Blow-Up (1966): Sessualità e irrealismo

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Blow-Up locandina film

Blow-Up

Titolo originale: Blow-Up

Anno: 1966

Paese: ItaliaRegno Unito, Stati Uniti d’America

Genere: thriller

Produzione Bridge Films

Durata: 111 min

Regia: Michelangelo Antonioni

Sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Edward Bond, Tonino Guerra

Fotografia: Carlo Di Palma

Montaggio: Frank Clarke

Musiche: Herbie Hancock

Attori: David HemmingsVanessa Redgrave, Sarah Miles, John Castle

Trauler di Blow-Up

Trama di Blow-Up

Il fotografo esce la mattina da un dormitorio pubblico dove ha effettuato delle fotografie perché lui sta costruendo un libro fotografico. Siamo nella Londra degli anni 60, una Londra dell’esplosione della cultura popular, la Londra dei Beatles, dove sembrava che tutto poteva accadere, una specie di punto del mondo, con una cultura giovanile, e questo fotografo esce, va nel suo studio, poi esce e va nel negozio dell’antiquario, e poi si trova all’interno di un prato, e in un parco. Qui trova due persone che stanno amoreggiando, una donna molto più giovane dell’uomo, e lui inizia a fotografarli. Quando la donna si accorge che qualcuno li sta fotografando, si rivolge a lui e gli chiede se gli vengono dati i negativi.

Spoiler sul finale della storia

Lui si rifiuta, si allontana con l’auto, incontra il suo editore, e compra un’elica nel negozio dell’antiquariato. Ritornando nel suo studio di prova, ritrova la donna che cerca di ottenere i negativi, lui con uno stratagemma le dà un rullino sbagliato, e va a sviluppare queste foto. Viene fuori che questa scena non è così tranquilla, idilliaca, o semplicemente descrittiva come poteva sembrare; si vedono degli sguardi impauriti, preoccupati. Gli ingrandimenti gli evidenziano che nella direzione dello sguardo della donna c’è un uomo che ha in mano una pistola. Poi nuovamente nell’ingrandimento delle foto, vediamo un cadavere; non sappiamo come ha fatto a scattare questa foto. Iniziano a esserci immagini figurative (astratte), macchie di bianco e di nero da dovere interpretare. Lui poi torna di notte su questo parco, e trova ancora il cadavere. Va poi dal suo editore, si addormenta, ritorna la mattina al parco, ma dell’uomo morto non c’è più nessuna traccia. Qualcuno in precedenza ha anche rubato le sue fotografie dal suo studio e i suoi negativi, ed è rimasto solo l’ultimo ingrandimento, e l’idea di questo quadro non figurativo si amplifica ancora di più essendo ora decontestualizzato dagli altri che non ci sono più. Alla fine scende nel giardino che c’è sotto al parco, e trova una squadra di mimi che sono quelli che irrompono nel film all’inizio dando una circolarità oraria e spazio – temporale alla storia, e qui troviamo la famosa scena della partita di tennis senza pallina in cui lui in un certo modo partecipa, restituendo questa pallina virtuale ai giocatori, fino che egli stesso sparisce con una dissolvenza all’interno del verde del parco.

Recensione di Blow-Up

Il film ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1967, ed è diventato una specie di documento/ monumento di quello che è il clima degli anni 60 di Londra

