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And Just Like That… 3
Titolo originale: And Just Like That…
Anno: 2025
Paese: Stati Uniti d’America
Genere: Drammatico, Sentimentale
Casa di produzione: Michael Patrick King Productions, Pretty Matches Productions, Rialto Films
Distribuzione italiana: Sky Atlantic
Ideatore: Darren Star
Showrunner: Michael Patrick King
Stagione: 3
Puntate: 12
Regia: Michael Patrick King, Cynthia Nixon, Nisha Ganatra
Sceneggiatura: Michael Patrick King, Julie Rottenberg, Elisa Zuritsky, Susan Fales-Hill
Fotografia: Jon Keng
Montaggio: Michael Berenbaum, Sheri Bylander
Musica: Aaron Zigman
Attori: Sarah Jessica Parker, Cynthia Nixon, Kristin Davis, Mario Cantone, David Eigenberg, Evan Handler, Sara Ramírez, Sarita Choudhury, Nicole Ari Parker, Christopher Jackson, John Corbett, Sebastiano Pigazzi
Trailer di “And Just Like That… 3”
Informazioni sulla stagione e dove vederla in streaming
A una settimana dalla messa in onda dell’ultimo episodio su Sky, si chiude la terza stagione di And Just Like That…, sequel dell’iconico Sex and the City. Nonostante una stagione che spesso ricade in cliché superati e dinamiche narrative ormai stanche, l’episodio finale riesce a trasmettere un messaggio positivo, lasciando spazio a una riflessione più profonda.
La serie nasce dal desiderio dei fan di ritrovare le protagoniste storiche sullo schermo, a oltre dieci anni dall’uscita di Sex and the City 2. Tuttavia, l’assenza di Samantha Jones (Kim Cattrall) e del personaggio di Stanford Blatch, interpretato da Willie Garson — scomparso durante le riprese della prima stagione — ha segnato un cambiamento significativo nel cast e nella struttura stessa della serie.
La terza stagione, firmata da Michael Patrick King e disponibile in esclusiva su Sky e Max Original, è andata in onda su HBO dal 29 maggio al 14 agosto 2025. I dodici episodi seguono le vite di Carrie, Miranda, Charlotte, Seema e Lisa, ormai cinquantenni, alle prese con lavoro, famiglia e nuove esperienze sentimentali, sempre unite da un’amicizia profonda. Sullo sfondo, una New York solare e pulsante, che resta protagonista silenziosa delle loro storie.
La serie, ideata da Michael Patrick King — anche produttore esecutivo insieme a John Melfi, Sarah Jessica Parker, Kristin Davis, Cynthia Nixon, Julie Rottenberg, Elisa Zuritsky e Susan Fales-Hill — prosegue il racconto iniziato con Sex and the City, creato da Darren Star e tratto dal libro di Candace Bushnell. In Italia, And Just Like That… ha debuttato sul canale satellitare Sky Serie dal 30 maggio al 15 agosto 2025.
Trama di “And Just Like That… 3”
All’interno di una New York ormai diversissima dal sogno e la follia di cui Sex and the City viveva, la scrittrice, ormai vedova del suo grande amore, Mr Big, Carrie Bradshaw (Sarah Jessica Parker) assieme alle solide compagne di una vita, Miranda Hobbes (Cynthia Nixon) e Charlotte York (Kristin Davis), e alle nuove amiche pronte a condividere le loro avventure sentimentali e familiari, Seema Patel e Lisa Todd, affronta una nuova fase della vita. Tra rinnovamenti, vecchie e nuove case alle quali ogni volta cerca di abituarsi, la buona vecchia Carrie ritrova l’amore passato con Aiden, divorziato e in difficoltà con uno dei propri figli, ma fa la conoscenza anche del suo nuovo vicino di casa Duncan, un apparentemente cinico e insensibile scrittore di biografie storiche. Così, episodio dopo episodio, Carrie non abbandona il suo classico e ormai unico stile di vita, leggermente eccessivo e ormai fuori dalle mode dei nostri tempi, che la aveva sempre contraddistinta, ma ritrova, forse, sul finale un pizzico in più di consapevolezza.
