Good Luck (2025). L’anti-Prima dell’alba di Shin Adachi

Recensione, trama e cast del film Good Luck (2025), diretto da Shin Adachi, un omaggio a Prima dell’alba che ribalta la concezione romantica in una visione disillusa sull’amore e il desiderio.

Condividi su
Good Luck (2025) – Regia di Shin Adachi – Presentato alla 27ª edizione del Far East Film Festival – © Produzione cinematografica giapponese – Immagine concessa per uso stampa.
Good Luck (2025) – Regia di Shin Adachi – Presentato alla 27ª edizione del Far East Film Festival – Immagine concessa per uso stampa.

Good Luck

Titolo originale: Guddorakku

Anno: 2025

Nazione: Giappone

Genere: Drammatico

Casa di produzione:

Distribuzione italiana:

Durata: 104 minuti

Regia: Shin Adachi

Sceneggiatura: Shin Adachi

Fotografia:

Montaggio:

Musiche:

Attori: Hiroki Sano, Hana Amano, Saki Kato, Ryo Shinoda, Ayame Goriki, Yuka Itaya

Trailer di “Good Luck”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Guddorakku, quarto lungometraggio del cineasta nipponico Shin Adachi, dopo la prima internazionale avvenuta il 18 marzo 2025 durante l’Osaka Asian Film Festival, approda in Italia venendo selezionato nella competizione ufficiale della 27ª edizione del Far East Film Festival, la rassegna dedicata al meglio del cinema asiatico che si svolge a Udine dal 24 aprile al 2 maggio 2025. La pellicola, dal titolo internazionale Good Luck, viene proiettata sul grande schermo il 29 aprile 2025 alle ore 11:25 presso il Teatro Nuovo Giovanni da Udine, rimanendo disponibile fino al 2 maggio 2025 anche sulla piattaforma streaming di MYmovies. In streaming, 23 titoli — spaziando dalla selezione competitiva alla retrospettiva, arricchita da tre documentari e dalla perla del cinema restaurato Bona (1980), capolavoro del maestro filippino Lino Brocka — saranno disponibili su MYmovies ONE dal 24 aprile al 2 maggio.

Trama di “Good Luck”

Yoshiyama Taro (Sano Hiroki) è un giovane regista alle prime armi, insicuro e timido, che ha realizzato un documentario dedicato alla sua bella fidanzata Yuki (Kato Saki), la donna con cui vive e che lo sostiene in ogni modo possibile: incoraggiandolo nel coltivare la sua passione per il cinema e aiutandolo economicamente a mantenere la loro vita di coppia grazie al proprio lavoro. Un giorno, Yoshiyama Taro decide di partire per Oita quando il suo documentario Yuki riceve una menzione speciale da parte di un piccolo festival cinematografico dedicato ai film indipendenti, presso il Cinema Bluebird, nella regione di Kyūshū. Il giovane cineasta intraprende così un viaggio in solitaria, sia per assistere alla proiezione della sua opera in sala, sia per esplorare alcuni luoghi nei dintorni di Oita.

Nel suo girovagare per la prefettura di Oita, Taro incrocia la strada di Sunahara Miki (Amano Hana), una giovane donna libera, estremamente vivace e grande amante della birra. Se il loro primo incontro era già avvenuto casualmente al Cinema Bluebird, dove Miki aveva assistito alla proiezione del documentario Yuki, è alla stazione di Bungo-Ōno — e successivamente nella locanda dove entrambi alloggiano — che tra i due nasce un’improbabile incontro. Decidono così di trascorrere insieme le due giornate che separano Taro dal ritorno a Tokyo e dalla conclusione della sua vacanza.

Recensione di “Good Luck”

Vi ricordate Prima dell’alba (1995)? Il primo film della trilogia sull’amore diretta da Richard Linklater, con Ethan Hawke e Julie Delpy? Ebbene, Shin Adachi si rifà esplicitamente a quella pellicola per realizzare Good Luck, dando vita a un citazionismo intelligente e volutamente evidente lungo tutto il corso del film. Questo omaggio diventa cristallino — e assolutamente esplicito — nell’ultima parte dell’opera, dove i personaggi arrivano perfino a citare verbalmente i due film di Linklater, Before Sunset (2004) prima, e Before Sunrise successivamente.

Miki: Non c’era un film così? 

Taro: Un film straniero. Era di Ethan Hawke, ehm… “Prima del tramonto”! 

Miki: Loro poi si sposano? 

Taro: Dopo esserci reincontrati 

[…] 

Miki: Non era “Prima dell’alba”? “Prima del tramonto” era il sequel, vero, regista?

In tutto ciò, nel finale assistiamo a una sorta di riproposizione della scena del treno, quell’iconico momento del cinema romantico in cui Jesse incontra per la prima volta Céline, cambiando per sempre il destino di entrambi. Proprio in questa scena di incontro sul treno emergono chiaramente tutte le divergenze concettuali tra le due opere, che sotto molti aspetti risultano diametralmente opposte sia a livello tematico che nella riflessione sull’amore.

