Tom à la ferme (2013): quando il cinema mostra l’anima

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Tom à la ferme locandina

Tom à la ferme

Titolo originale: Tom à la ferme

Anno: 2013

Paese di produzione: Canada, Francia

Genere: drammatico, thriller

Produttore: Xavier Dolan, Nathanaël Karmitz, Charles Gillibert

Distribuzione: Movies Inspired

Regia: Xavier Dolan

Soggetto: dall’omonima opera teatrale di Michel Marc Bouchard

Sceneggiatura: Xavier Dolan, Michel Marc Bouchard

Fotografia: André Turpin

Montaggio: Xavier Dolan

Musiche: Gabriel Yared

Scenografia: Xavier Dolan

Attori: Xavier Dolan, Pierre-Yves Cardinal, Lise Roy, Évelyne Brochu, Manuel Tadros, Jacques Lavallée, Anne Caron, Caleb Landry Jones

Trailer italiano ufficiale

Presentato alla 70ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e vincitore del premio FIPRESCI, Tom à la ferme è il quarto lungometraggio con la regia di Xavier Dolan. Il film è un adattamento dell’omonima opera teatrale del drammaturgo canadese Michel Marc Bouchard. Tom à la ferme è un film dai mille volti, non facilmente classificabile sotto il nome di un genere ben definito: è forse un melodramma psicologico, un viaggio attraverso l’accettazione di un lutto o il racconto di un’inconscia autodistruzione.

“Et les feuilles de l’automne rencontrent des ciels moins bleus
Et ton absence leur donne la couleur de tes cheveux”

Dalla canzone Les moulins de mon coeur di Michel Legrand

Trama di Tom à la ferme

Tom (Xavier Dolan) è un giovane pubblicitario che perde improvvisamente, in circostanze non ben esplicitate, Guillaume, l’amore della sua vita. Tom è talmente devastato dal dolore e dalla paura della sofferenza che vuole solamente andare avanti e tentare di voltare pagina. Prima però si reca al funerale del ragazzo, che si svolge nella cittadina natale di Guillaume, in campagna. Lì il giovane conosce e viene ospitato in casa della famiglia di Guillaume, composta dalla madre Agathe (Lise Roy) e dal fratello Francis (Pierre-Yves Cardinal). Il ragazzo scopre presto però che Agathe non è a conoscenza dell’omosessualità del figlio, e che Francis, un uomo fortemente omofobo, ha costruito una realtà parallela con cui illude la madre affinché non venga mai a sapere la verità. Tom dunque viene costretto a interpretare la parte dell’amico e a dare man forte alle storie di Francis su Sarah (Évelyne Brochu), una fantomatica fidanzata di Guillaume, in realtà collega del giovane pubblicitario. In tutto ciò Tom è vittima di soventi abusi psicologici e di violenza fisica da parte del fratello del suo amato, per il quale però lui comincia a sviluppare una morbosa sindrome di Stoccolma. Francis dal canto suo, non è ben visto tra la gente del paese. Solo quando Sarah li raggiungerà alla fattoria ed egli avrà modo di scoprire il segreto di Francis, Tom troverà il coraggio di andarsene.

Recensione ( con spoiler) di Tom à la ferme

“Oggi è come se una parte di me fosse morta, e io non posso piangere perché ho dimenticato i sinonimi della parola ‘tristezza’. Adesso quello che mi resta da fare senza di te è sostituirti.”

Con questa frase, scritta con dell’inchiostro blu su un pezzo di carta assorbente, si apre Tom à la ferme. Il blu, colore simbolicamente legato alla tristezza, viene inghiottito dal bianco della carta, quasi come se l’impossibilità della tristezza si materializzasse. Ed è proprio nella parola “sostituirti” che risiede la chiave di tutto il film.

Dopo uno stacco brusco, un campo lungo dall’alto segue il viaggio in auto di Tom verso la campagna, accompagnato dalla versione a cappella della canzone Le moulins de mon coeur (qui cantata da Kathleen Fortin), il cui testo descrive alla perfezione ciò che si prova dopo un abbandono. Un po’ come il personaggio di Rick in Casablanca di Michael Curtiz o di François in Alba tragica di Marcel Carné, il volto di Tom non viene rivelato subito alla cinepresa: verrà prima mostrata una mano sul volante, poi il suo profilo e solo alla fine il viso completo del giovane. La stessa tecnica sarà poi utilizzata per l’entrata in scena di Francis, quasi a simboleggiare un’invisibile correlazione tra queste due figure. Il “non rivelare” è inoltre uno dei concetti chiave del film.

