Avatar: La Via Dell’Acqua (2022): James Cameron riemerge dagli abissi.

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Avatar: La Via dell’Acqua

Titolo originale: Avatar: The Way of Water

Anno: 2022

Nazione: Stati Uniti d’America

Genere: Fantasy

Casa di produzione: 20th Century StudiosLightstorm Entertainment

Distribuzione italiana: 20th Century Studios

Durata: 192 min

Regia: James Cameron

Sceneggiatura: James Cameron, Rick Jaffa, Amanda Silver

Fotografia: Russell Carpenter

Montaggio: David Brenner, James CameronJohn RefouaStephen E. Rivkin

Musiche: Simon Franglen

Attori: Sam Worthington, Zoe Saldana, Stephen Lang, Sigourney Weaver, Kate Winslet, Edie Falco, Jamie Flatters, Michelle Yeoh, Britain Dalton, Jack Champion, Bailey Bass,, Joel David Moore, Trinity Jo-Li Bliss, Jemaine Clement, Matt Gerald, Cliff Curtis, Giovanni Ribisi, Oona Chaplin, CCH Pounder, Keston John, Brendan Cowell, Chloe Coleman

Avatar: La Via dell’Acqua (2022) – Trailer Ufficiale italiano

Torna al centro del dibattito cinematografico il padre putativo del Blockbuster moderno, tanto legato quanto distante dall’industria audiovisiva e dal consenso, le sue sporadiche apparizioni ormai sanciscono inizio e fine di ere filmografiche. L’inversione di tendenza è fatalmente in atto e le esigenze editoriali ora incombono insistenti; sarà in grado, in autonomia produttiva, di fronteggiare le complessità di un marchio già Marvellianamente universo?  

Trama di Avatar: La Via dell’Acqua

A distanza di anni dal cruento scontro tra le forze Na’vi e le truppe terrestri, Jake Sully, ora rispettato capo dell’Omaticaya, cresce due coraggiosi figli maschi insieme alla compagna Naytiri; la piccola Tuktirey e una bimba adottiva dal nome Kiri, biologicamente figlia dell’Avatar di Grace, che completa la famiglia. Da circa un anno gli esseri umani hanno riavviato il progetto di colonizzazione, appropriandosi di migliaia di ettari di territorio grazie alla brutalità del nuovo corpo militare, composto da Avatar di seconda generazione. Gli ultimi ritrovati tecnologici sfruttano ricordi di Marines defunti per elaborare una coscienza, tra questi, anche quelli dell’ex in comando Miles Quaritch, trafitto da una freccia scagliata da Naytiri. Per onorare le volontà sanguinarie della sua matrice, l’Avatar del perfido militare giura vendetta a Jake, minacciando di annientare la sua gente. La famiglia Sully, per allontanare la minaccia ed evitare ripercussioni diffuse, abbandona casa propria; i clan della barriera corallina, situati sulla costa orientale, offriranno loro asilo.

Il Tulkun Payakan - Avatar: La Via dell'Acqua (2022)
Il Tulkun Payakan – Avatar: La Via dell’Acqua (2022)

Recensione di Avatar: La Via dell’Acqua

Squadra che vince, non si cambia! Nel secondo capitolo della saga sui Na’vi, James Cameron ripropone una struttura narrativa affine, essenziale ed efficacie, ma valorizza all’inverosimile ogni aspetto di quel primo, esemplare, esperimento. Scevro di inutili didascalismi, lo spettacolo riprende sfrontato e conscio della propria notorietà; i giganti azzurri, inesorabilmente contaminati da quello scontro lontano, ora si servono dei resti bellici dell’invasore e, consapevoli del male, vivono in allerta. I mercenari terrestri, portatori di civiltà, disprezzano i nativi dalla coda lunga, eppure ne sognano le fattezze tanto da replicarli. Attraverso un pretesto il racconto cambia in fretta scenario e dà la possibilità a Cameron di esprimere qualsiasi velleità artistica e di colpire ai sensi lo spettatore rivelando una Pandora inesplorata. Come mai prima d’ora la forma diviene sostanza, la descrizione scenografica vince sul racconto e ridiscute le gerarchie del linguaggio filmico tanto da rendere la visione unica nel suo genere. La perlustrazione selvaggia lascia privi di ossigeno pubblico e personaggi ed incredibilmente solo l’azione adrenalinica ridona il respiro. Un clan dalla pelle più chiara accoglie i protagonisti, ormai fuggiaschi di una terra martoriata da un conflitto; le piccole differenze anatomiche rapiscono lo sguardo e certificano il lavoro scrupoloso nonché l’affetto posto nel progetto.

