Eternal – Odissea negli abissi (2023). La fantascienza dei sentimenti 

Recensione, trama e cast del film Eternal – Odissea negli abissi (2023), fantascienza esistenziale tra scelte, rimpianti e abissi interiori

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Odissea negli abissi (2023) – Regia di Ulaa Salim – © Morten Rygaard – Immagine concessa per uso editoriale. Foto: Morten Rygaard.
Odissea negli abissi (2023) – Regia di Ulaa Salim – © Morten Rygaard – Immagine concessa per uso editoriale. Foto: Morten Rygaard.

Trailer di “Eternal – Odissea negli abissi”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Ulaa Salim, cineasta danese classe 1987 nato da genitori iracheni, si diploma nel 2017 alla National Film School of Denmark, fondando in seguito la casa di produzione Hyæne Film insieme al produttore Daniel Mühlendorph. Debutta alla regia nel 2019 con il thriller Sons of Denmark, da lui stesso sceneggiato. Nel 2023 realizza il suo secondo lungometraggio, For evigt (lett. Per sempre), un dramma sentimentale fantascientifico che mescola volti danesi noti e talenti emergenti: Simon Sears (Baby Fever) e Nanna Øland Fabricius, conosciuta anche come Oh Land (The Salvation), sono affiancati dai giovani Anna Søgaard Frandsen e Viktor Hjelmsøe.

Presentato in anteprima mondiale il 20 dicembre 2023 al Les Arcs Film Festival e successivamente il 27 gennaio 2024 all’International Film Festival Rotterdam, For evigt debutta nei cinema danesi il 18 aprile 2024. In Italia, il film arriva con il titolo Eternal – Odissea negli abissi, distribuito da Wanted Cinema a partire dal 26 giugno 2025. 

Trama di “Eternal – Odissea negli abissi”

In seguito a un violento terremoto, una misteriosa frattura si apre nella crosta terrestre, minacciando l’equilibrio del campo magnetico e la sopravvivenza stessa delle specie viventi. Elias, giovane studente danese appassionato di scienza e aspirante pilota di sottomarini, si dedica con entusiasmo allo studio del fenomeno. Una sera, in discoteca, incontra Anita, una ragazza che sogna di diventare cantante. Il loro incontro è immediato e travolgente: si innamorano e iniziano a immaginare un futuro insieme. Ma la vita prende un’altra direzione. Quando a Elias si presenta l’opportunità di partecipare a una missione scientifica internazionale per indagare la frattura oceanica, sceglie di seguire la carriera, lasciando alle spalle l’amore e la possibilità concreta di costruire una famiglia con Anita — rimasta incinta, e a cui chiede di abortire.

Passano quindici anni. Elias vive ora negli Stati Uniti, è uno scienziato affermato e fa parte del team che tenta di contenere gli effetti del disastro geologico. Anita è rimasta in Danimarca, dove insegna canto. Elias e Anita non si sono più rivisti dal giorno della partenza dell’uomo per la missione. Ma ora, il destino li riunisce, riportando a galla verità sepolte e facendo riemergere sentimenti mai davvero sopiti.

In seguito, durante una pericolosa immersione nei pressi della frattura, Elias ha una visione: scorci di una vita che avrebbe potuto essere, se avesse scelto diversamente. Il confine tra scienza e sentimento si fa sottile, e la sua ossessione diventa ora recuperare ciò che ha perso — o capire se sia davvero possibile farlo.

Recensione di “Eternal – Odissea negli abissi”

Un film indubbiamente autoriale, che si distacca in modo netto da ogni logica spettacolare del genere fantascientifico. In Eternal – Odissea negli abissi non troviamo alcuna azione adrenalinica, ma una narrazione lenta, intima e riflessiva, a tratti filosofica, incentrata sull’essenza dell’animo umano e, in particolare, sul peso delle scelte esistenziali. Scelte che, una volta compiute, diventano pietre immutabili nel tempo, modificando il nostro destino, chiudendo alcune porte e aprendone altre. Ma non tutte le decisioni sono giuste: talvolta, come accade a Elias, anteponiamo il nostro ego, le ambizioni e il desiderio di realizzazione personale a ciò che conta davvero. Posto di fronte a un bivio — partecipare a una missione scientifica per studiare una frattura della crosta terrestre o costruire una vita con la donna che ama e che aspetta suo figlio — Elias sceglie la prima, chiedendo ad Anita di abortire.

