
I contenuti dell'articolo:
Maria
Titolo originale: Maria
Anno: 2024
Nazione: Italia, Stati Uniti d’America, Germania
Genere: Biografico, Drammatico
Casa di produzione: The Apartment Pictures, Fabula Pictures, Komplizen Film, Fremantle
Distribuzione italiana: 01 Distribution
Durata: 124 minuti
Regia: Pablo Larraín
Sceneggiatura: Steven Knight
Fotografia: Ed Lachman
Montaggio: Sofia Subercaseaux
Attori: Angelina Jolie (Maria Callas), Pierfrancesco Favino (Ferruccio), Alba Rohrwacher (Bruna), Haluk Bilginer (Aristotele Onassis), Kodi Smit-McPhee (Mandrax), Valeria Golino (Yakinthi Callas)
Trailer di “Maria”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Dopo i successi di Jackie (2016) e Spencer (2021), Pablo Larraín torna al genere biografico con un terzo lungometraggio dedicato alla figura iconica di Maria Callas, una delle maggiori cantanti di opera lirica del 20° secolo. Nata negli Stati Uniti da genitori greci, fra gli anni ’50 e ’60, periodo in cui ha vissuto in Italia, l’artista ha riscattato le sue umili origini arrivando a esibirsi nei più rinomati palcoscenici internazionali dove ha riscosso un enorme consenso di pubblico e critica. Figura iconica, comunemente nota come “La Callas” o “La Divina”, è stata acclamata per il suo straordinario talento vocale, la sua tecnica e l’incredibile passione che ha trasmesso in ogni ruolo.
La pellicola retraente questa icona del panorama lirico internazionale è stata presentata in anteprima mondiale alla 81ª edizione del Festival del Cinema di Venezia e vede nel ruolo de “La Callas” la rinomata attrice Angelina Jolie che offre un’interpretazione impeccabile nei panni della diva imperitura della lirica mondiale. Grazie alla sua straordinaria performance, Angelina Jolie ha ottenuto una candidatura come Miglior Attrice in un Film Drammatico ai Golden Globe Awards 2025.
A livello distributivo, il film, dopo essere stato presentato anche al Telluride Film Festival, arriva nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 1 gennaio 2025.
Trama di “Maria”
Maria Callas, nome d’arte di Maria Anna Cecilia Sofia Kalos, è stata un’icona indiscussa dell’opera lirica mondiale. Nata a New York da genitori greci, la sua voce potente e versatile l’ha consacrata come una delle più grandi interpreti del XX secolo. Con un timbro inconfondibile e ricco di sfumature, la Callas ha affrontato un repertorio vastissimo, spaziando dalle opere di Bellini a quelle di Wagner. Ma Maria Callas non era solo una straordinaria cantante: era anche un’attrice di incredibile talento, capace di trasmettere emozioni profonde e di dare vita ai personaggi con un’intensità unica. La sua vita privata, segnata da amori passionali e scandali, ha contribuito a creare intorno a lei un’aura di fascino e mistero che l’ha resa una vera diva.
La pellicola è ambientata a Parigi, nel settembre 1977, e ci immerge nell’appartamento della Callas, che diviene un labirinto di ricordi. Tra pareti rivestite di velluto e mobili in stile Luigi XV, la “Divina”, ormai fragile e sola, cerca rifugio dalla realtà. La sua voce, un tempo potente e vibrante, è ora un sussurro, un’eco lontana di un passato glorioso, che ogni giorno si consuma in una lenta agonia.
Maria trascorre le sue giornate ascoltando le vecchie registrazioni, tentando disperatamente di ritrovare la magia di un tempo. Il pianoforte, un tempo strumento prediletto, giace ora coperto da un velo di polvere, spostato da un angolo all’altro nella ricerca ossessiva di quell’attimo perfetto che suono e voce avevano saputo creare. La solitudine, pesante e opprimente, è diventata una compagna costante. I flash dei fotografi, le ovazioni del pubblico, sembrano ricordi appartenenti a un’altra vita. Circondata solo dai fedeli servitori Ferruccio e Bruna, Maria si sente abbandonata e smarrita. L’amore per Onassis, un’ossessione che l’ha consumata, torna a tormentarla nei sogni e nei ricordi. Eppure, è nella musica che Maria trova il suo rifugio. Le note, un tempo veicolo di gioia e passione, diventano ora un ponte per riconnettersi con la parte più profonda di sé. Nelle lunghe notti insonni e nelle interminabili giornate, canta a bassa voce, cercando di ritrovare la bellezza e la potenza della sua arte.
Un ultimo concerto, un’ultima occasione per salutare il pubblico. Maria è combattuta: la paura del fallimento è immensa, ma il desiderio di tornare a vivere, anche solo per un momento, è irresistibile.

Recensione di “Maria”
Maria Callas ha cantato tutta la vita per il pubblico, per gli altri. E la sua vita personale è sempre stata legata alle sue relazioni. Cercava sempre di compiacere qualcuno, una relazione, un familiare o un amico. E ora, in questo film, alla fine della sua vita, decide di farlo per sé stessa. Cercherà di cantare per sé stessa. Quindi questo è un film su qualcuno che cerca di trovare la propria voce e capire la propria identità. È una celebrazione della sua vita
Con queste parole il regista cileno Pablo Larrain descrive la sua ultima opera presentata al Festival del Cinema di Venezia a settembre 2024.