Recensione di “And Just Like That… 3”
Una serie fuori moda
Si sa, ormai le quattro favolose amiche di Manhattan, che hanno fatto la storia della televisione negli anni 2000′ sono anche diventate storia, un ricordo, e forse quello di Carrie Bradshaw non è più neanche un esempio per le nuove generazioni, che ormai osservano i suoi comportamenti e il suo stile di vita con un velo di critica. Eppure, in un tempo che gridava a “Sex and the city” di fermarsi e rimanere un placido e intoccabile ricordo, gli sceneggiatori Micheal Patrick King e Darren Star, hanno deciso che fosse il momento di un insperato comeback, di cui obiettivamente, da fan sfegatata della vecchia e originale serie newyorkese, non avevamo bisogno.
E così per ben tre stagioni abbiamo assistito alla caduta di quelle che erano state delle icone del panorama seriale al femminile del primo decennio degli anni 2000′. Arrivate nel 2020 private della loro compagna più audace, Samantha Jones, a raccontarci le loro “nuove” avventure, Carrie, Miranda e Charlotte non solo sono apparse sin dalla prima stagione, come giusto che fosse, invecchiate, bensì il loro problema principale all’interno dell’intera serie è sempre stato forse proprio quello di voler far rincorrere loro dei tempi che non le appartenessero, dei trend che non le esaltassero, ma che al contrario le facessero apparire ancora più vecchie e bizzarre di quanto la loro età dovesse farle sembrare e questa terza stagione non è da meno. Di questo è senza dubbio responsabile la sceneggiatura, colpevole di volerle incastonare nel nuovo politically correct newyorkese, nella fluidità di cui le nuove generazioni vivono, ma senza successo. Il risultato? Le tre protagoniste non sono più delle donne seducenti ed enigmatiche anche nella loro maturità, ma delle macchiette di loro stesse, “cringe” in quello che dicono e quello che fanno, nonostante l’immagine che vuole passare sia quella di donne cool e di successo (quanto di più sbagliato!).
Così ci troviamo di fronte a una Carrie che ricade irrimediabilmente nelle stesse dinamiche tossiche in cui cadeva a trent’anni, ma senza più alcun tipo di charme: se il rapporto con Mr Big aveva obnubilato, anche se erroneamente, un’intera generazione di donne, il rapporto a distanza e altamente disfunzionale che all’età di sessant’anni ha con il designer Aiden Shaw( John Corbett), suo vecchio amore, non meno tossico del famoso Mr Big, non la rende invidiabile, bensì penosa, ancora una volta vittima, per altro anche allegramente inconsapevole, di una tossicità sottesa di chi la desidera fisicamente, ma non davvero come donna per la vita.
Che dire poi di Miranda? Il personaggio esempio di femminismo e spirito critico, l’avvocato che aveva scelto il barista, in barba a tutte le convenzioni, la donna che diceva apertamente la sua, ma mostrava anche la sua fragilità senza vergogna, ora è forse la più grande delusione dell’intera serie. Ridotta più delle sue colleghe a ridicolizzarsi, Miranda non è più avvocato di successo, ma cosa? Non è dato saperlo. Con la scusa del motto “perdersi è un po’ ritrovarsi”, in realtà Miranda fa cose senza senso: si autoconvince di essere infelice solo perché suo marito Steve (il grande amore di un’intera serie), mostra a sua volta i segni del tempo che passa e così, come si direbbe in Boris “de botto, senza un senso”, dopo una sola e unica esperienza, diventa lesbica e improvvisamente qualsiasi donna, letteralmente qualsiasi, diventa meglio anche del più affascinante degli uomini. Ovviamente non è l’idea che la persona non possa cambiare orientamento ad essere sbagliata, anzi è una condizione molto frequente, tuttavia è il modo con cui Miranda abbraccia il suo nuovo orientamento a trasmettere un’idea di forzatura e in parte anche di disperazione: Miranda non si innamora più della persona, dei suoi tratti, della sua personalità, come era avvenuto ai tempi del suo rapporto con Steve, ma si innamora primariamente di un genere, si autoconvince che le donne che incontra, letteralmente tutte, indipendentemente dall’aspetto o dalla personalità, possano fare al caso suo e questo non dà giustizia a un cambio di orientamento, che avrebbe potuto essere, al contrario, ispirante per molte persone.
