Project Silence (2023). La pellicola catastrofica che cerca di parlarci di politica 

Recensione, trama e cast del film "Project Silence", un disaster movie visivamente valido ma carente dal punto di vista emotivo e narrativo.

Condividi su

Trailer di “Project Silence”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Il cineasta coreano Kim Tae-gon si è fatto conoscere dal grande pubblico e dalla critica mondiale nel 2012 con 1999, Myeonhee, pellicola che l’anno successivo ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura al Festival Internazionale del Cinema di Salonicco. Nel 2016 ha poi diretto la commedia drammatica Gutbai singgeul, nota a livello internazionale anche con il titolo Familyhood, un film che ha lasciato il segno nel panorama cinematografico coreano grazie alla performance carismatica di Kim Hye-soo. Parallelamente alla regia e alla sceneggiatura, Kim Tae-gon si è distinto anche come produttore per la casa indipendente Gwanghwamun Cinema, supervisionando la realizzazione di pellicole come The King of Jokgu (2013), The Queen of Crime (2016) e Microhabitat (2017).

Sette anni dopo Gutbai singgeul, Kim Tae-gon torna sul grande schermo con Talchul: Project Silence, il suo quinto lungometraggio e il primo disaster movie della sua carriera. Il film racconta la lotta per la sopravvivenza di un gruppo di superstiti intrappolati su un ponte avvolto da una fitta nebbia, dove la vera minaccia non è l’oscurità, ma un branco di feroci cani assetati di sangue. Questo lungometraggio del 2023, che fonde azione e cinema catastrofico, è stato presentato nella sezione Midnight Screening del 76° Festival di Cannes il 21 maggio 2023, per poi uscire nei cinema coreani il 12 luglio 2024. In Italia ha avuto la sua anteprima stampa al Florence Korea Film Fest 2024 ed è stato infine distribuito dalla Blue Swan Entertainment esclusivamente in home video, in formato DVD, a partire dal 24 ottobre 2024.

Trama di “Project Silence”

Jung-won, consigliere del presidente coreano, politico del dipartimento di sicurezza e padre vedovo, sta accompagnando sua figlia Kyung-min, una ragazzina di tredici anni, all’aeroporto, dove si imbarcherà per intraprendere un percorso di studi all’estero. Tuttavia, mentre attraversano il ponte che conduce all’aeroporto, una fitta nebbia avvolge la zona, causando un enorme e devastante tamponamento a catena, in cui rimangono coinvolti anche Jung-won e sua figlia, fortunatamente senza gravi conseguenze fisiche.

I due, però, non sono gli unici sopravvissuti. Insieme a loro restano bloccati sul ponte: un autista di carro attrezzi con la sua fedele cagnolina Jodie, una coppia di anziani – Byung-hak e Soon-ok – di ritorno da un viaggio in Vietnam, due sorelle, Miran e Yura, che hanno appena perso il volo, e uno scienziato dal comportamento visibilmente inquieto.

Quella che sembra già un’emergenza fuori controllo si trasforma presto in un incubo quando, da un convoglio militare incidentato, fuoriescono cani geneticamente modificati, addestrati per scopi segreti nell’ambito di un misterioso progetto noto come Project Silence. Feroci e letali, gli animali si scagliano contro i superstiti, mentre le autorità decidono di isolare il ponte per impedire alla minaccia di raggiungere la città.

Ben presto ogni via di fuga viene interdetta: i collegamenti telefonici sono fuori uso e una serie di eventi catastrofici si susseguono senza tregua. Oltre all’incidente a catena e all’attacco dei cani, un elicottero di salvataggio precipita sul ponte, creando una nube tossica e causando danni strutturali irreparabili. La struttura inizia a cedere in più punti, rendendo la situazione ancora più disperata. Jung-won e il resto del gruppo dovranno contare solo sulle proprie forze per sopravvivere a questa catastrofe, mentre la politica li abbandona al loro destino.

Fotogramma di Project Silence
Fotogramma di Project Silence

Recensione di “Project Silence”

Non siamo di fronte a un grande film catastrofico, a un disaster movie adrenalinico e ricco di suspense, ma, allo stesso tempo, Project Silence riesce a intrattenere lo spettatore, nonostante manchino, a livello emotivo ed emozionale, molti degli ingredienti fondamentali per creare pathos in un film di questo genere. O meglio, gli elementi per realizzare un’opera dal forte impatto emotivo, capace di trasmettere ansia, paura e tensione, ci sarebbero anche, ma, vuoi per una sceneggiatura carente, vuoi per la mancanza di una regia più autoriale e originale, il film non riesce a rendere questi ingredienti drammaturgici realmente efficaci. Il risultato è una pellicola che scivola nel più totale anonimato, lasciando il pubblico in una sorta di apatia emotiva, tanto che probabilmente la visione verrà dimenticata piuttosto in fretta.