Pablo Larraín, regista cileno, è noto per la sua capacità di immergere lo spettatore in mondi cinematografici intensi e claustrofobici, dove i personaggi sono tormentati da passioni, dubbi e complessi psicologici. I suoi film sono più che semplici biografie: sono esplorazioni profonde dell’animo umano, dove la storia viene filtrata attraverso una lente soggettiva e personale. In Maria il regista non si discosta dallo stile dei precedenti capolavori quali Jackie e Spencer. La sua regia è un’esperienza sensoriale che coinvolge lo spettatore a livello emotivo. Le sue inquadrature sono spesso strette, quasi soffocanti, come se volessero catturare l’angoscia e la claustrofobia che Maria prova. I primi piani della Jolie e le pose che attua sono sicuramente le fotografie più nitide di tutta la pellicola. Il tema, che anche in questo film affronta, è il file rouge dei precedenti due biopic. Il potere attraverso l’arte è un must che si respira il tutta la sua narrazione anche se la portata principale è il dramma della solitudine. A chiudere questa metafora culinaria è il dolce servito attraverso la consapevolezza dello spettatore dove la morte rappresenta il climax della sua pellicola.
Attraverso la sua regia, Larrain ci invita a scavare nell’animo della Callas, la quale mantiene la sua figura algida tuttavia rivela anche la delicatezza dell’animo legato alla caducità del corpo.
Nella scelta della protagonista, Larrain non ha avuto dubbi:
C’è qualcosa di unico in donne come Maria Callas, e anche in Angelina Jolie. Hanno una presenza scenica magnetica, che sia sul palcoscenico, davanti alla camera o semplicemente in una stanza. Si percepisce immediatamente l’immensa umanità che le caratterizza. Per Angie non è stato difficile incarnare Maria Callas, perché lei stessa possiede una profondità e una complessità simili. Ha affrontato la preparazione con grande serietà, dedicandogli sei o sette mesi. Le ho suggerito che il modo migliore per prepararsi fosse quello di avvicinarsi al canto, di sperimentare quella disciplina. Angelina possiede una fragilità, una sensibilità e un’intelligenza che hanno fatto la differenza. Si ha la sensazione che lei scompaia nel ruolo, al punto che ci si dimentica rapidamente di stare guardando Angie. Ci vuole un talento immenso e potente, ovviamente, ma anche una dedizione assoluta, una disciplina ferrea e una profonda vulnerabilità per riuscire a realizzare una simile interpretazione
La vera sfida è stata ricreare la magia della voce di Maria Callas sul grande schermo. Realizzare un film su una cantante così iconica senza la sua voce sarebbe stato come dipingere un ritratto senza catturare l’anima del soggetto. Angelina Jolie si è immersa in un intenso percorso di preparazione. Ha lavorato a stretto contatto con cantanti lirici e coach vocali per padroneggiare la tecnica vocale, la postura e l’accento. Ha interpretato arie e opere specifiche, soprattutto in italiano, con l’obiettivo di riprodurre fedelmente le sfumature e le emozioni della voce di Callas. Il risultato è un’esperienza audiovisiva unica, dove la voce di Maria Callas si intreccia con quella di Angelina Jolie, creando una sorta di duetto temporale. È un lavoro certosino, un mosaico di suoni e voci che rende omaggio alla grande diva.
La stessa Jolie, come altre importanti artiste, presentate nelle pellicole alla più importante rassegna cinematografica italiana, si è completamente messa in discussione. La sua performance non si concentra esclusivamente sul rendere credibile la cantante d’opera per eccellenza ma lavora per esprimere l’essenza stessa di Maria, attraverso il rapporto con la sua voce e con il suo corpo. Anche i personaggi secondari, tra cui Favino, aiutano gli spettatori a comprendere meglio il mondo della Callas, la sua solitudine oltre che l’apprensione dei suoi dipendenti nonché unici affetti.

In conclusione
“Maria” è un film che lascia il segno, ma che potrebbe dividere il pubblico. Chi è alla ricerca di un ritratto intimo e profondo di una delle più grandi voci del secolo scorso troverà sicuramente soddisfazione. Chi, invece, preferisce una narrazione più lineare e tradizionale potrebbe rimanere un po’ deluso.
Note positive
- L’interpretazione di Angelina Jolie: L’attrice americana dimostra una straordinaria capacità di immedesimarsi nel personaggio, trasmettendo al pubblico la complessità e la profondità emotiva di Maria Callas.
- La regia di Pablo Larraín: conferma il suo talento nel creare atmosfere dense e suggestive, giocando con la luce e il suono per sottolineare i momenti di maggiore intensità drammatica.
- La fotografia: Le immagini sono bellissime e curate, contribuendo a creare un’estetica visiva raffinata e memorabile.
Note negative
- La narrazione frammentaria: Il film presenta una struttura narrativa frammentaria che, pur riflettendo la complessità del personaggio, potrebbe disorientare lo spettatore meno attento.
- L’eccessiva enfasi sul lato oscuro: Pur essendo un ritratto veritiero, il film si concentra eccessivamente sugli aspetti più tragici della vita di Maria Callas, trascurando alcuni aspetti più luminosi della sua personalità.
- La mancanza di una vera e propria storia: Il film sembra più una serie di scene evocative e riflessioni sulla vita dell’artista, piuttosto che una narrazione lineare con un vero e proprio arco narrativo.