Alla mia piccola Sama – Quando il cinema si fa testimone della guerra

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alla mia piccola sama: scheda film

Titolo originale: For Sama

Anno: 2019

Genere: documentario

Paese di produzione: Regno Unito, Siria

Lingua: arabo

CAST TECNICO

Regia: Waad Al-Kateab, Edward Watts

Fotografia: Waad Al-Kateab

Montaggio: Chloe Lambourne, Simon McMahon

Musiche: Nainita Desai

Produzione: Channel 4 News, Channel 4, Frontline, ITN Productions, PBS Distribution, WGBH

Distribuzione in Italia: Wanted Cinema

Durata: 100 min.

CAST ARTISTICO

Waad Al-Kateab, Hamza Al-Kateab, Sama Al-Kateab.

Recensione Film

Alla mia piccola Sama: recensione film

Alla mia piccola Sama è un documentario diretto e girato da Waad Al-Kateab e Edward Watts che racconta la vita della regista durante le proteste e la guerra ad Aleppo contro il regime di Assad. Il film ha vinto molti premi cinematografici e ha ricevuto quattro nomination ai BAFTA Film Awards come Miglior Film, Miglior Film Straniero, Miglior Doc ( risultando vincitore) e Miglior esordio alla regia e una nomination agli Oscar come Miglior Documentario. Inoltre ha vinto nella sua categoria gli  European Film Awards 2019.

TRAMA

Waad Al-Kateab è una giovane studentessa di marketing all’università di Aleppo, quando nel 2012 iniziano le proteste contro la dittatura di Assad. Waad prenderà parte alle proteste fin da subito, senza mai tirarsi indietro, nemmeno di fronte alla guerra, forse sostenuta dall’amore per Hamza, un giovane medico insieme al quale, con un gruppo di amici, si occuperanno dei feriti e continueranno a protestare. La violenza cresce oltre ogni misura nel 2015 quando i Russi intervengono a sostegno del regime. L’ospedale di Hamza viene distrutto con ogni tipo di arma, ma loro resistono grazie alla gioia di essere diventati genitori. Waad e Hamza saranno costretti all’esilio e a lasciare per sempre Aleppo.

ANALISI FILMICA

Per quanto il documentario resti un genere di nicchia nel mondo del cinema, è l’unico che racconta la realtà così com’è, in modo oggettivo senza travisarla. Oggi purtroppo siamo abituati a dare per veri i film basati su fatti accaduti realmente, i quali non sono altro che ricostruzioni puramente soggettive. Del resto, se questo meccanismo si è consolidato è perché ci manca il coraggio di guardare la realtà perché sappiamo quanto sia dolorosa e scioccante. Siamo convinti che dopo aver visto innumerevoli film di guerra, sappiamo cosa si provi, cosa si dovrebbe fare, insomma, pensiamo di avere tutte le risposte. La verità è che non ne sappiamo nulla. Non sappiamo quale sia il vero rumore di una mitragliatrice, di un’esplosione o dei missili. Non abbiamo idea di cosa sia la guerra eppure abbiamo la pretesa di saperlo. Questo documentario confuta tutte le nostre tesi.

Innanzitutto, Waad incarna il vero coraggio, che non è quello della spericolatezza o dell’incoscienza, ma quello che ci dice quanto uno è disposto a perdere perché sa cosa ha tra le mani, sa quanto vale quello per cui deve combattere. Waad e Hamza mettono in pericolo la propria vita per dare a Sama un futuro e la libertà, che sanno di poter raggiungere solo percorrendo la strada più pericolosa e insidiosa. Da qui trova risposta la domanda più spontanea e ingenua che solo una persona come noi può fare: perché restare? Perché è l’unico modo per combattere il regime e cercare di vivere la vita in modo “normale”, come ci testimonia la famiglia amica di Waad e Hamza che protesta con loro, significa resistere al regime. Ce lo dicono anche i bambini, che nel frattempo vanno a scuola e giocano, ma perfettamente coscienti di quello che sta succedendo perché non possono fermarsi, non possono permetterselo. Chi è rimasto ad Aleppo l’ha fatto per difendere tutto ciò che ha, quello che è suo e che gli spetta perché alla fine non è il luogo che conta, ma le sue persone.

In mezzo alla violenza però, ci saranno sempre amore e speranza: del primo sono testimoni i due protagonisti di Alla mia piccola Sama che, non curanti della pioggia di bombe che colpisce la città, si sposano, perché solo insieme potranno sopportare il peso della vita; della seconda invece, ci danno conferma i bambini, perché loro sono il futuro di Aleppo, gli unici che, una volta finita la guerra, potranno ricostruirla. Più i bambini sono piccoli più cresce la speranza: Sama ne è la prova con il suo nome, che significa “cielo”, quello che tutti loro vorrebbero vedere libero da bombe e aerei, ma solo con il sole e le nuvole. L’edificio che trabocca di speranza è l’ospedale, quasi un paradosso per le nostre orecchie. Ad Aleppo ci sono nove ospedali, i quali verranno bombardati dall’esercito russo, schieratosi dalla parte del regime. Una delle scene più strazianti, crude, ma piena di speranza, vede protagonista una donna incinta sottoposta ad un taglio cesareo urgente dopo essere rimasta coinvolta in un attacco. Lei  incosciente, il bambino non respira e solo dopo almeno dieci muniti di manovre per la rianimazione, lo sentiamo piangere: ci sentiamo sollevati, commossi, torniamo in vita.

Le guerre del passato dovrebbero insegnarci quanto siano disastrose, testimoniarci il mare di distruzione che lasciano al loro passaggio. Ma la più forte e importante “eredità” che ci danno è il dolore; chi non ha vissuto la guerra, non ha la minima idea di cosa sia, non sa che cosa si provi a dover salutare un parente o un amico che va in guerra e tantomeno lo sgomento di dover riconoscere un corpo o portarlo di peso in ospedale. Quindi, vogliamo davvero vivere tutto questo? È necessario? A noi sta la sentenza.

– “Cosa diresti ai tuoi amici che sono partiti?”

-“Che Dio li perdoni per avermi lasciato qui da solo.”

Cit. Alla mia piccola Sama

NOTE POSITIVE

  • Regia

NOTE NEGATIVE

  • Nessuna
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