Una volta arrivato alla fattoria, Tom non trova nessuno ad accoglierlo. Dolan qui riesce subito a far percepire allo spettatore l’agitazione e il senso di solitudine del protagonista, seguendolo con la macchina a mano in ogni suo movimento e rendendo tutti gli stacchi molto evidenti, con quelli che potrebbero sembrare degli errori di montaggio. Tutta la confusione che viene mostrata fuori è in completa antitesi con le riprese che avvengono dentro la casa. Lì il senso di oppressione viene reso in un altro modo, con i soffitti che nell’inquadratura quasi schiacciano i personaggi, un po’ come in Quarto potere di Welles.

Il primo incontro con Agathe viene ripreso da lontano, con un long take che mostra il senso reale del tempo della scena e amplifica il senso di smarrimento della situazione. In questa occasione Tom scopre che la madre di Guillaume non ha idea di chi lui sia: si tratta solo della prima goccia di un dolore che accompagnerà il ragazzo per tutto il film e in maniera sempre maggiore. La sua sofferenza per la perdita è pari a quella di Agathe, ma è come se avesse meno valore agli occhi degli altri. La madre di Guillaume dice poi, riferendosi a Sarah (che lei crede essere la compagna del figlio), che “l’unica che doveva venire non c’è”: Tom vive l’incubo di essere lì e al contempo non esserci. La sua frase “è come se una parte di me fosse morta” prende forma. Al funerale il giovane deve fare un discorso ma è assalito dal panico e non riesce. Prende dunque la mano di Agathe, in un modo tanto naturale quanto sofferto: in quel gesto sono racchiuse tutte le parole non dette.

Ma nel frattempo Tom deve avere a che fare anche con il fratello di Guillaume, Francis, un uomo che è spesso colto da raptus di violenza e che è l’unico a conoscenza dell’omosessualità del fratello. Francis ha un legame protettivo molto strano nei confronti della madre, è quasi maniacale. Se prima vuole che Tom esca dalle loro vite il più in fretta possibile, dopo il funerale, quando vede che Agathe è rimasta male per il mancato discorso, obbliga il giovane a restare ancora con loro per rimediare ai suoi errori. La scena in cui egli comunica a Tom questa sua decisione è quasi claustrofobica. I volti dei due uomini sono inquadrati uno dal basso e uno dall’alto e tutta la scena è ripresa con dei primi piani, a rendere ancora più evidente l’abuso e il senso di oppressione. Molti teorici del cinema hanno più volte espresso l’idea che nel primo piano risieda l’essenza del cinema: Xavier Dolan questo l’ha compreso appieno. Nei primi piani di Tom à la ferme, un film che gioca sul “non detto”, ogni movimento di un muscolo, ogni alzata di sopracciglia è fondamentale alla costruzione del racconto.

Dopo questo faccia a faccia con Francis, Tom ha l’impulso di scappare. In una scena in auto che ricorda (per la costruzione del montaggio) la scena in auto tra Michel Poiccard e Patrizia in Fino all’ultimo respiro di Godard, il ragazzo sembra sul punto di andarsene, ma l’aver dimenticato le valigie (che corrispondono a una parte di sé) in quella casa lo fa tornare indietro. Da qui il rapporto tra i tre diventa sempre più morboso. Dopo il suo ritorno Tom dice ad Agathe (la quale è vestita con gli stessi colori che sono presenti nella sua casa, come a simboleggiare il suo legame viscerale con quella famiglia disgregata) di aver parlato con Sarah, e usa la ragazza come espediente per rivelare quello che lui prova davvero. Dopo ciò la donna dice a Francis di dargli i vestiti del fratello: ecco che entra in gioco la parola “sostituirsi”. I tre infatti saranno ciascuno per l’altro dei sostituti di Guillaume. Anche il fatto che Guillaume non venga mai mostrato facilita questo meccanismo di scambio.

Ma il rapporto più interessante da analizzare è quello tra Francis e Tom. Quando Tom dice all’uomo che intende rivelare la verità ad Agathe e poi andarsene, perché non capisce come faccia a mentire a sua madre se le vuole bene, egli viene aggredito fisicamente da quest’ultimo. Durante questa scena il formato diventa il cinemascope, respira con i personaggi, schiacciandoli nel momento in cui l’azione è più concitata e liberandoli quando si calmano le acque (tecnica che verrà ripetuta anche quando, poco dopo, ci sarà una scena di strangolamento e nel finale).