Su questa scelta si costruisce l’intero film, che riflette sulle conseguenze di ciò che decidiamo. Una sorta di sliding doors esistenziale, che affronta un tema già esplorato dal cinema — si pensi a Mr. Nobody — ma lo fa attraverso una lente originale e personale, con un’impronta autoriale radicata nella fantascienza intima, ben distante dalla dimensione spettacolare e mainstream del genere. La narrazione, rarefatta e contemplativa, abbraccia l’interiorità più che l’azione, dove l’elemento catastrofico — la frattura oceanica che minaccia la sopravvivenza del pianeta — diventa lo specchio di una frattura più intima e personale: quella tra ciò che siamo e ciò che avremmo potuto essere. Al centro del racconto, incentrato sulle scelte effettuate nel corso della vita, s’impone in maniera preponderante, soprattutto nella seconda metà del film, il tema della paternità, trattato con sincerità e turbamento, un tema caro al regista e che ha dato il là all’interno progetto filmico. Ulaa Salim ha infatti scritto il film durante la nascita del suo primo figlio, trasponendo su pellicola i propri dubbi, paure e interrogativi profondi sul significato dell’essere padre.

Quando ho iniziato a scrivere questo film, non sapevo se volevo dei figli. In seguito, la mia fidanzata di allora rimase incinta e nacque mio figlio. Aveva circa un anno quando ho iniziato a girare Eternal. In un certo senso, questo film rispecchia tutti questi anni in cui mi sono dedicato alla paternità. Improvvisamente, la storia si è concentrata su che tipo di genitore si sia, che tipo di vita si possa avere con i propri figli. Ho iniziato a concentrarmi sul concetto di tempo, perché il tempo cambia molto quando si hanno dei figli. Non è lo stesso per tutti. D’altra parte, tutti hanno vissuto una perdita o hanno incontrato qualcuno di importante e per qualche motivo non ha funzionato. Ora, quando si pensa a chi si è perso, è facile immaginare un’esistenza completamente diversa da come poteva essere. Credo che questo sia l’aspetto più profonda di questa storia. Tutti hanno un “e se..?”.

Dichiarazione del regista

La pellicola intimistica di Ulaa Salim, pur muovendosi all’interno di svariati registri cinematografici abilmente amalgamati — dal sci-fi al dramma sentimentale e familiare — rende omaggio in modo evidente ad alcuni capisaldi della fantascienza autoriale. A partire da 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, cui Salim dedica una citazione esplicita nella sequenza finale del suo film: il viaggio attraverso le dimensioni spazio-temporali richiama in modo diretto l’esperienza dell’astronauta Bowman nel lungometraggio del 1968. Parallelamente, in maniera più sottile e tematica, il film si rifà a Solaris (1972) di Andrej Tarkovskij, opera che riflette sulle scelte individuali e le loro conseguenze, soprattutto in relazione al ricordo, al dolore e all’amore perduto.

Un’altra evidente consonanza — sia tematica sia strutturale — si ritrova in Interstellar di Christopher Nolan, da cui Eternal riprende il tema della paternità e della relazione tra padre e figlio. Lo sviluppa però in modo più introspettivo e meno epico, trasformandolo in un conflitto intimo e privato, filtrato attraverso una lente di rimpianto e vulnerabilità. 

Eternal e Interstellar, pur distanti per regia e impostazione drammaturgica, condividono sorprendenti affinità sul piano strutturale e tematico. Entrambi utilizzano una catastrofe globale imminente come motore narrativo: in Interstellar è il collasso ecologico della Terra, in Eternal una frattura oceanica che minaccia il campo magnetico e, con esso, la vita stessa sul pianeta. Ma ciò che davvero li accomuna è il modo in cui trasformano la fantascienza in viaggio interiore. In entrambe le opere, il protagonista è uno scienziato lacerato tra dovere e affetti, tra la missione salvifica e il legame con una persona amata. Come Cooper, anche Elias si trova davanti a una scelta irreversibile: salvare il mondo o restare accanto alla propria famiglia. Nel film danese, come in Interstellar, il tempo diventa instabile, emotivo, una materia che perde linearità per trasformarsi in spazio del possibile e del mancato. Durante una pericolosa immersione, Elias sperimenta visioni di una vita alternativa, un “e se” ossessivo che richiama le pieghe temporali attraversate da Cooper, dove la scienza cede il passo al sentimento. Un altro punto di contatto è l’uso della scienza come metafora emotiva: in Nolan, gravità e amore si intrecciano come forze capaci di attraversare lo spazio-tempo; in Eternal, la frattura geologica diventa simbolo di una lacerazione interiore, di una scelta che ha spezzato una vita in due. Entrambi i film, pur partendo da presupposti scientifici, si muovono infine verso un’unica grande domanda: cosa ci rende umani? Forse il rimpianto. Forse la speranza. O forse quel desiderio ostinato di redenzione?