Blow up ( Letteralmente Ingrandire) è un cult movie del regista Antonioni, che ha avuto un importanza notevole nella costruzione del cinema degli anni successivi, tanto da venire citato film Alta Tensione del 1977 di Mel Brooks, una parodia di lungometraggi di genere giallo – investigativo. Qui viene ripresa la scena centrale della storia di Antonioni e viene fatta ingrandire la fotografia per far vedere che effettivamente in quella foto il vero psichiatra è nell’interno dell’ascensore, mentre è il sosia con la maschera che ha sparato. Questa parodia ha il limite di giocare su dei contenuti elementari della stessa identica fotografia, e ingrandendola, si capisce cosa sia veramente successo e diventa un elemento chiarificatore del delitto e in grado di scagionare un innocente. Invece in Blow Up tutto questo non accade, quello che sembrerebbe essere il modo più semplice per capire quello che sta accadendo, fotografare una scena, diventa il modo per non riuscire a comprendere cosa sia realmente successo in quell’istante. La storia di blow up è una storia molto semplice e lineare, si svolge come in un altro film di Antonioni precedente, nell’arco di 24 ore, una specie di Ulisse, si seguono le avventure su ciò che accade ad un fotografo di cui non sappiamo il nome (in sceneggiatura è segnato come Thomas, ma nel film praticamente non sentiamo mai il suo nome). Antonioni toglie tutte le coordinate per una identificazione certa del reale, sia pure quelle anagrafiche.

Dal romanzo al film Blow-Up: Le differenze

Il film è basato e ispirato al racconto Le bave del diavolo dell’argentino Julio Cortázar, ma è un’ ispirazione; è molto interessante leggere il racconto per capire come la distanza sia grande e molto evidente, ma c’è anche delle cose molto vicine. C’è la storia di una donna matura rispetto a un ragazzo molto più giovane, adolescente, che sembra che lei voglia circuire (ingannare) e che lui fa scappare facendole una foto. La donna si arrabbia con lui; anche qui gli chiede di fargli dare il negativo, e il ragazzo scappa, e una persona che seguiva in macchina questa scena va a parlare con la donna. Lui ingrandendo la foto a 80 per 60, e mettendosela davanti; il protagonista è un fotografo dilettante che deve tradurre un saggio di sociologia di un professore cileno in francese, e comincia a dare del movimento a questa foto, a far entrare tutta una storia al suo interno, e a pensare che questa donna volesse circuire il ragazzo per i giochi perversi dell’uomo che era in macchina. E’ un racconto che deve molto al cinema. Non sceglie un punto di vista unico, ma cambia in continuazione; dalle riflessioni dello scrittore sul suo personaggio, in prima persona; poi va in terza persona come se prendesse una piega oggettiva, e in seguito tornando in prima, costeggiandolo con delle interpunzioni di carattere estemporaneo dell’autore che vede passare delle nuvole. Il romanzo è la partenza per il film di Antonioni.

La rottura di Blow-Up

Blow-Up è il film che prima di tutti, forse più di tutti, attua una forte rottura forte con tutte le canonizzazioni del racconto e del cinema classico; pur sotto una luce che può essere quella di un film di genere, e senza violarne in esplicito le caratteristiche dell’idea del thriller (Giallo, poliziesco, del dubbio, del voler trovare una soluzione ad un enigma), praticamente arrivando in fondo vediamo che quasi tutto è stato stravolto. C’è un omicidio di cui noi non ne abbiamo consapevolezza, che emerge dalle fotografie. A differenza che nella parodia che mette in salvo il protagonista, qui lo mette in pericolo. La fotografia invece di chiarificare ciò che è successo, fa entrare la narrazione in una dimensione di dubbio, di assoluta misteriosità di quello che è successo. Lo strumento che dovrebbe restituire in maniera obiettiva cosa c’è davanti alla macchina, invece ci mostra un’immagine difficile da distinguere e capire. Sono dei segni che vengono interpretati in un certo modo, non sono chiari. In tutto questo, il vicino di casa del protagonista, una coppia, marito e moglie in cui lui, Bill, è un pittore astratto; il suo modo di dipingere è assolutamente automatico, senza riflessione, dove l’azione è essa stessa parte dell’opera (alla Pollok). Recuperando dei quadri vecchi che lui ha composto, che ha nel suo studio, dice che lui dipinge senza sapere cosa sta facendo, poi riguardandoli vede uscire delle forme (“qui c’è una gamba, c’è qualcosa”).  Alla fine la moglie di Bill dirà della foto superstite nello studio del protagonista “Sembra un quadro di mio marito”, ci sono delle macchie bianche e nere, le foto sono in bianco e nero, che non restituiscono niente di nitido, solo delle forme che devono essere ulteriormente interpretate, sono ponte per un insieme di possibilità di lettura di quella situazione. La base di Cortazar, quella in cui la foto è il ponte per un possibile, e non è definizione di una certezza, non fa chiarezza neanche la foto del racconto, che diventa ponte per un possibile sviluppo di questo tipo di rapporto, e di quello che sarebbe potuto accadere a quel ragazzo.    