Presso lo studio della dottoressa, Tom potrebbe denunciare chi è stato a fargli del male, ma invece tace. Il giovane inizia a sviluppare un morboso senso di dipendenza e sottomissione per Francis: non importa quanto l’uomo lo disprezzi, lo derida e lo picchi, Tom è ormai in preda a una sindrome di Stoccolma da cui non sembra voler trovare via di uscita. Il ragazzo sostituisce Guillaume con Francis, perché egli ha “il suo stesso profumo e la sua stessa voce”. Disprezza se stesso e crede di meritare ciò che sta vivendo, trova continue giustificazioni e fa di tutto per compiacere Francis, perfino invitare alla fattoria Sarah e costringerla a interpretare la parte della fidanzata di Guillaume. La ragazza capisce subito che c’è qualcosa che non va e cerca di convincere Tom ad andarsene con lei, dicendogli che anche Guillaume non era stato sincero con lui e l’aveva tradito più volte. Ma solo l’incontro fortuito con un barista gli farà aprire gli occhi. Tom infatti viene a conoscenza del segreto di Francis, di come l’uomo anni prima avesse sfregiato quello che era stato forse il primo ragazzo di Guillaume e come avesse cacciato di casa il fratello, motivo per cui ora è un reietto della società.

Con questa parte di storia si può più facilmente tentare di analizzare Francis. Egli è una persona, come si è già ribadito, violenta e omofoba, è un emarginato che non può andarsene e ricominciare una nuova vita da zero perché deve badare a sua madre. Proprio durante una delle scene più d’impatto del film, quella del tango tra lui e Tom, egli rivela al ragazzo che a volte spera di tornare a casa e trovare sua madre morta, in modo da non doverla mandare in un ospizio e far finire in fretta le sue pene. Ma Francis è anche un uomo dalla sessualità repressa: si intuisce che da quando è un reietto non ha più potuto avere relazioni con le donne del paese e infatti quando vedrà Sarah egli esprimerà tutta la sua sessualità in un modo brutale, senza freni inibitori.

Ma è possibile anche che egli celi e reprima una sua omosessualità. Francis infatti, nonostante tutto, ha uno strano rapporto di protezione nei confronti di Tom, al quale medica le ferite che gli ha inflitto lui stesso e che tratta a volte come se fosse un sostituto del fratello e altre volte come se provasse per lui un’attrazione fisica, mascherata e nascosta con la sua veemente ed esagerata ferocia. Tom è per lui la prima vera occasione di colmare una solitudine.

Tutto ciò raggiunge i massimi livelli nel finale. Tom si sveglia: i letti di lui e Francis ora sono uniti, lui si ritrova dall’altro lato del letto, proprio a simboleggiare ormai il legame che inevitabilmente si è creato tra i due. Agathe – che nel frattempo la sera prima aveva ricollegato i pezzi del puzzle, chiedendosi come mai Sarah non fosse triste e Tom non fosse riuscito a parlare in chiesa – non è più in casa. Ai piedi del letto la donna ha lasciato i diari di Guillaume. Solo ora Tom capisce che deve partire, che il gioco dei sostituti deve finire, che lui deve tornare a essere Tom, deve tornare letteralmente a indossare i suoi panni. Non importa quanto Francis lo insegua disperato e gli dica che a lui non avrebbe mai fatto una cosa simile a quella dell’altro ragazzo e quanto lui abbia bisogno di Tom. Francis è disposto a cambiare, ma il ragazzo non ce la fa più. Il film si chiude come era iniziato: un viaggio in auto, la mano di Tom sul volante. Certo, ora Tom non è più la persona che si vede a inizio film; perfino la macchina non è più la sua perché Francis gliela aveva venduta per non farlo partire. Ma il finale è in realtà aperto, alcuni misteri restano in sospeso. Come è morto Guillaume? Che fine ha fatto Agathe? Il semaforo scatta il verde e Tom non parte.

In conclusione Tom à la ferme è uno dei lavori meglio riusciti di Xavier Dolan, il quale, oltre a essere un ottimo regista, perfettamente consapevole dell’uso del mezzo cinematografico, si riconferma anche un grande attore, capace di parlare anche stando in silenzio. La struttura della sceneggiatura è ben bilanciata. Le musiche poi, scritte da Gabriel Yared, hanno una funzione narrativa molto coerente, riescono a dare voce all’anima dei personaggi, mentre quelle non composte appositamente per il film si coniugano comunque bene con la storia, per quanto possano essere particolari.

Se il cinema è soprattutto arte del visivo, allora Tom à la ferme è davvero un film da guardare nel significato più ampio del termine.

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