Ed è un peccato, perché Project Silence non è affatto un brutto film coreano. Anzi, al suo interno si trovano spunti interessanti e diverse idee che, se sviluppate con maggiore cura, soprattutto in fase di scrittura, avrebbero potuto rendere il film un’opera iconica nel panorama del disaster movie orientale (e non solo). La pellicola, infatti, presenta alcune trovate accattivanti e originali: dalla tematica politica, che porta lo spettatore a riflettere sulla corruzione e l’oscurità del potere, fino alla trasformazione dei cani – da sempre considerati i migliori amici dell’uomo – in minacce letali assetate di sangue.

Uno degli elementi più riusciti è proprio l’umanizzazione di questi cani, che non vengono raccontati esclusivamente come esseri crudeli e malvagi, ma anche come vittime del disastro in atto. Il film suggerisce che la vera responsabilità della tragedia ricade sulle istituzioni politiche, trasformando i rappresentanti del potere nei veri villain della storia, accusandoli di avere le mani sporche di sangue. Non è un caso, dunque, che il capo dei cani, Echo 9, venga rappresentato attraverso espressioni sorprendentemente umane: il suo sguardo riflette più disperazione e tristezza che malvagità, come se il suo agire non fosse dettato dalla crudeltà fine a sé stessa, ma piuttosto da un desiderio di vendetta contro coloro che lo hanno fatto soffrire e, forse, impazzire dal dolore.

Paradossalmente, Echo 9 risulta un personaggio più tridimensionale rispetto agli esseri umani del film. I caratteri secondari – dai due anziani alle due sorelle, fino al giovane eccentrico con il suo cagnolino – sono appena abbozzati dalla sceneggiatura, mentre gli stessi protagonisti mancano di un reale approfondimento psicologico. Questa bidimensionalità rende difficile empatizzare con loro: il pubblico fatica a provare pena o tensione per il loro destino, perché la loro morte o sopravvivenza ha ben poca importanza ai fini emotivi della narrazione. Un problema alquanto importante all’interno di un film che deve catturare lo spettatore a livello inconscio ed empatico.

Nonostante ciò, il protagonista Jung-won, consigliere del presidente, subisce un’evidente evoluzione nel corso della pellicola. Inizialmente, il suo sguardo sulla realtà è freddo e distaccato, quasi disumano: per lui, preservare l’immagine pubblica dei politici conta più del salvare vite innocenti, soprattutto quando un intervento in loro soccorso potrebbe compromettere la reputazione del presidente. A dimostrazione di ciò, Jung-won arriva persino a opporsi al salvataggio di alcuni superstiti, rapiti da forze straniere, anteponendo gli interessi del governo alla loro vita.

Consigliere: “Comportarsi in questo modo, vorrebbe dire venire meno alle nostre responsabilità. Il nostro dovere è proteggere i cittadini del paese a qualunque costo.”

Jung-won. “Noi abbiamo dei doveri nei confronti di quei cittadini che ci hanno votati, gli elettori si aspettano scelte politiche più avvedute da parte di questo governo”

L’esperienza vissuta in questa catastrofe lo cambierà nel profondo, trasformando radicalmente il suo punto di vista, soprattutto grazie alla figlia, capace di impartirgli importanti lezioni con la sua bontà d’animo. Per gran parte del film, Jung-won non può essere definito un personaggio positivo: è un uomo freddo e cinico, interessato unicamente alla propria sopravvivenza e a quella della figlia, senza curarsi minimamente di chi gli sta intorno, rivelandosi, per certi versi, un anti-eroe. Nel mezzo della tragedia, uno dei suoi principali pensieri è proteggere l’immagine del governo e, soprattutto, del presidente per cui lavora, affinché possa uscire indenne dallo scandalo e vincere le imminenti elezioni. Lo vediamo più volte comunicare via walkie-talkie con il suo superiore, ma quando quest’ultimo, per salvare la propria carriera e insabbiare i propri crimini, decide di abbandonarlo al suo destino, Jung-won realizza la vera natura spietata della politica. La stessa politica di cui ha sempre fatto parte ora lo tradisce senza esitazione, costringendolo a riconsiderare le sue convinzioni: ha sempre difeso i carnefici, non le vittime.