Pur mantenendo le caratteristiche di genere, mancano tutti quei presupposti e i personaggi tipici del genere Thriller e Noir. Abbiamo un omicidio, ammesso che effettivamente lui veda questo corpo, e che ci sia davvero sull’erba durante la notte; non vediamo come è stato commesso, e non c’è indagine della polizia. Sembra che nessuno si sia accorto di questo delitto. Siamo in una rappresentazione assolutamente concettuale (intellettuale, mentale) sia della realtà, sia del genere. Non abbiamo un punto di vista chiaro, indelebile, con delle linee chiare e da seguire. Come succedeva nel cinema di Rossellini, con protagonista Ingrid Bergman, abbiamo un personaggio che è assolutamente decontestualizzato da ciò che lo circonda, che si trova a doversi rapportare, a dover cercare un’interpretazione dei segni che arrivano da quello che lo circonda. E’ una riflessione molto più filosofica di quella che potrebbe suggerire la trama del film. Seguiamo questa odissea, così come abbiamo seguito le odissee delle varie protagoniste di Rossellini interpretate da Ingrid Bergman. L’idea che questo film ci parli non soltanto di un mistero da dover eventualmente risolvere e affrontare, ma che ci parli di altro, è per certi versi esplicitata da due oggetti che compaiono nel film, e che vengono trattati in maniera completamente opposta e che hanno un’opposta funzione, proprio in quanto oggetti. A un certo punto appare un’elica che lui compra in un negozio di antiquariato e che gli viene portata nel suo studio.

Antonioni ci mostra non soltanto la nostra continua e perenne inadeguatezza nel confrontarci con il reale, che le foto confondono ancora di più non essendo gli elementi visti dal fotografo nel momento in cui sta scattando le foto, che si accorge di alcune cose soltanto entrando a sviluppare i negativi e ingrandendoli, facendo emergere un omicidio. All’inizio il fotografo lo vediamo convinto di poter catturare il reale nell’attimo (Entrando nel dormitorio pubblico notturno facendo le fotografie ai poveri che si lavano, si cambiano, si spogliano), e questa sua idea di poter congelare in maniera estetica anche la realtà più cruda; e come una sorta di contrappasso la fotografia precipita il protagonista all’interno di un’incertezza, di un’indagine che conduce da solo e che non ha i mezzi per poter riuscire ad arrivare alla logica e ai motivi, e quindi abbiamo questo precipitare del fotografo in questa sua inadeguatezza che lo porta prima alla distruzione per mano di altri del proprio studio fotografico, e ad accettare il gioco surreale dei mimi che fingono di giocare a tennis, è una finzione sinestetica perché abbiamo da una parte la vista di due mimi che giocano a tennis senza la pallina, ma dall’altra abbiamo il sonoro che ci fa sentire come questi mimi toccano veramente la palla, c’è il rumore di una palla colpita da una racchetta. Accettare questa assurdità lo porta a scomparire egli stesso all’interno del parco.

Il parco già di per se è una metafora dell’incertezza in cui si trovano i personaggi a vagare. E’ un qualcosa di artificiale che vorrebbe riproporre un qualcosa di assolutamente naturale. Lui si perde all’interno di questa dialettica tra il naturale e l’artificiale che è il parco. Il film attraversa principalmente tre luoghi che hanno una componente cromatica ben determinata:

  • La città di Londra e le sue strade, rappresentate in maniera come se fossero dipinte, sembra quasi impossibile che ci possa essere una composizione della città in questa maniera. Le due sfumature prevalenti sono quelle di grigio e di rosso, due colori assolutamente antitetici come effetto visivo sullo spettatore. Vive di un contrasto cromatico enorme
  • Parco: Totalmente verde
  • Studio fotografico: Colori artificiali, acrilici, innaturali. Bianchi, neri, viola. I vestiti delle modelle che popolano questo studio sono assolutamente colorati con colori acidi, lontani dal naturale. 