Nonostante le affinità narrative, Cooper ed Elias sono personaggi diametralmente opposti sul piano caratteriale. Il primo incarna il vero eroe classico, disposto a sacrificarsi per la propria famiglia e per il bene dell’umanità. Il secondo agisce invece mosso da una spinta profondamente individuale, da un desiderio personale, quasi egoistico, più che da un senso di missione collettiva. Elias non può essere definito un eroe nel senso tradizionale del termine: non sceglie ciò che è giusto, né agisce per amore o per altruismo. Al contrario, è un uomo comune, con i suoi limiti, contraddizioni e fragilità, che soltanto col tempo comprende il peso delle decisioni prese e le conseguenze irreversibili che esse hanno avuto sulla sua esistenza.

Mi piace questo tipo di personaggi. Non sono eroi, non fanno sempre la cosa giusta. Ma non sono nemmeno antieroi, perché gli esseri umani sono più complessi di così. Sono una via di mezzo. Commettiamo errori e spesso impariamo le lezioni troppo tardi. È così umano e quando lo si vede sullo schermo, forse vi fa pensare al vostro passato? Questa è la vita: siamo egoisti, spaventati, ma anche molto amabili ed emotivi, e vogliamo entrare in contatto con gli altri. Per me è abbastanza normale, ma non lo è in molti film. Nei film le persone vengono messe in una scatola. All’inizio, lei è la protagonista perché ha il dilemma più grande. Poi si cambia e tocca a lui. Vediamo davvero i loro rispettivi punti di vista. Quest’uomo voleva fare qualcosa di buono, qualcosa di grande per il mondo, ma in realtà era solo un egoista. Inoltre, a volte è troppo tardi e non ne parliamo mai, soprattutto nei film. Nei film si può sempre salvare qualcuno. Si sta lentamente rendendo conto di aver perso la sua occasione.

Dichiarazione del regista

La pellicola possiede indubbiamente un fascino tematico e narrativo, in alcuni passaggi persino originale — come nella scelta di ribaltare l’immaginario fantascientifico tradizionale, spostandosi dallo spazio siderale alle profondità marine. Il pericolo non risiede più tra pianeti e stelle, ma negli abissi dell’oceano, trasformando l’ambientazione in una metafora interiore. Tuttavia, ciò che il regista non riesce a donare alla sua storia è il ritmo. Nonostante la presenza di personaggi interessanti e una regia a tratti efficace — specie nelle sequenze dedicate all’innamoramento — il film procede con un’andatura eccessivamente lenta, priva di slancio drammaturgico, rendendo il racconto statico e sottraendo energia all’intero impianto narrativo.

Tali problematiche sono riconducibili al montaggio e alla costruzione registica, incapaci di generare vero dinamismo, soprattutto sul piano emotivo, dove lo spettatore fatica a entrare in connessione con i due protagonisti. Si percepisce un costante senso di nostalgia, malinconia e sospensione, ma il film non riesce mai davvero a trasformarli in emozioni nitide e coinvolgenti. Il risultato è una pellicola visivamente affascinante ma emotivamente piatta, priva di sequenze davvero memorabili o adrenaliniche, che lascia lo spettatore con la sensazione di aver sfiorato un sentimento senza mai afferrarlo del tutto.

In conclusione

Eternal – Odissea negli abissi è una pellicola che merita la visione da parte di chi apprezza una fantascienza intima, contemplativa e riflessiva. È ideale per un pubblico in cerca di un’esperienza cinematografica che indaghi il dolore, il tempo e le scelte attraverso un’estetica d’autore e un ritmo narrativo dilatato. Non per chi ama l’azione o le grandi svolte drammatiche, ma per chi è disposto a lasciarsi trascinare in un abisso emotivo più suggerito che mostrato.

Note positive

  • Temi profondi: paternità, rimpianto, umanità
  • Ambientazione originale che ribalta i cliché fantascientifici
  • La regia nel raccontare l’innamoramento

Note negative

  • Ritmo lento e narrazione a tratti statica
  • Emozione trattenuta che rischia di non coinvolgere
  • Montaggio e regia non sempre capaci di sostenere la tensione interiore

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Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazione
Emozione
SUMMARY
3.4
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.