvolgente. Un’occasione mancata, che lascia trasparire le potenzialità di un’opera visivamente ricca, ma priva della forza necessaria per restare impressa nel pubblico.

Note positive

  • Elementi di CGI
  • Alta definizione dell’immagine

Note negative

  • Il sonoro vocale, talvolta può apparire strano
  • Sceneggiatura
Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazione
Emozioni
SUMMARY
3.0
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.