Il Coito – amplesso sessuale fotografico di Blow-Up

Thomas al lavoro nel suo studio con Veruska, una modella molto famosa negli anni 60, che lanciò la moda dell’anoressia, e questa scena è diventata famosa con la definizione di “Coito Fotografico”. Molto spesso i personaggi si comportano come stessero facendo l’amore. Lui emette delle grida ” Va bene, così, distenditi, amore, ancora, di più, sì, sì” e lei si contorce e si piega come se fosse in uno stato di eccitazione particolare. Questo coito fotografico non ha solo il tema della natura sessuale, ma è una scena che serve ad Antonioni per mostrarci non solo la collocazione sociale e culturale di questo personaggio che è uno dei fotografi più in vista della moda, della swinging London, di quella che stava diventando la capitale della moda, ma il suo potere che provoca e suscita sulle donne.

Un altro episodio del lavoro di Thomas e del suo potere entro tale tematica lo ritroviamo quando lui critica sempre mentre fa le fotografie ad una una modella:

Vogliamo mettere questa gamba un po’ più avanti

Blow-Up

Spostandogliela con prepotenza, critica queste ragazze che cercano di mettersi in posizione così come lui vuole. Antonioni stesso è un fotografo molto sensibile. Le modelle indossano abiti di Courrègges, uno stilista francese, molto famoso negli anni 60, che ha avuto un ruolo molto importante nel ruolo della moda, lanciando quella delle tute spaziali con il casco. Lui grida una frase molto arrogante e prepotente “potete ringraziare la vostra buona stella di lavorare con me” (nella versione in italiano “Ringraziate Dio che lavorate con me” . Le modelle cambiano i vestiti, cambiando scena, cambia il set.

Thomas è scontento dell’atteggiamento un po’ sonnolento e poco vivace di queste modelle e le lancia un fischio per risvegliarle, poi  interrompe le fotografie e le dice di stare ferme a riposare a occhi chiusi per mezzoretta. Nel frattempo mentre le modelle lo aspettano, Thomas va a vedere un vecchio negozio di antiquariato che aveva avuto intenzione di comprare, lo capiamo dai suoi discorsi in automobile. Qui c’è un vecchietto che tratta lui in un modo piuttosto sgarbato. Mentre aspetta la padrona, esce dal negozio ed entra nel parco a scattare qualche fotografia. Esce dal caos della Londra del centro, per arrivare in questo angolo di quiete. Scatta delle fotografie che sono simili, ma non uguali a quelle che vedremo successivamente nell’altra scena in cui lui farà il blow-up, ovvero l’ingrandimento di esse. La donna, interpretata da una famosa attrice inglese di teatro, Vanessa Redgrave, cerca invano di recuperare le fotografie che Thomas ha scattato. Quando lui le dice “Non guasti (sciupi) tutto, ci siamo appena conosciuti (incontrati)” come se vedesse in quell’incontro l’inizio di una storia amorosa, lei gli risponde negando la storia, che noi non ci siamo mai conosciuti, mai visti (“non è vero, lei non mi ha mai vista”). Dal mio punto di vista può essere intesa col significato che deve dimenticare che l’ha vista, con quell’uomo più grande di lei e dai capelli bianchi; deve ignorare tutto questo come se non fosse mai avvenuto, perché potrebbe trattarsi di una relazione segreta, ad es. da parte di entrambi. ancora una volta delle tracce che si contraddicono.

Note positive

  • Fotografia
  • Attori
  • Regia
  • Sceneggiatura

Note negative

  • Nessuna di rilievo
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