Jojo Rabbit: La danza è libertà

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Jojo Rabbit locandina

Jojo Rabbit

Anno: 2019

Genere: commedia nera

Paese di produzione: Germania, USA

Produzione: Czech Anglo Productions, Piki Films, Defender Films, Fox Searchlight Pictures

Distribuzione in Italia: Warner Bros. Italia

Durata: 1 hr 48 min

Regista: Taika Waititi

SceneggiaturaTaika Waititi

Fotografia: Mihai Malaimare Jr.

Montaggio: Tom Eagles, Yana Gorskaya

Musica: Michael Giacchino

Attori: Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie, Taika Waititi, Scarlett JohanssonSam Rockwell, Archie Yates, Rebel Wilson, Alfie Allen, Stephen Merchant

Trailer italiano di Jojo Rabbit

Trama di Jojo Rabbit

Siamo catapultati nella giovanissima gioventù della Germania Nazista del 1945 con Johannes Betzler, soprannominato da tutti Jojo, un bambino di dieci anni fermamente patriottico e piuttosto indottrinato nella dittatura hitleriana, tanto da credere con estrema convinzione a tutto ciò che gli viene detto sugli ebrei pensando realmente che questi siano esseri mostruosi e diabolici, con due corna e capaci d’Ipnotizzare e leggere le menti altrui. 

Il bambino vive con la propria madre, che adora fermamente, mentre il padre, di cui sente la mancanza, è partito per difendere la nazione. Jojo aveva una sorella più grande perita all’età di quattordici anni.  In tutto ciò ha uno strano amico immaginario, nientemeno che Adolf Hitler, interpretato dal regista stesso 

Jojo, nonostante varie disavventure, mostra a tutti il suo appoggio e patriottismo alla causa nazista fino a quando scopre che la propria madre tiene rinchiusa in casa una ragazzina ebraica di nome Elsa Korr. Il giovane nazista vorrebbe denunciare l’ebrea ma comprende immediatamente di trovarsi in uno stallo, in cui l’unica situazione è tacere dato che se lui denuncerà la ragazza sua madre verrà ritenuta una nemica della Germania e dunque uccisa. 

I due nemici di schieramento dovranno trovare una difficile convivenza per sopravvivere alla guerra. 

Recensione di Jojo Rabbit

Le persone libere dovrebbero danzare

Jojo Rabbit

Taika Waititi dopo aver realizzato il colossal Marvel Thor: Ragnarok (2017) ed essere stato confermato come regista e sceneggiatore del quarto capitolo della saga sul supereroe intitolato Thor: Love and Thunder, programmata per il 2021 con l’attrice Natalie Portman, decide di dedicarsi a un progetto più intimistico e tenero con Jojo Rabbit, incentrandosi sulla storia di un bambino tedesco nell’epoca Hitleriana.  

Al pubblico italiano Jojo Rabbit richiamerà alla mente il lungometraggio di Roberto Benigni, vincitore nel 1999 del premio oscar come miglior film straniero, per due motivi: il tono fiabesco e il punto di vista, quello di un bambino che scruta con guardo infantile un mondo crudele senza rendersi realmente conto del reale dramma dell’epoca; nonostante ciò le due storie assumono uno stile narrativo piuttosto divergenti partendo proprio dalla fotografia più realistica ne La Vita è Bella, più fantasiosa nell’opera di Waititi 

Nominato a ben sei oscar, tra cui miglior film, sceneggiatura e miglior attrice non protagonista per Scarlett Johansson, la storia è basata sul romanzo di Christine LeunensCome semi d’autunno (Caging Skies) di cui il regista mantiene intatto il tono drammaturgico da commedia nera. 

Analisi di Jojo Rabbit

Non vinceranno mai. L’amore è la cosa più forte al mondo

 cit. Jojo Rabbit

Sembra di trovarsi all’interno di un’opera filmica di Wes Anderson, in Jojo Rabbit, partendo da una sbalorditiva cura in ogni singolo dettaglio sia nella scenografia che nei costumi, in cui le scarpe ai piedi dei personaggi, sopratutto quelle indossate da Scarlett Johansson, ottengono un incredibile rilievo andando a parlare del carattere del personaggio. La stessa tinta visiva, tra favola e realismo, richiama Moonrise Kingdom con una fotografia calda dalle tonalità sgargianti tendenti al marroncino/giallognolo rossastro che fanno da contrasto all’epoca e agli eventi mostruosi di cui il lungometraggio del 2019 va a trattare. Tale contrapposizione visiva non risulta fastidiosa ma si adatta bene alla sceneggiatura, l’arma in più del film, che attraverso degli incredibili dialoghi, molto realistici e toccanti, viaggia costantemente sui binari del black humor passando da toni prettamente fiabeschi a quelli da teen dramma senza tralasciare istanti di cruda violenza e terrore, resi ancor più brutali dall’apparente leggerezza con cui Jojo Rabbit, specialmente nella prima parte, va a trattare la tematica della guerra che è visibile solamente in una scena alla fine del lungometraggio. 

Lo stile visivo e dei colori richiama Wes Anderson ma la regia si allontana totalmente da quella del regista di Grand Budapest Hotel evitando la creazione d’inquadrature geometriche in cui la macchina da presa è molto presente all’interno della vicenda. Waititi invece fa esattamente l’opposto con una regia pulita e invisibile che segue e dà priorità alla storia, tanto che le scelte stilistiche d’inquadratura risultano piuttosto classiche e scolastiche ma riescono benissimo a rappresentare il contesto emozionale interno del protagonista. Una delle scene di miglior fattura regista è senza dubbio la presentazione dell’ebrea Elsa ( Thomasin McKenzie) presentata come un fantasma di un film horror andando a inquietare, attraverso uno stile narrativo classico dei film dell’orrore, lo spettatore che si sente impaurito esattamente come il giovanissimo Jojo, che vede davanti a sé il “mostro ebreo”. 