In ultimo Charlotte è forse l’unica delle tre amiche a mantenere uno sviluppo narrativo coerente a quello seguito nella serie. Leggermente conformista e perbenista, ma comunque buona e genuina interiormente, la Charlotte di oggi combacia perfettamente con quella di un tempo, solo in versione madre a tempo pieno. Così le cene ristrette di un tempo nella sua enorme casa di Park Avenue diventano delle riunioni familiari con i suoi due figli Lily e Rock, alle prese ognuno con le proprie naturali turbe adolescenziali. In questa terza stagione nelle vicende di questa ricca donna newyorkese, perfettamente inserita nel proprio contesto sociale, innamoratissima ancora dopo anni del suo Harry, forse l’unico esempio maschile positivo dell’intera serie, non vi è nulla di bizzarro, ma neanche nulla di originale e forse va bene così, forse è proprio questa la naturale piega di un personaggio che rappresentava già la New York piena di regole e priva di eccessi.
I nuovi personaggi femminili: la vera novità
Sin da subito è stato chiaro ai fan di “Sex and the city” che si sarebbero dovuti abituare a una nuova serie senza la mitica Samantha e, ahimè, la sua assenza si fa sentire. Come avrebbe reagito la sfacciata, ma anche coraggiosa Samantha Jones davanti a tanto cringe? Non potrei immaginarlo in effetti.
Nonostante ciò, i creatori della serie, hanno deciso di alleggerire la perdita con l’inserimento di nuovi personaggi femminili, tutti ovviamente scelti rispettando i nuovi criteri hollywoodiani di diversità (letteralmente a tutti i costi) e così vengono mantenuti in questa terza stagione gli sviluppi narrativi di due delle amiche delle protagoniste: Lisa Todd, regista e amica e complice di Charlotte, e Seema Patel, agente immobiliare amica di Carrie.
Per quanto anche loro a tratti risultino vittime di un contesto imbarazzante per il genere femminile intero, i loro personaggi sono tuttavia i più interessanti e forse le vere ventate di novità e freschezza dell’intera serie. Da un lato Lisa Todd, regista impegnata che si fa in quattro tra lavoro, famiglia ed eventi da organizzare per la campagna elettorale del marito, dimostra che una donna, nel pieno della maturità, può essere avvenente e affascinante anche senza dover per forza fare follie o scelte insensate. Lisa è un personaggio sfaccettato: apparentemente forte, ma anche fragile, vittima ancora di un razzismo latente, ma soprattutto di un patriarcato che subdolamente cerca di limitarne le aspirazioni, ma più di tutto coraggiosa per non lasciarsi abbattere da tutto ciò che le viene detto.
Dall’altro lato splende il personaggio di Seema Patel, il suo esatto opposto, uno spirito libero, un’agente immobiliare di successo, che ha imparato a vivere il meglio della solitudine, lontana dalle red flag. Seema è la Samantha che ci mancava: irriverente, sempre impeccabile, sensuale, una donna che non vede limiti nè convenzioni sociali, che non teme, proprio come Sam Jones, di innamorarsi di un uomo più giovane e molto diverso da lei, senza cadere mai nel ridicolo. Non è un caso infatti se bacchetta più che giustamente e più di una volta Carrie, ancora incastonata in preconcetti per niente al passo coi tempi.
Seema e Lisa forse, in barba a tutte le locandine che vedono le tre protagoniste al centro, dimostrano di essere la più naturale delle evoluzioni che le Sex and the city potessero assumere, anche senza essere mai state nell’iconica serie.
New York dove sei?
Tra i tanti meriti di “Sex and the city” c’era stato sicuramente quello di aver fatto innamorare chiunque si approcciasse alla serie di una New York vissuta e raccontata nel profondo. New York è sempre stata dentro la storia, protagonista, quinto personaggio del gruppo di amiche, mostrata nei suoi angoli più romantici, ma anche nei nuovi quartieri di tendenza. Oggi in “And just like that” New York vive la stessa crisi delle protagoniste: le scene si alternano tra le case, le solite strade dell’Upper East o Upper West side, i soliti locali elegantissimi e ricchissimi, ma già visti e anche lei sembra non avere più nulla da raccontare, forse anche la New York di oggi non ispira più le nuove generazioni, che hanno altri modelli anche come città, o forse non è raccontata nelle sue novità, nei suoi nuovi quartieri di tendenza: è statica, imbellettata, acritica.