Jake Sully e Tonawari, guida del clan Metkayina - Avatar: La Via dell'Acqua (2022)
Jake Sully e Tonawari, guida del clan Metkayina – Avatar: La Via dell’Acqua (2022)

L’ecosistema torna come eroe primario e i colpi a lui inferti feriscono nel profondo; come il tragico abbattimento di un albero, l’uccisione futile di un essere straordinario punta lo specchio nero sulla sala. Parte di un tutto, organi di un solo corpo, gli indigeni vivono l’assoluta simpatia di persone e spazio e traducono con semplicità un sentimento ineffabile quasi sconosciuto: io ti vedo.

Personificazione della natura indomita, i Na’vi, maestosi e seducenti, sprigionano una forza devastatrice se calpestati; nel confronto visivo con gli esseri umani quei corpi diventano strabilianti, una gioia per gli occhi. L’energia di Pandora è in prestito, va dunque restituita inalterata affinché altri possano beneficiarne allo stesso modo, un giorno; con maggior vigore d’un tempo i sottotesti raggiungono lo spettatore, limpidi come l’acqua inondano i figli della sostenibilità.

Avatar diventa una storia di Padri, padri che devono proteggere ma che poi verranno salvati dai figli; è la via dell’acqua, il Panta rhei, l’eterno divenire e il ciclo infinito delle cose. Cameron riesce ancora una volta a proporre un intrattenimento di qualità, mai fine a sé stesso, bilanciato e riguardoso del valore contenutistico dell’opera; sin da subito difatti il narratore omodiegetico medita sulla felicità, arrivando a collocarla con decisione alle spalle di ciò che è semplice.

Tonowari, la compagna Ronal e la loro tribù - Avatar: La Via dell'Acqua (2022)
Tonowari, la compagna Ronal e la loro tribù – Avatar: La Via dell’Acqua (2022)

Sul piano tecnico…

Il comparto visivo meriterebbe una propria analisi e ogni singolo movimento di macchina un approfondimento; è un’opera immensa, un inno al mondo, un moderno Cantico delle creature. Il cineasta canadese dirige in modo ricco e ricercato, privo di patina o autoreferenzialità, e stimola l’interesse per il dettaglio. La tattilità delle umide pelli bluastre, le increspature rugose sulle bestie, le striature delle ali, le nervature purpuree negli occhi titanici, la bioluminescenza nella notte, la prensile vegetazione subacquea; muniti di treccia filamentosa ci si appresta a unirsi a Pandora in un viaggio multisensoriale. Forte della fedeltà conquistata l’autore si lascia sfuggire anche qualche goccia rossastra, densa e calda come non mai su quei corpi longilinei. Tra macabre amputazioni e belve in ritmico avvicinamento, il nostro omaggia il mito della New Hollywood attraverso amabili guizzi da Monster Movie. L’impostazione videoludica delle pseudo soggettive genera non pochi sussulti, specie all’infrangersi delle cabine di pilotaggio in battaglia; letteralmente vitale a tal proposito l’esperienza in sala. Gli oltre 190 minuti di proiezione scorrono senza affanni grazie a una gestione ottimale del ritmo, al netto di una risoluzione vagamente frettolosa. Complice un montaggio pulito e mai frastornante, la visione risulta dinamica ma contestualmente ordinata.

Le debolezze

Le mire espansionistiche alla base della spedizione oltre mondo, intrise di avidità e soggettivismo, perdono di rilievo, favorendo, di contro, l’ergersi d’una meno graffiante trama di Revenge; in tal senso un rinnovamento completo sul fronte antagonista avrebbe rinforzato scrittura e interesse. La potenza ciclopica della geografia descrittiva talvolta costringe la dimensione intimista, l’intensa carica erotica, sprigionata dai granitici corpi pandoriani, resta spesso inespressa. La zona proibita della sessualità, il timore dell’esuberanza, l’imbarazzo dell’eccitazione e la curiosità di scoprire l’altro, rimangono bozze di una carnalità presumibilmente rimandata.  

Conclusioni

Un’altra volta Cameron definisce lo Standard e obbliga a sostenere la sua ingombrante presenza concretizzando una rivoluzione estetica; a riguardo, malgrado risenta non poco della collocazione nel macrocosmo e dell’incarico da apripista, la pellicola, forte delle sue mancanze, si colloca risoluta a Capo, a capo di un immaginario, di un’idea di cinema e di un contesto produttivo. La pubblica e superficiale distinzione onorifica di Capolavoro, nella sua limitatezza, non tarderà a fregiare il petto di questa mastodontica operazione, che ha su di sé parte del destino socioeconomico della Sala cinematografica.  

Note positive:

  • Comparto tecnico eccelso
  • Temi chiari e incisivi
  • Incomparabilità

Note Negative:

  • Villain Sottotono
  • Epilogo affrettato
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