Le streghe (2020): l’adattamento di Zemeckis sul libro di Roald Dahl

Le streghe locandina del film

Le Streghe

Titolo originale: The Witches

Anno: 2020

Paese: Stati Uniti d’AmericaMessico

Genere: FantasyCommediaHorror

Produzione: Warner Bros., ImageMovers, Esperanto Filmoj

Prodotto da: Alfonso Cuaròn, Robert Zemeckis, Steve StarkeyGuillermo Del Toro

Durata: 1 hr 46 min (106 min)

Regia: Robert Zemeckis

Sceneggiatura: Robert Zemeckis, Kenya Barris, Guillermo Del Toro

Montaggio: Ryan Chan, Jeremiah O’Driscoll

Fotografia: Don Burgess

Musiche: Alan Silvestri

Attori: Anne HathawayOctavia SpencerStanley Tucci, Chris Rock

Trailer de Le Streghe

Trama di Le streghe

Le streghe non sono donne, sono demoni in forma umana!

CIT. LE STREGHE

Nei tardi Anni Sessanta in Alabama, un ragazzino da poco rimasto orfano (Jahzir Kadeem Bruno) viene adottato dalla nonna (Octavia Spenser) che vive nella città di Demopolis. Recatisi in una ridente località balneare per far sì che il ragazzo elabori il suo lutto, i due finiranno nel bel mezzo di un’intrigo che coinvolge le più potenti e perfide streghe del mondo, capitanate dalla più terribile di loro (Anne Hathaway).

Anne Hathaway in Le streghe

Recensione di Le streghe

Non importa chi tu sia o quale sia il tuo aspetto, l’importante è avere qualcuno che ti ami!

CIT. NONNA (OCTAVIA SPENCER)

Da un romanzo di successo di Roald Dahl, già trasposto da Nicolas Roeg nel suo Chi ha paura delle streghe? (The Witches; 1990), arriva un ulteriore adattamento con la firma del geniaccio Robert Zemeckis (Chi ha incastrato Roger Rabbit?), prodotto dal Premio Oscar Alfonso Cuaron (I figli degli uomini) e su sceneggiatura di Guillermo Del Toro (che avrebbe dovuto dirigere il film nella tecnica dello stop motion). L’incontro creativo dei tre cineasti genera un gradevole fantasy per famiglie dal ritmo scattante, in bilico tra fiaba e horror (senza diventare mai davvero sgradevole per i più piccoli), ma che al contempo odora di compito con il pilota automatico, scorrevole ma mai davvero esaltante.

La regia movimentata di Zemeckis si fonde magistralmente al fluido montaggio e le performance (in particolare una perfida Anne Hathaway in inedita veste freak e la sempre ottima Octavia Spencer) sono ciò che davvero trasmette il calore della pagina di Dahl, ma lo stesso non si può dire del resto dello staff tecnico e artistico. Come ci si potrebbe aspettare da un film di questo tipo, gli effetti speciali sono praticamente onnipresenti e, purtroppo, di qualità altalenante (i trucchi prostetici impiegati per le fattezze delle streghe riescono a strappare un brivido di raccapriccio, gli inserti digitali invece sono poco più che mediocri). Di circostanza le musiche di Alan Silvestri, compositore feticcio di Zemeckis e autore di notevoli partiture, che in questo caso non trova la concentrazione necessaria a sfoderare motivi che sopravvivano alla visione.

Stanley Tucci e Octavia Spencer in Le streghe

Il tema della diversità e le sue implicazioni, da sempre ossessione degli autori e perno centrale del romanzo, non ottiene il giusto sviluppo in fase di sceneggiatura. Tutto scorre blando, piatto, senza guizzi né sorprese; solo il finale salva in extremis l’architettura narrativa con una vaga nota amara di sicuro impatto sia emotivo che pedagogico. Se il messaggio di “inclusione” fosse stato sviscerato con il tocco dark e incisivo a cui Del Toro e Zemeckis ci hanno abituati in alcuni dei loro lavori migliori, questa trasposizione avrebbe potuto rivaleggiare tranquillamente con la compattezza della versione di Roeg. Così si ha solo per le mani un’opera filmica innocua, buona per passare un pomeriggio invernale, confezionata ad arte da chi ne sa ma di certo non imprescindibile per i fan dei singoli filmmaker.

NOTE POSITIVE

  • Il ritmo incalzante.
  • La movimentata regia di Robert Zemeckis.
  • I trucchi prostetici delle streghe.
  • Le interpretazioni di Anne Hathaway e Octavia Spencer.

NOTE NEGATIVE

  • Malgrado l’attenzione per il messaggio inclusivo, la sceneggiatura di Del Toro è blanda e priva di guizzi.
  • La mediocrità degli effetti speciali digitali.
  • Le anonime musiche di Alan Silvestri.

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