Un lampo di speranza
Il personaggio di Carrie è sempre stato piuttosto ritratto in modo vago al livello professionale: se Samantha infatti era una brillante PR e Miranda un’avvocato di successo, così come Charlotte una gallerista di prestigio, il profilo professionale di Carrie, ben esplicitato con la sua famosa rubrica nelle prime stagioni, si è andato via via perdendosi. Nonostante nei successivi film racconti lei stessa di essere diventata scrittrice, sono ben pochi i momenti in cui veramente la vediamo scrivere o presentare il libro e con “And just like that” avviene lo stesso: presenta la versione audiolibro della sua ultima opera, fa podcast, scribacchia, ma fino a quest’ultima stagione, non la si percepisce mai veramente come una scrittrice di un certo livello. Che cosa cambia perciò in questa terza stagione e in modo particolare negli ultimi episodi? Carrie finalmente nel suo periodo più maturo e meno spensierato, si pone effettivamente come una romanziera che ha un’opera prima, non più articolo, non più saggio, nel cassetto e non importa se questo particolare aspetto della trama sia stato pensato per essere funzionale al suo rapporto di crescente intensità con lo scrittore inglese, nonché vicino di casa, Duncan, purché comunque sia un aspetto presente, che persista nella trama e così è stato. Così, nonostante gli innumerevoli problemi e buchi di trama che l’intero impianto che “And just like that” lascia allo spettatore, direi che è un’enorme soddisfazione per tutti i vecchi fan di Carrie Bradshaw vederle fare con fierezza ciò che ha sempre raccontato essere, esercitando il suo più grande talento, ed essere finalmente riconosciuta per quello che è: una scrittrice di successo. Tra i tanti uomini, per lo più tutti sbagliati, che Carrie incontra in più fasi della sua vita, Duncan, scrittore come lei, ma anche osservatore, spirito intellettualmente vivace, riconosce nel settimo episodio, a fronte di un crescente affiatamento del loro rapporto, anche professionale, per la prima volta ciò che nessun uomo aveva riconosciuto prima in lei: il suo intelletto e questo vale più delle mille storie d’amore vissute in un’intera serie.
Per quanto perciò un personaggio come quello di Carrie Bradshaw rappresenti in un mondo come quello attuale, un esempio per lo più negativo, il suo risvolto di donna intellettualmente brillante, sempre esistito ma finalmente reso noto anche al pubblico e non più tenuto marginale, è forse l’unico spiraglio di luce che quest’ultima stagione di And just like that è stata in grado di lasciarci ed è giusto che questa sia anche la sua conclusione.
In conclusione
Come già osservato in precedenza, forse un ennesimo richiamo a un’era vivace, ma ormai passata quale quella di “Sex and the city”, non solo non era necessario, ma neanche desiderabile. Una città ormai spenta e priva di stimoli, personaggi stanchi e intrappolati nella routine o peggio persi in macchiette che non li rappresentano, colpi di scena che non stupiscono e sceneggiatura così piena da infastidire, contraddistinguono un sequel che, sin dai primi episodi della prima stagione, appare forzato e senza destinazione e così si conferma fino alla fine, nonostante gli ultimi episodi lascino almeno alla protagonista la nuova consapevolezza di essere una donna non solo carina, non solo affascinante, non solo desiderabile, ma anche intelligente, di successo e dalla scrittura brillante.
Note positive
- /
Note negative
- New York non più protagonista, ma sfondo statico
- Sceneggiatura forzata e poco ispirata Eccessiva adesione ai trend del politically correct
- Personaggi storici resi “cringe” e poco credibili
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Fotografia |
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Sceneggiatura |
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Colonna sonora e sonoro |
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Interpretazione |
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SUMMARY
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2.5
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