Zen Sul Ghiaccio sottile (2018): L’opera prima di Margherita Ferri

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locandina Zen sul ghiaccio sottile

Zen sul ghiaccio sottile

Anno: 2018

Paese: Italia

Lingua: Italiano

Genere: drammatico

Casa di Produzione: Articolture

Durata: 1h 27m

Regia  Margherita Ferri

Sceneggiatura  Margherita Ferri

Montaggio  Mauro Rossi

Dop  Marco Ferri

Attori: Susanna Acchiardi, Eleonora Cont, Edoardo Lomazz,i Fabrizia Sacchi

Trama di Zen Sul Ghiaccio sottile

Maia è una ragazza di sedici anni, solitaria e irrequieta, soprannominata Zen. Lei è l’unica ragazza del paese che gioca nella squadra locale di Hockey e i suoi compagni di squadra non perdono occasione di bullizzarla per il suo essere maschiaccio. La vita di Maia cambierà quando incontrerà Vanessa.

Recensione di Zen Sul Ghiaccio sottile

“È un film sulla vita dei ragazzi e su come gli adolescenti interagiscono, oppure su come si rifiutano di farlo”

Zen Sul Ghiaccio sottile

Questa è la frase che Gus Van Sant utilizzò per descrivere il suo Paranoid ParK del 2007. Trovo che questa definizione rappresenti bene anche il film d’esordio di Margherita Ferri, dal titolo Zen sul ghiaccio sottile (2018), che condivide diversi aspetti con la pellicola statunitense: come la scelta degli autori di affidarsi ad attori giovani e non professionisti; entrambi i protagonisti sono sedicenni alle prese con conflitti emotivi tipici della loro età e l’elemento sportivo fa da collante in entrambi i film.

Ma se nel caso di Paranoid Park il regista cerca di raccontare il vuoto esistenziale che si prova in adolescenza, colmabile solo da piccoli atti di ribellione che possono evolversi in tragedie, in Zen il focus è incentrato sulla costruzione della propria identità attraverso domande a cui solo noi possiamo rispondere.

Margherita Ferri racconta un’età di confusione fatta di scoperte, di senso di onnipotenza, ma anche di estreme insicurezze. Il corpo cambia, la personalità si definisce ogni giorno di più e la società stessa in cui viviamo ci chiede di definirci. Chi siamo? Cosa siamo?

Nel caso di Zen Sul Ghiaccio Sottile la società è rappresentata da un paesino del modenese, Fanano, che conta meno di 3000 abitanti. Una piccola società che sembra essersi congelata nel tempo circa trentanni fa (un po’ come l’Italia su certe tematiche), ma dove tutti hanno uno smartphone che sfoderano per immortalare l’umiliazione altrui.

La protagonista del film, Maia Zenasi, oltre ad andare a scuola, aiuta la madre al rifugio, un luogo immerso nel verde e lontano dal centro del paese.

Questo contrasto tra il centro urbano e la natura sembra voler sottolineare come la lontananza dal branco e dalle regole sociali ci permetta di riflettere su noi stessi, di conoscerci meglio, ed è questo che Maia sembra fare sin dalle prime immagini del film, in cui la vediamo sdraiata tra gli alberi mentre fuma una sigaretta, facendo il dito medio al sole, gesto che sottolinea la sua distanza con il resto del “mondo”.

Inoltre la protagonista è una giovane promessa dell’hockey su ghiaccio, uno sport di squadra che prevede un violento scontro fisico, come violenti sono i rapporti tra gli adolescenti nel film.

Successivamente ci viene presentata una seconda ragazza, Vanessa, impegnata in una discussione con la sua migliore amica su dove fare l’amore per la prima volta con il proprio ragazzo. Una ritualità che, in questa scena, viene mostrata quasi come un dovere più che un piacere. Tanto che, a rapporto avvenuto, la ragazza inizierà ad avere dei dubbi sul proprio orientamento sessuale. Questo la spingerà ad allontanarsi da tutto, amici, scuola e famiglia, cercando riparo nei medesimi luoghi frequentati da Maia, la quale aiuterà la coetanea a nascondersi nel rifugio della madre.

Qui le due giovani donne instaureranno un rapporto di profonda amicizia e insieme cercheranno di definire loro stesse: “Sono normale?” chiede Vanessa, la ragazza perfettamente integrata nelle regole sociali, a Maia, l’outsider definita dai compagni di scuola come “Mezza donna” o “Lesbica di merda”. Ma queste sono etichette che gli altri cuciono addosso alle protagoniste. Maia non si sente omosessuale, ma un maschio: “Quando mi guardo allo specchio quello che vedo è solo Zen”. 

Vanessa invece, dopo la brutta esperienza col fidanzato, riconsidera il proprio concetto di normalità, sospettando di essere lesbica. Questo la spinge a cercare una conferma baciando la sua nuova amica. Ma dopo un velato rifiuto, Vanessa deciderà vigliaccamente di ritornare al paese, sacrificando l’amica al pensiero comune, raccontando che Maia l’aveva, in buona sostanza, rapita.

“Zen sul ghiaccio sottile parla proprio del fragile confine tra il voler appartenere a un gruppo e l’essere se stessi senza condizionamenti” (Margherita Ferri)

Vanessa quindi sceglie il branco, mentre Maia, sempre più isolata, sceglie di ripartire da se stessa e, nella bellissima scena finale, abbraccia la sua vera identità: Zen.

Le lastre di ghiaccio in equilibrio precario che ogni tanto interrompono la narrazione rappresentano il turbamento emotivo dell’adolescenza. Una figura retorica forse troppo didascalica, ma che non disturba, anzi accompagna la protagonista nel suo percorso mostrandocelo come lento e inesorabile.

“Ho voluto esplorare la relazione tra la produzione del paesaggio e l’identità di chi vive quei
territori, lavorando sull’idea di paesaggio emotivo: uno strumento per stimolare lo spettatore
visivamente e accompagnarlo nella dimensione più profonda dei personaggi” (Margherita Ferri)

Note positive:

  • In generale gli attori funzionano tutti, ma Eleonora Conti (Zen) è una spanna sopra al resto del cast.
  • L’esordiente Margherita Ferri fa un buon lavoro. componendo delle belle inquadrature con i pochi elementi disponibili; grazie anche alla bella fotografia di Marco Ferri.

Note negative:

  • Qualche caduta didascalica di troppo, come il giubbotto della protagonista con la scritta “Boys don’t cry”
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