Il terremoto di Vanja (2019): un docufilm sulla forza degli uomini

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Il terremoto di Vanja

Titolo originale: Il terremoto di Vanja

Anno: 2019

Paese: Italia

Genere: Documentario, Road Movie

Produzione: Anton Produzioni, Except House Production, Rai Cinema

Distribuzione: Nexo Digital

Durata: 82 minuti

Regia: Vinicio Marchioni

Sceneggiatura: Vinicio Marchioni, Igor Artibani, Milena Mancini, Pepsy Romanoff

Fotografia: Pepsy Romanoff, Emanuele Cerri

Montaggio: Ruggero Longoni

Musiche: Vittorio Cosma, Pino Marino, Fabrizio Romagnoli

Attori: Vinicio Marchioni, Milena Mancini, Toni Servillo, Francesco Montanari, Nina Torresi, Alessandra Costanzo

trailer ufficiale “Il terremoto di Vanja”

In occasione della Giornata Mondiale del Teatro, debutta il 27 marzo su Nexo+, la piattaforma di contenuti in streaming per un tempo libero di qualità ideata da Nexo Digital, Il terremoto di Vanja- Alla ricerca di Čechov un docufilm di Vinicio Marchioni. Candidato ai Nastri d’Argento 2020 nella categoria miglior docufiction, Il terremoto di Vanja è un omaggio al teatro, ai suoi protagonisti e ai suoi spettatori, in attesa di poter tornare presto a vedere gli spettacoli dal vivo.

Trama Il terremoto di Vanja

Il terremoto di Vanja narra il dietro le quinte dello spettacolo teatrale diretto e interpretato da Vinicio Marchioni e ispirato all’opera “Zio Vanja” di Anton Cechov. Una passione ossessiva, quella per Cechov, che il regista spiega tramite una relazione epistolare immaginaria che lui stesso intrattiene col drammaturgo russo, al quale presta la voce Toni Servillo. Andato in scena anche in alcune zone italiane terremotate, l’adattamento proposto da Marchioni è un omaggio alle vittime dei terremoti che negli ultimi anni hanno scosso più volte il centro Italia. I filmati delle prove degli attori sono alternati alle riprese silenziose ora a colori ora in bianco e nero delle macerie, testimonianze del terremoto, e ai contributi di Andrej Končalovskij, Gabriele Salvatores e Fausto Malcovati.

Recensione Il terremoto di Vanja

Narrato come una sorta di road-movie, questa definizione va senz’altro stretta al docufilm di e con Vinicio Marchioni. Il terremoto di Vanja infatti non è solo la storia di un viaggio durato 2 anni che porta la tournée in giro per la penisola: è soprattutto un viaggio interiore che il regista compie dentro di sé attraverso la sua passione viscerale per il grande drammaturgo russo, così come è un viaggio nel lavoro teatrale, nei luoghi del terremoto e nelle parole e nell’anima di Anton Čechov.

Se le opere di Cechov sono note a tutti, rappresentando ormai una pietra miliare per la drammaturgia di tutti i tempi, l’innovazione sta nel saperle attualizzare e adattare a una situazione contemporanea. L’abilità di Marchioni e della sua troupe (dall’adattatrice del testo originale Letizia Russo alla moglie e attrice Milena Mancini) sta proprio nel saper trasmettere quella sensazione di perdita vissuta da Cechov a fine Ottocento a causa dell’epidemia di tifo nelle storie e nelle parole raccontate da chi tutto lo ha perso negli anni recenti a causa del terremoto.

E così, come la morte di un membro della famiglia di Anton e l’infertilità di una piantagione di grano hanno sancito la rottura della famiglia Cechov, il terremoto aquilano ha segnato la frattura di una qualsiasi famiglia abruzzese. È proprio questa famiglia che Marchioni mette in scena nel suo spettacolo, una famiglia che non ha più la forza di urlare a causa di una sensazione d’isolamento dovuta all’immobilità post-terremoto. Marchioni lo fa circondandosi di attori calati perfettamente nelle parti: da Francesco Montanari nei panni del dottor Astrov (una sorta di alter ego di Cechov) a Nina Torresi che interpreta la nipote Sonja, da Alessandra Costanzo che dà il volto alla nonna al ruolo che invece il regista riserva per sé stesso, quello del burbero zio Vanja, che avverte la stessa sensazione di fallimento e inutilità provata dall’attore sulla sua stessa pelle nel momento in cui si trova davanti tutta la desolazione causata dalla forza distruttiva del terremoto.

Il viaggio compiuto in solitario da Vinicio Marchioni nelle terre russe, luogo d’infanzia di Cechov, e quello invece compiuto assieme al cast tra le rovine del centro Italia hanno favorito l’immedesimazione nei ruoli da parte degli attori, i quali hanno avvertito un grande senso di responsabilità sulle loro spalle: mettere in scena la disperazione e la forza dei sopravvissuti al terremoto davanti agli occhi dei terremotati stessi. Ma lo spettacolo, immerso nel silenzio del Teatro Ridotto de L’Aquila, è anche la voce del teatro e di tutti i suoi lavoratori, costretti dal Covid a tener calato il sipario da ormai troppi mesi.

In conclusione

Il terremoto di Vanja è un docufilm che mescola generi e linguaggi, ma è soprattutto un semplice atto d’amore: un atto d’amore verso il teatro, la letteratura e gli esseri umani che resistono.

NOTE POSITIVE

  • Le riprese dietro le quinte che mostrano il lavoro dell’attore prima della messa in scena;
  • Le immagini del cast tra le macerie;
  • L’alternanza colori/bianco e nero per sottolineare l’assenza di movimento nei luoghi terremotati è di forte impatto.

NOTE NEGATIVE

  • Inserire delle interviste fatte agli spettatori alla fine della pièce sarebbe stato interessante per capire se il lavoro del regista ha avuto gli effetti sperati.
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