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Manas
Titolo originale: Manas
Anno: 2024
Nazione: Brasile
Genere: Drammatico
Casa di produzione: Inquietude
Distribuzione italiana: (non specificata)
Durata: 106 minuti
Regno: Marianna Brennand
Sceneggiatura: Felipe Sholl, Marcelo Grabowsky, Marianna Brennand, Antonia Pellegrino, Camila Agustini, Carolina Benevides
Fotografia: Pierre de Kerchove
Montaggio: Isabela Monteiro de Castro
Attori: Jamilli Correa, Fátima Macedo, Rômulo Braga, Dira Paes, Emilly Pantoja, Samira Eloá, Enzo Maia, Gabriel Rodrigues, Ingrid Trigueiro, Clébia Souza, Nena Inoue, Rodrigo Garcia
Trailer di “Manas”
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Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
La regista brasiliana Marianna Brennand, nota per aver realizzato diversi cortometraggi come O Coco, a Roda, o Pnêu e o Farol (2012) e Francisco Brennand (2012), oltre al secondo episodio della terza stagione della serie documentaristica Apartamento (2016), nel 2024 debutta con il suo primo lungometraggio di finzione, Manas. Oltre a dirigere, Brennand ha svolto anche il ruolo di produttrice e sceneggiatrice, collaborando alla stesura dello script insieme a Marcelo Grabowsky, Felipe Sholl, Antonia Pellegrino, Camila Agustini e Carolina Benevides. Il film, di genere drammatico, è stato selezionato per la 21ª edizione delle Giornate degli Autori, una sezione parallela della Mostra del Cinema di Venezia. L’anteprima mondiale per i giornalisti si è tenuta il 31 agosto, mentre il pubblico ha potuto assistere alla proiezione il 2 settembre alle ore 11:15 nella Sala Perla. Il film è vietato ai minori di quattordici anni.
Trama di “Manas”
Sull’isola di Marajó, nella foresta amazzonica, vive Marcielle, chiamata affettuosamente Tielle. Ha tredici anni e vive sulle rive del fiume insieme ai genitori e ai suoi tre fratellini, con un quarto in arrivo. Il pensiero della sorella maggiore, di cui non ha più notizie, la tormenta. Tielle, spinta dalle parole della madre, idealizza la sorella, credendo che sia riuscita a fuggire dalla realtà oppressiva in cui vivono, trovando un “brav’uomo” su una delle chiatte che attraversano la regione, portandola lontano dalla foresta e dalla loro cultura.
Tuttavia, con il passare del tempo e l’inevitabile crescita fisica, le visioni idealizzate di Tielle si infrangono di fronte a una realtà ben più dura. Intrappolata tra due mondi violenti, la ragazza si trova sempre più preoccupata per il futuro incerto che la attende. Nonostante l’indifferenza e l’inazione della madre e della comunità, Tielle decide di lottare da sola contro il sistema oppressivo che domina la vita delle donne della sua comunità. Il silenzio che circonda tali soprusi è assordante, e nessuno sembra voler cambiare lo status quo. Sarà proprio Marcielle a tentare di rompere questo ciclo di oppressione, combattendo per il destino della sua sorellina e per il proprio futuro.

Recensione di “Manas”
Manas (letteralmente “Sorelle”) non è una storia di pura finzione, non nasce semplicemente dalla mente di un gruppo di sceneggiatori. Il film si ispira a una tragica realtà: la condizione delle donne sull’isola di Marajó, situata nella regione settentrionale del Brasile, lungo il fiume Tajapuro. Per sottolineare la veridicità della storia, a fine film appare una didascalia su sfondo nero che ricorda allo spettatore come ciò che ha appena visto riflette una condizione sociale femminile reale e attuale. Il messaggio è chiaro: questa situazione si ripete quotidianamente nel silenzio, in un luogo dove tutti sanno, ma nessuno interviene per migliorare la vita delle donne, sia a livello domestico che culturale.
“Ringraziamo le sorelle di Marajó per il coraggio di raccontarci le loro storie.”