L’elemento politico del film è interessante e avrebbe potuto sostenere riflessioni più profonde, ma purtroppo viene trattato con un’eccessiva superficialità narrativa, una leggerezza che penalizza l’intero lungometraggio. Ciò impedisce alla pellicola di risultare davvero coinvolgente, nonostante un buon montaggio e un solido comparto tecnico, dalla fotografia agli effetti speciali.

Proprio grazie al suo comparto tecnico, il film riesce a non annoiare, mantenendo un buon ritmo e un’ambientazione credibile, capace di trasportare lo spettatore in uno scenario apocalittico verosimile. Questo risultato è merito non solo della scenografia, ma anche degli effetti speciali e della fotografia, che contribuiscono a creare un’atmosfera visiva coinvolgente e funzionale alla tensione drammaturgica. In particolare, la presenza costante della nebbia diventa un elemento chiave della narrazione, amplificando il senso di mistero e pericolo.

La fotografia, curata da Hong Kyung Pyo (Parasite, Burning), gioca un ruolo decisivo in questa resa visiva. La scelta di girare il 90% delle scene con camera a spalla accresce il senso di instabilità e immedesimazione, permettendo di seguire da vicino i movimenti dei personaggi e le minacce che li circondano. Il direttore della fotografia utilizza variazioni di luce sottili per enfatizzare la progressione della tragedia, alternando momenti di oscurità soffocante a squarci di luce che evidenziano il pericolo e la disperazione dei sopravvissuti. Il risultato è un equilibrio tra realismo e spettacolarità, un connubio che amplifica l’impatto visivo del film, purtroppo non supportato da una sceneggiatura altrettanto solida.

Anche gli effetti visivi, curati dal Dexter Studios (già responsabile di Along with the Gods e Space Sweepers), si rivelano un punto di forza. Il supervisore Song Yong Gu ha impiegato tecnologie 3D all’avanguardia per ricreare con grande realismo il crollo del ponte, il disastro automobilistico e la minaccia rappresentata dai cani clonati “Echo”. L’elevata qualità degli effetti speciali fa sì che lo spettatore non percepisca mai la loro natura artificiale: tutto appare autentico, dalle esplosioni ai più piccoli dettagli delle creature che popolano il film.

Anche la costruzione fisica del set si distingue per la sua qualità. La scenografa Han Ah Rum ha ricreato il ponte dell’aeroporto su un’enorme piattaforma, garantendo una base tangibile su cui integrare gli effetti digitali. Questo dimostra l’enorme perizia visiva alla base del film, che ambisce a imporsi come uno dei colossal del cinema coreano del 2023.

Il protagonista di Project Silence
Il protagonista di Project Silence

In conclusione

Project Silence tenta di imporsi come un disaster movie ambizioso, ma si perde in una sceneggiatura priva di profondità e in una caratterizzazione superficiale dei personaggi. Nonostante un impianto tecnico di alto livello e alcune idee interessanti – come la riflessione sul potere politico e la rappresentazione empatica dei cani mutanti – il film manca di impatto emotivo e non riesce a trasmettere la tensione tipica del genere. Il risultato è un’esperienza visivamente affascinante ma priva di mordente, destinata a scivolare nell’anonimato una volta terminata la visione.

Note positive

  • Comparto tecnico di alto livello: Fotografia, effetti speciali e scenografia sono curati con grande attenzione, creando un’atmosfera suggestiva.
  • Buon ritmo narrativo: Nonostante i limiti della sceneggiatura, il film riesce a mantenere un buon livello di intrattenimento.
  • Tematiche politiche intriganti: L’idea di rappresentare i politici come veri villain narrativi aggiunge un livello di lettura interessante.
  • Rappresentazione innovativa dei cani mutanti: La loro umanizzazione li rende più che semplici antagonisti, offrendo un punto di vista originale.

Note negative

  • Personaggi bidimensionali: Difficile provare empatia per i protagonisti, il che riduce la tensione e l’impatto emotivo.
  • Superficialità nella scrittura: Spunti interessanti vengono trattati in modo troppo semplicistico, impedendo al film di essere realmente incisivo.
  • Manca il pathos: Il senso di ansia e paura, elementi fondamentali per un disaster movie, risultano attenuati da una regia poco incisiva.
  • Influenza politica poco sviluppata: Pur essendo un tema centrale, la critica alla classe politica appare troppo didascalica e priva di mordente.
Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazione
Emozioni
SUMMARY
2.9
Condividi su
Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.