Love in the Big City (2024). La sfida di amare nella solitudine cronica delle grandi città

Recensione, trama e cast della miniserie coreana drammatica sentimentale Love in the Big City (2024), tratta dall’omonimo romanzo di Park Sang Young

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Locandina della serie Love in the Big City

Love in the Big City

Titolo originale: 대도시의 사랑법

Anno: 2024

Paese: Corea del Sud

Genere: Drammatico, Sentimentale, Coming of Age

Casa di Produzione: Merrychristmas, Bigstone Studio

Distribuzione italiana: Rakuten Viki

Ideatore: Sang Young Park

Stagione: 1

Episodi: 8

Regia: Hur Jin-Ho

Sceneggiatura: Sang Young Park

Fotografia: –

Montaggio: –

Musica: Jawan Koo

Attori: Nam Yoon-su, Lee Soo-kyung, Oh Hyun-kyung, Kwon Hyuk, Na Hyun-woo, Jin Ho-eun

Trailer di “Love in the Big City”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Tratta dall’omonimo romanzo dello scrittore coreano Park Sang Young, la serie, suddivisa in quattro macro parti, ritenuta d’avanguardia nel panorama televisivo coreano è disponibile dal 21 ottobre gratuitamente in lingua originale con sottotitoli in inglese su Rakuten Viki. Anche grazie alla superba interpretazione del suo protagonista, Nam Yoon-su, e all’attenzione posta su temi di grande rilevanza per la generazione Z, attualmente “Love in the big city” sta ricevendo una grande eco al livello internazionale, una meritata popolarità totalmente in contrasto con le critiche cieche delle associazioni religiose coreane, che hanno tentato di boicottare il suo rilascio nell’intero Paese.

Trama di “Love in the Big City”

Go Young (Nam Yoon-su) è un giovane uomo come tanti nella capitale sudcoreana: vive la sua vita intensamente tra gli studi, le amicizie piene e sincere e quelle serate folli, che solo alla sua età possono rappresentare una fonte di eccitazione ed euforia senza tempo. Se da un lato il suo gruppo di amici e la sua amata coinquilina Mi-ae (Lee Soo Kyung) sono i suoi tesori più cari, con cui condivide ogni singolo momento, nonché fonte per lui di stabilità, dall’altro la sua vita sentimentale è un turbine di instabilità capace di fargli vivere una continua avventura e di fargli scoprire di volta in volta lati sempre diversi di sé e del suo modo di amare. Con il lento procedere del tempo e degli episodi, la vita di Go Young cambia e cambiano le persone intorno a lui: sua madre si ammala di tumore, la sua coinquilina, nonchè migliore amica, abbandona il loro mondo, ancora edulcorato dalle ombre dell’adolescenza, per la stabilità del matrimonio, i suoi tre amici affrontano a loro volta le loro sfide in una Seoul che sembra non dormire mai, non fermarsi mai. E Go Young? Di fronte a tutto ciò, lui intraprende l’arduo percorso della scrittura come mestiere e continua a vivere intensamente ogni relazione, scontrandosi anche, da giovane omosessuale quale è, con il mostro dell’omofobia, finchè, dopo tanti errori, non incontra Gyu Ho(Jin Ho-eun), giovane aspirante infermiere dolce e desideroso di una vita normale, e anche la sua vita cambia. Per la prima volta l’innamoramento diventa amore, gli appuntamenti folli si trasformano in uscite costanti, le frequentazioni senza nome in una relazione con tanto di convivenza. Go Young diventa adulto assieme al suo compagno, innamorato di lui e attaccato a lui al punto da trasmettergli totale fiducia anche nel rivelargli il suo essere sieropositivo, eppure la stabilità dell’età adulta, che spaventa tutti, irrompe anche nella loro relazione, rendendo Go Young nuovamente instabile, talvolta irrazionale e annoiato dalla normalità che un amore comune, passate le scintille dei primi mesi, si porta dietro. Inizierà così per lui una nuova fase di riscoperta, un nuovo approcciarsi all’età adulta fatto di autoanalisi e comprensione di un io, ormai adulto, mai ascoltato più di tanto, alla ricerca della felicità passata, ma anche di nuove consapevolezze.