Manas trae ispirazione dalle testimonianze di numerose bambine dell’isola, che hanno condiviso le loro storie con la regista Marianna Brennand. Il risultato è un film che, pur avendo una struttura narrativa drammaturgica di finzione, si configura come una denuncia sociale, mettendo in scena l’orrore vissuto quotidianamente da queste bambine e donne, controllate e abusate dagli uomini del villaggio. Gli uomini, che si sentono padroni assoluti, abusano sessualmente delle loro figlie e mogli senza alcun rimorso. Nell’isola di Marajó, avere rapporti sessuali con la propria figlia tredicenne è considerato normale, e il potere maschile decide ciò che è giusto e sbagliato, relegando le donne – dalla moglie alla figlia – al servizio dell’uomo, relegandole al silenzio.
Durante una ricerca documentaristica nei villaggi remoti della foresta amazzonica, la regista ha incontrato donne che hanno subito traumi enormi sin dalla giovane età, vittime di abusi sessuali domestici e sfruttate sulle chiatte commerciali, senza alcuna possibilità di fuga. Come afferma la stessa Brennand:
È stato durante una ricerca documentaristica nei villaggi remoti della foresta amazzonica che ho incontrato donne che hanno subito traumi immensi fin dalla più tenera età, subendo abusi sessuali all’interno delle loro case e venendo anche sfruttate sessualmente su chiatte commerciali. Purtroppo, la maggior parte di noi donne ha una storia di abuso, sia esso sessuale, morale o psicologico, che ha lasciato profonde cicatrici e traumi. Il Me Too e altri movimenti per i diritti delle donne ci hanno incoraggiato e permesso di rompere il silenzio e di denunciare gli abusatori in tutto il mondo. Ma che dire di queste donne invisibili di cui non conosciamo nemmeno l’esistenza? Con “Manas” voglio dare voce a queste donne e ragazze che altrimenti non sarebbero mai state ascoltate, onorando le storie che hanno condiviso con me. Vedo il cinema come un veicolo irresistibile per la trasformazione sociale e politica e spero che Manas sia in grado di mobilitare l’empatia degli spettatori rompendo l’enorme tabù che circonda questa difficile realtà che riguarda tutte noi donne.
In questo senso la storia di Marcielle non è altro che la storia della gran parte delle bambine di oggi e di ieri dell’Isola di Marajó, non è altro che l’espediente narrativo che la cineasta trova per raccontare con crudezza e realismo, senza ricadere nel genere documentaristico, la tragica storia delle bambine di questo villaggio del nord del Brasile, dove l’abuso e lo sfruttamento sessuale delle bambine è lecito, sia in casa che fuori casa, dove l’abuso e la violenza sessuale è la regola, dove le stesse madri invitano le proprie figlie/bambine a prostituirsi sulle chiatte per far soldi, trovarsi un uomo decente e fuggire da quel mondo maschilista. La cosa scandalosa e brutale è inoltre il silenzio di queste madri, di coloro che sanno degli abusi da parte dei loro mariti nei confronti delle loro figlie, ma che dinanzi alle suppliche di queste bambine loro non rispondono altro che con un triste “passerà”, una parole cruda e amara che significa: è accaduto anche a me e alle altre, prima o poi tutto ciò però passerà e tuo padre smetterà di usarti per fare sesso, spostando la sua attenzione altrove.
La bambina al centro del film, una volta che ricade entro il dramma a causa del padre che la tocca nelle sue parti intime per soddisfare i propri bisogni carnali, non intende però sottomettersi a questa situazione sociale, ma quando prova a parlare con alcune donne, dalla madre a una barista del villaggio, si sente dire solo una frase dura e forte “Certe cose non si possono cambiare”, come se ciò che avviene fosse qualcosa di immutibile, come se fosse una tradizione che nessuno intende spezzare definitivamente.
Tutto ciò ci viene raccontato attraverso il linguaggio visivo del realismo, con una sceneggiatura asciutta e dialoghi essenziali, accompagnata da scene di vita quotidiana che, passo dopo passo, ci mostrano il percorso di trasformazione interiore ed esteriore di Marcielle. La protagonista passa da una condizione di ingenuità infantile a quella di adolescente/donna che si scontra con la dura realtà del suo mondo. Marcielle, strappata improvvisamente dalla sua innocenza, si ritrova catapultata in un universo oscuro, segnato da un maschilismo pervasivo. Non è un caso che la pellicola inizi proprio nel momento in cui Tielle, all’età di tredici anni, vive (probabilmente) il suo primo ciclo mestruale. La prima scena ci introduce, attraverso il dialogo tra Marcielle e madre, al rapporto di ammirazione tra la protagonista e la sorella maggiore, fuggita di casa. Subito dopo, vediamo Tielle nascondere il suo ciclo mestruale, pulendosi le mutandine sporche di sangue lontano da occhi indiscreti. Questa scena mette in luce, in modo evidente, le paure e i tabù legati al sesso in quella cultura e alla paura stessa della ragazzina di dichiarare in casa di essere divenuta donna, segnale che qualcosa non funzioni all’interno di quell’ambiente domestico.
