Tokyo Love Hotel: Un giorno in un albergo a ore

tokyo love hotel locandina film giapponese

Tokyo Love Hotel

Titolo originale: Sayonara kabukichô

Anno: 2014

Paese di Produzione: Giappone

Genere: Sentimentale

Casa di Produzione: Gambit and Happinet, The Fool and Arcimboldo, W Field

Distribuzione: Tucker Film

Durata: 2h 15m

Regia: Hiroki Ryuichi
Sceneggiatura: Haruhiko Arai, Futoshi Nakano

Montaggio: Kikuchi Jun’ichi

Fotografia: Nabeshima Atsuhiro

Musica: Tsuji Ayano, Yasui Shin

Attori: Shôta Sometani, Atsuko MaedaLee Eun-woo, Son Il-kwon, Kaho Minami

Trailer italiano di Tokyo Love Hotel

Trama di Tokyo Love Hotel

09:27 di mattina. Saya, un’aspirante cantautrice che spera di poter entrare nell’ambiente discografico, canta suonando la chitarra al suo fidanzato Toru. I due convivono insieme in un piccolo appartamento nella cittadina di Tokyo. La giovane, quello stesso giorno, confida al partner, di avere un incontro con un produttore discografico che vorrebbe offrirgli un contratto come solista. Lei è convinta che Toru lavori alla receptionist del Grand Pacific Hotel ma non sa che il giovane è stato licenziato e ora lavora in un modesto locale a ore, l’Hotels Atlas, situato a Shinjuku.

All’hotel lavorano anche altri individui come la donna delle pulizie Satomi, da un passato misterioso, e un ragazzo alquanto svogliato. All’interno dell’albergo a ore vengono e vanno molti clienti legati al mondo del porno come la ragazza sudcoreana Heya che si incontra giornalmente con alcuni clienti che pagano per le sue prestazioni. Lei, il giorno dopo, dovrà rientrare in Corea dato che gli è scaduto il visto di soggiorno e intende aprire un negozio con sua madre, ma per fare ciò è costretta a lasciare il suo fidanzato, un cuoco che vuole a sua volta aprire in giappone il suo ristorante.

Recensione di Tokyo Love Hotel

Realizzato da Hiroki Ryuichi, cineasta giapponese che ha esordito come aiuto regia di pinku eiga, ovvero i sofcore per adulti che sono fioriti intorno agli anni ’70 a causa di un crollo del sistema cinematografico degli studios giapponesi che non assumevano registi e operatori emergenti, Tokyo Love Hotel, intitolato nella versione originale Sayonara kabukichô ( Tr. Addio Kabukichō) venne presentato al Toronto International Film Festival e in seguito in Italia, esattamente a Udine al Far East Film Festival, rassegna cinematografica dedicata al cinema asiatico. Alla sceneggiatura ritroviamo Haruhiko Arai che aveva già collaborato con Ryuichi nei film a tema erotico Vibrator (2003) e It’s Only Talk (2005).

Ambientato tra le vie di Kabukichō, quartiere a luci rosse di  Shinjuku a Tokyo, il film si presenta come un racconto a tema corale mostrando ventiquattro ore di vita di un gruppo di personaggi che si incontrano, evolvono e transitano all’interno dell’Hotels Atlas, espediente narrativo per andare a mostrare una storia non solo di sesso ma di ampio e profondo respiro tematico e intimistico trattando prima di tutto di gente emarginata dalla società e dei loro sogni, frustrazioni e speranze. La storia prende in analisi un gruppo d’individuo che più volte, nell’arco della giornata, si incontrano e si scontrano e proprio da questi contatti tra sconosciuti e volti familiari si instaura un legame che porta ogni personaggio a una evoluzione netta e importante, perchè va detto alla fine del film le storie di tutti i personaggi saranno completamente stravolte.

La sceneggiatura si concentra maggiormente su alcuni personaggi per svolgere in maniera piuttosto lineare, attraverso un montaggio lento che pone in evidenza l’orario della giornata, come il giovane Toru, la ragazza ad ore Heya, ben interpretata da Lee Eun-woo, oppure la donna delle pulizie Satomi che risultano caratteri altamente ben scritti e tridimensionali, in loro sono riscontrabili tutte le loro paure, i loro sogni e le loro abitudini e, grazie a un attento lavoro di costume e di regia, possiamo comprendere molto di questi individui già della loro posture come quella di Toru, alquanto ingobbito e che emano un senso di grande insoddisfazione. La stessa sceneggiatura, grazie anche a una musica dolce e delicate, possiede in alcuni momenti degli istanti di commedia autoriale tendente al grottesco come la scena in cui Heya e con un suo cliente alquanto stravagante. L’intendo di Hiroki Ryuichi è quello di andare a mostrare quel mondo ritenuto squallido e malsano, come asserisce Toru, con un punto di vista oggettivo andando a mostrare sia il lato più pericoloso che quello più poetico di tale mestiere, fatto non solo di sesso a pagamento ma anche di gentilezze e di contatti umani.

Tokyo Love Hotel si apre con la cantate giapponese Atsuko Maeda che canta, in camera, al suo fidanzato Toru una canzone dal sapore romantico immettendo subito lo spettatore dentro una storia dalle tinte altamente sentimentali, benché va asserito che tale venatura nell’arco del film si va a perdere nonostante ciò l’amore è sempre presente in tutte le sotire seppur con sfaccettature diverse. La prima parte del film è segnata da un montaggio ben realizzato che va a mostrare con grande dolcezza la vita di tre famiglie, le protagoniste del film, in istanti di vita di coppia tra chi vuole fare sesso e chi invece deve andare a lavorare. Tali siparietti mostrano subito chi saranno i personaggi più importanti all’interno della narrazione anche se all’interno del lungometraggio vengono inseriti, dopo più di un ora, altri individui che andranno a creare altri fili importanti sotto l’aspetto di sceneggiatura e sarebbe stato più interessante mostrare tutti i personaggi fin dall’inizio della pellicola. La stessa regia appare interessante realizzando pochi stacchi il tutto ripreso con la macchina a mano, molto immobile, ma nonostante ciò sono riscontrabili alcune pecche stilistiche e scelte d’inquadrature non del tutto ultime ai fini narrativi partendo proprio dalla prima inquadratura concentrandosi troppo su un personaggio importante all’interno del film solo all’inizio e alla fine.

Note positive

  • Attori
  • Costruzione dei personaggi

Note negative

  • Non tutte le storie vengono presentate fin dall’inizio
  • Alcune scelte stilistiche

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