In foto Nam Yoon-su(Go Young) e Jin Ho Eun(Shim Gyu Ho) in una scena dell’ultimo episodio di Love in the Big City
In foto Nam Yoon-su(Go Young) e Jin Ho Eun(Shim Gyu Ho) in una scena dell’ultimo episodio di Love in the Big City

Probabilmente non esisterò nel futuro che sogni, perché non potrò vedere ciò che tu vedi. Ci siamo sfiorati solo per diventare di nuovo estranei. Estranei per sempre.” (Go Young)

Recensione di “Love in the Big City”

Imparare a vivere, imparare ad amare sono le sfide di ogni generazione, eppure per la nostra lo sono un po’ di più, specialmente nei deserti affollati delle grandi città, di cui, tra tutte, Seoul è manifesto. Il k-drama, così poco k-drama, tratto dall’omonimo romanzo di Park Sang Young, è un manuale e uno specchio riflettente della vita di una nuova generazione che si affaccia ad amare per la prima volta.

Serie di questo tipo in Corea del sud vengono soprannominate “bl”, ovvero “boy lovers” e si può affermare che esse abbiano nel mondo asiatico una serie di caratteristiche e clichè che si ripresentano ogni volta. “Love in the big city” è quanto di più lontano da tutto ciò. Non solo non è una vera e propria bl, ma non è neanche un vero e proprio k-drama, nei termini con i quali i coreani ci hanno abituato alle loro serie. In primis è bene sottolineare le varie cesure tra i filoni con cui la serie vuole raccontare la vita di Go Young, che sono al tempo stesso esemplificativi dello scorrere del tempo nella vita di ognuno di noi. I primi episodi hanno quasi una eco da “Sex and the city” versione LGBTQ+ e gen Z, di cui le capitali asiatiche sono un po’ il simbolo. I toni di questi primi episodi sono quelli di una commedia vivace ed irriverente, in cui le esperienze sentimentali vengono raccontate agli amici di sempre e la grande città, con le sue luci e le sue esagerazioni, è il perfetto sfondo. Temi come l’aborto e l’omosessualità sono trattati in modo consono, senza eccedere nei toni dall’una o dall’altra parte, senza scadere mai nel patetismo o nel dramma irrazionale e la sagacità della sceneggiatura ricorda davvero quella leggerezza intelligente a cui quelle quattro vecchie ragazze di New York avevano abituato e appassionato intere generazioni. Nella seconda metà tuttavia il tono scanzonato della prima gioventù, lascia il posto alle prime consapevolezze e sofferenze dell’età adulta, che si affaccia marginalmente dapprima, ma viene vissuta poi già pienamente da tutti i personaggi. Questa cesura tocca e ribalta completamente la vita di Go Young che vediamo maturare, sia al livello lavorativo sia al livello personale, sia nel bene sia nel male, perchè, si sa, l’età adulta crea fratture e le fratture fanno male.

Ecco che quindi il protagonista si ritrova a vivere il dolore della perdita dei suoi affetti più cari, vede la sua casa svuotarsi e la solitudine diventare la sua migliore amica. Al tempo stesso anche il suo sogno di diventare scrittore si affievolisce, lasciando il posto alla necessità di una vita più sicura con un lavoro più sicuro, seppur odiato, in azienda. A quanti di noi, nel passaggio all’età adulta non è capitato di dover dire addio ai vecchi amici sull’altare o al nostro sogno, incapace di sostentarci? Quelli di Go Young sono piccoli e grandi drammi esistenziali e soprattutto universali, fonte di non poche ansie e preoccupazioni specialmente nella generazione corrente.

E l’amore? L’amore, ma soprattutto le lezioni di vita che le relazioni, giuste o sbagliate che siano, portano con sé, continua ad essere un leitmotiv dell’intera serie. Si parla di amore come attaccamento, amore e odio, amore e desiderio là dove il desiderio è represso, amore come consolazione fisica, ma in realtà è solo con l’incontro con Gyu Ho che si ha la piena descrizione della vastità di emozioni che l’amore vero porta, dalla fiducia e la comprensione ai momenti di buio e di scontro, passando per le notti di fuoco e i silenzi inspiegabili, i piccoli gesti, ma anche le barriere insormontabili. Go Young inizia ad amare, ma al tempo stesso non è umanamente pronto a farlo fino in fondo, anche a causa della sua malattia, compresa e accettata più dal suo partner che da lui, che in fondo aveva sempre nascosto. Go Young, impreparato ad amare, ma anche impreparato a tanto amore incondizionato, sbaglia, molla la presa e da spettatori lo si odia, ma in fondo, chi non sbaglia almeno una volta in amore? E soprattutto, chi non sbaglia perché si sente dentro inadeguato, imperfetto, dannoso per l’altro? La realtà interiore nasconde sempre molto di più rispetto a quanto da fuori si osserva e piano piano negli ultimi episodi si scopre proprio questo: che non c’è mai una sola vittima e non c’è mai un solo modo di soffrire, che non si lascia sempre per assenza di amore, ma anche per volontà di lasciare che l’altro sia amato come merita e il personaggio di Gyu Ho, che resta nel cuore per la sua purezza e bellezza interiore, pur non volendolo, viene in un certo senso salvato dalle “mancanze” che il protagonista, non amandosi abbastanza, vede e giudica in se stesso.