Le scene successive, che costituiscono i passaggio dal primo atto al secondo, ci mostrano il passaggio di Tielle da un’infanzia felice – in cui gioca con la sorella e sorride affettuosamente alla madre e al padre – alla dura presa di coscienza della realtà adolescenziale: l’abuso sessuale e la violenza subiti dal padre. Nel frattempo, la madre e le altre donne la spingono verso la prostituzione, considerata l’unica via di fuga da quella vita. Trovare un uomo straniero sembra essere l’unica soluzione per fuggire da quella soffocante condizione familiare e sociale.
Questa tematica cruda e dolorosa viene affrontata attraverso lo sguardo di una bambina di tredici anni, e il racconto si avvale di una fotografia marcatamente realistica e un montaggio lento che ci permettono di entrare gradualmente in questo mondo. Ci immergiamo nell’oscurità insieme alla protagonista, attraverso inquadrature girate con una cinepresa a mano, che si muove nello spazio e rimane costantemente vicina ai personaggi, consentendoci di comprendere le loro emozioni, i loro pensieri e di provare empatia per loro, in primis verso la nostra protagonista e la madre di questa, una donna che vorrebbe lottare contro ciò che accade alla figlia ma che si ritrova incapace di agire, preferendo un tacito silenzio piene di disperazione.
La scelta stilistica della regista di non mostrare direttamente gli abusi, ma di celarli visivamente, è particolarmente potente e riflessiva. Questo approccio non solo preserva la delicatezza del tema trattato, ma amplifica l’impatto emotivo attraverso la rappresentazione dei cambiamenti interiori del personaggio principale. La trasformazione del volto di Tielle da quello di una bambina innocente a tratti marcatamente adulti evidenzia la profondità del trauma vissuto e il peso delle esperienze che deve sopportare. La regista opta per un’espressione del dolore e della perdita che emerge non attraverso immagini esplicite, ma attraverso le sottili ma incisive variazioni nel volto di Tielle. Questo non solo evita la sensationalizzazione, ma invita anche lo spettatore a una riflessione più profonda sul trauma psicologico e le sue conseguenze. L’interpretazione di Jamilli Correa, al suo debutto sul grande schermo, aggiunge un ulteriore strato di intensità alla narrazione. La giovane attrice riesce a incarnare con grande maestria la complessità emotiva del suo personaggio. La sua performance restituisce con autenticità la crescita e la maturazione forzata di Tielle, che, a causa delle difficoltà familiari e personali, è costretta a prendere decisioni drammatiche e definitive. Questo viaggio di trasformazione culmina in un finale che segna un punto di non ritorno, rendendo chiaro che nulla sarà più come prima per Tielle.

In conclusione
“Manas” è un film che, attraverso una narrazione cruda e viscerale, denuncia una realtà sconvolgente troppo spesso ignorata. La storia di Marcielle diventa il simbolo di un’intera generazione di bambine vittime di un sistema oppressivo e violento. Grazie a una messa in scena realistica e all’intensa interpretazione di Jamilli Correa, il film riesce a trasmettere con forza la brutalità di questa condizione, facendo riflettere lo spettatore sull’urgenza di un cambiamento. Un’opera che lascia un segno profondo e che si pone come un potente veicolo di sensibilizzazione.
Note positive
- Interpretazione potente della giovane Jamilli Correa
- Fotografia realistica e vicina ai personaggi
- Approccio narrativo coraggioso che affronta un tema delicato senza scadere nel sensazionalismo
Note negative
- Montaggio a tratti troppo lento
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Colonna sonora e sonoro |
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Interpretazione |
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SUMMARY
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4.3
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