Gli attori, dalle due rivelazioni Roman Griffin Davis e Thomasin McKenzie i piccoli protagonisti dell’operapassando per le due grandi star del cinema contemporaneo Sam Rockwell Scarlett Johansson, donano al pubblico delle ottime interpretazioni tanto da causare risate e lacrime agli occhi dello spettatore. Dobbiamo ammetterlo questa opera sa raggiungere i nostri cuori che non rimarranno impassibili, grazie al sapiente uso di momenti di estrema leggerezza e quasi romanticismo mischiati a istanti di pura crudeltà visiva come la vista, così dal nulla, di uomini e donne impiccati in piazza.

Il protagonista di Jojo Rabbit

Il punto di vista è quello di Jojo, un bambino di dieci anni, che cresce all’interno dell’indottrinamento nazista e che scruta con incredibile curiosità e leggerezza il mondo a lui circostante ed è proprio questo climax di falsa leggerezza che colpisce lo spettatore come un pugno nello stomaco fin dall’incipit narrativo, in cui conosciamo JoJo attraverso inquadrature strette che mostrano dettagliatamente l’uniforme nazista che il giovane indossa con orgoglio e cura osservandosi allo specchio. Le sue prime frasi del film sono forti e inquietanti in cui mostra tutto il suo credo. 

Oggi entri nelle file della Jungvolk, per un’adestramento molto speciale. Sarà intenso, ma oggi diventerai uomo. Giuro di dedicare tutte le mie energie e forze, al salvatore del nostro paese, Adolf Hitler. Sono disposto a dare la mia vita per lui. Dio mi è testimone.  

cit. Jojo Rabbit

Appena finito il discorso entra nello spazio scenico il suo amico immaginario che altro non è che Adolf Hitler o meglio dire una versione  macchiettistica e umoristica del dittatore tedesco che viene sfruttato dal regista sia per farci comprendere le paure e i pensieri del protagonista, sia per ironizzare e criticare il pensiero fondante del nazismo e di quei temi ancor oggi di discussione come il razzismo. 

Questo intro con l’avvento in scena di Taika Waititi ammorbidisce notevolmente la pesantezza del tema e rende immediatamente simpatico Jojo portando lo spettatore a creare una forte empatia con lui. La sequenza successiva, dei titoli di testa, va a spiegare ancor di più il protagonista e il contesto storico attraverso un montaggio alternato con la musica  rock dei The Beatles “Komm, Gib Mir Deine Hand” che mette in scena Jojo che saluta tutti i passanti euforicamente, facendoci comprendere come quel credo per lui sia più un gioco che altro, contrapponendolo con Immagini d’archivio in cui assistiamo a platee festose intente nell’atto del saluto nazista idolatrando il loro dittatore. Queste immagini insieme a quelle di Jojo  accentuano il senso di follia collettiva presente in quel periodo storico. 

Immediatamente però il ragazzino si scontra con la crudele verità e il vero significato di essere un buon nazista. Per esserlo si deve combattere e sopratutto uccidere, lui non riuscirà ad ammazzare un piccolo coniglio indifeso e per tale evento verrà bullizzato da tutti che lo andranno a chiamare:  Jojo coniglio codardo, nomignolo che darà nome al film.  

Scarlett Johansson realizza un’interpretazione eccezionale della madre, mostrandoci la pazzia e follia del personaggio che cerca in tutti i modi di far rinascere in Jojo l’anima del bambino di un tempo che ora parla di politica e guerra. I momenti maggiormente clowneschi e fiabeschi vengono fuori da questo personaggio, se possiamo fare una critica è rintracciabile nella fin troppa somiglianza tra la ragazzina ebrea e la madre di Jojo nel carattere strettamente favolistico. Nel finale (che non svelerò) Elsa farà esattamente ciò che Roise faceva costantemente con il figlio. 

Questo momento è il primo segnale di distacco dal mondo nazista e del suo falso credo. In seguito rimarrà nuovamente deluso quando scopre che la madre aiuta gli ebrei e tiene in casa una ragazzina di diciassette anni che si rifugia in uno scantinato per paura di essere scoperta. Il rapporto tra i due sarà fondamentale per l’evoluzione del protagonista che inizierà a comprendere pian piano il vero significato della guerra e del nazismo andando sempre più ad allontanare da sé quel credo come vedremo nel finale, che purtroppo nella sua poeticità risulta assai prevedibile. 

Jojo Rabbit è prima di tutto un film sulla libertà, sulla ricerca di essere se stessi senza paura di essere giudicato per le proprie scelte ed è una storia sulla solitudine, sul terrore di rimanere solo e dimenticato da tutti privo di qualcuno che ti voglia realmente bene ed è un lungometraggio di formazione. Indubbiamente è un ottimo film con qualche piccola pecca e tanti pregi possedendo moltissime chiavi di lettura. 

Note positive

  • Tema
  • Costume
  • Sceneggiatura
  • Scenografia
  • Fotografia
  • Attori

Note negative

  • Finale banale
  • Nel film Jojo non sa legarsi le stringhe e alla fine impara, così dal nulla, a legarsele. Durante l’arco narrativo della storia esiste un momento in cui farglielo imparare creando una scena di enorme tristezza, ma il regista e sceneggiatore ha scelto diversamente, peccato! 
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