Un altro tema, molto rilevante e legato all’amore, che spicca negli episodi finali, è quello della nostalgia, che è direttamente legato alla fiducia e all’attaccamento interiore. E’ un sentimento pesante e faticoso da sostenere anche per lo spettatore, tanto è ben comunicato a parole, sguardi, attraverso i gesti e l’instabilità mentale vissuta dal protagonista, che inizia a perdersi e vagare senza meta, avvolto tuttavia dai ricordi di un amore ormai passato e rivisto, alla luce della sua nuova assenza, con un occhio diverso, il dolore provocato da ciò che è stato e non è più, la malinconia. In questo vissuto, la serie riesce così a inserire, con la stessa delicatezza con cui aveva già trattato l’aborto, anche il tema della depressione, toccata in modo naturale, senza artifici.

Alla fine solitudine e amore camminano parallelamente al suo fianco, dalla sua infanzia e dall’abbandono da parte del padre, alla morte della madre, passando per inizio e fine delle sue relazioni, ed è proprio questo a lasciare l’amaro in bocca sul finale di questa serie: il fatto che talvolta, a causa della nostra impreparazione ad amare e a vivere, le possibilità si spengano, le occasioni si perdano, i momenti speciali si dissolvano anche per sempre. “Love in the big city” non è tanto il classico racconto del coming of age: quest’ultimo è infatti indiscutibilmente presente, ma non è protagonista. Ciò che più emerge in questa serie è il continuo susseguirsi di lezioni di vita, successi o fallimenti, di fronte ai quali l’età adulta, fatta e finita, ci pone, obbligandoci a reagire e anche a sbagliare. Gli uomini di Go Young, le storie, che si snodano una dopo l’altra a intensità e durata diverse, sono il simbolo della continua ricerca di una stabilità non sempre assoluta e scontata in età adulta, di un amore che ci rispecchi, nel quale poterci vivere completamente e questa è la più grande sfida che in età adulta di questi tempi si possa affrontare.

“Sono stanco di essere solo. Sono stanco di essere stanco.” (Go Young)

In foto Nam Yoon-su( Go Young) in una scena del sesto episodio di Love in the Big City
In foto Nam Yoon-su( Go Young) in una scena del sesto episodio di Love in the Big City

In conclusione

“Love in the big city”, erroneamente venduta come una commedia di amori da grandi città e amicizie senza tempo, diventa gradualmente, ma anche naturalmente un dramma, più amaro che dolcema sempre poetico, in grado di commuovere nello spettro di umanità e fragilità che riesce a raccontare con scene emozionanti e una sceneggiatura paurosamente toccante. E’ proprio questa meravigliosa e variegata umanità ad essere stata contestata nello scenario mediatico coreano, ad aver scombussolato, un po’ come una mina vagante, il panorama seriale di un Paese ancora non sempre pronto ad accettare, integrare e comprendere, un po’ come il nostro in fondo.

Come ci racconta Ferzan Ozpetek nel suo prezioso “Mine Vaganti”: “le mine vaganti servono a portare il disordine, a prendere le cose e a metterle in posti dove nessuno voleva farcele stare, a sgominare tutto, a cambiare i piani” e la speranza è proprio che questa serie, nella sua funzione di mina vagante, riesca a portare la società coreana su un nuovo livello, perché c’è una nuova generazione, che, al livello globale, è affamata di tutto questo, e che, anche se non sembra, è affamata di amore e di comprensione.

Note positive

  • Trama innovativa e ben costruita
  • Interpretazione autentica degli attori
  • Trattamento sensibile di temi delicati

Note negative

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Francesca Sansone
Francesca Sansone

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