Se Richard Linklater, con Prima dell’alba, ci catapulta in un racconto dai toni profondamente romantici e filosofici — realizzando un cult capace di esplorare il sentimento dell’innamoramento come espressione del vero amore —, Shin Adachi, con Good Luck, offre invece una forma di anti-romanticismo. Nega l’ideale dell’amore vero e costruisce una drammaturgia in cui non c’è spazio per i sognatori o per i desideri idealizzati, ma solo per la cruda realtà. Il film si concentra meno sul sentimento amoroso e più sulla sfera del desiderio, talvolta sessuale, sebbene anche in questo caso le pulsioni e i desideri restino intrappolati nella mente e nell’interiorità dei personaggi, piuttosto che emergere pienamente sulla scena. È quanto si può osservare in alcuni atteggiamenti di Taro nella seconda metà della pellicola, dove sembra voler cedere al sentimento (o forse al solo desiderio fisico) senza però riuscire davvero a lasciarsi andare.

Good Luck possiede, in un certo senso, un suo lato romantico, ma alquanto sui generis e profondamente anticonvenzionale, poiché il rapporto tra Taro e Miki si discosta in modo netto e voluto da tutti i classici cliché e stilemi del genere, ricercando una propria verità, all’insegna della difficoltà — o forse dell’impossibilità — di trovare il vero amore. Ne scaturisce una pellicola che parla più dell’incontro in sé che di un destino capace di metterti di fronte alla donna della tua vita. Taro e Miki potrebbero stare insieme, potrebbero innamorarsi (forse, a loro modo, lo fanno), ma alla fine prevale la realtà: prevalgono i loro blocchi interiori e le loro paure nel lasciarsi completamente andare, accettando l’incognita di una relazione. Entrambi vivono le proprie sofferenze, le conoscono, ma non riescono a lasciarsele alle spalle. Good Luck è, infine, una storia di personaggi rotti.

Taro sa perfettamente di non avere nulla da dire o raccontare come regista e sa benissimo di stare con una donna che non ama davvero, sotto ogni punto di vista, ma che inversamente lo ama profondamente; allo stesso modo, Miki è consapevole di star sprecando la propria vita in un vagabondare senza meta, frequentando sconosciuti durante il suo viaggio — uomini con cui scambia pensieri e riflessioni — senza però costruire mai un vero e proprio rapporto profondo e intimo, rifuggendo così ogni forma di stabilità e solidità esistenziale.

Per descrivere questi blocchi interiori e questa tristezza devastante, che permea non solo i protagonisti ma anche i personaggi secondari (come la locandiera), la pellicola assume i connotati della commedia, presentando allo spettatore situazioni e figure spesso assurde e sopra le righe, che però riescono a donare spessore e amarezza alla vicenda. La fotografia del film, però, rinnega questa “assurdità” e stravaganza registica, abbracciando invece una palette di colori estremamente realistica, capace di oscillare tra il bianco e il verde naturalistico e paesaggistico, sfumature che restituiscono una dimensione visiva semplice ma autentica. La regia adotta un approccio quasi documentaristico, seguendo i personaggi nel loro incessante girovagare attraverso l’uso prevalente della macchina a mano, conferendo al lungometraggio un senso di immediatezza, precarietà e intimità emotiva.

Good Luck per tutto il tempo gioca in maniera ironica, e mai banale, con Prima dell’alba, da cui trae ispirazione anche a livello strutturale: come nel film di Linklater, infatti, assistiamo all’incontro tra due viaggiatori. Nella pellicola del 1995, Jesse e Céline si trovano a visitare insieme le vie di Vienna, mentre nel film del 2025 Taro e Miki viaggiano da soli per poi ritrovarsi a girovagare, senza meta e senza destinazione, per le strade di Bungo-Ōno, in due narrazioni che mescolano l’elemento drammaturgico dell’incontro con quello prettamente turistico. In Good Luck la funzione turistica si amalgama bene con la narrazione, dal momento che il film nasce come parte del Beppu Short Film Project, iniziativa realizzata per promuovere la città e la prefettura dopo il Covid. Non è un caso, dunque, che i personaggi visitino i luoghi più iconici di Bungo-Ōno.

Altra similitudine tra i due lungometraggi è l’elemento dialogico onnipresente: seppur Linklater abbondi maggiormente in questo aspetto, in entrambi i film troviamo un dialogo forbito e costante, utile a sviscerare la psicologia dei protagonisti. Va detto, tuttavia, che i dialoghi di Prima dell’alba risultano maggiormente riusciti rispetto a quelli di Good Luck, che appaiono meno intellettuali e interessanti, anche a causa della natura più semplice e disillusa dei due protagonisti. Nonostante ciò, in entrambe le pellicole assistiamo a due personaggi che parlano tra loro di vita, di solitudine, di paure e di desideri spesso inespressi. In “Good Luck”, tuttavia, il dialogo tende talvolta a deviare verso una comunicazione più frammentata e tavolta fatti di silenzi e di situazioni, riflettendo la difficoltà di Taro e Miki nel tradurre in parole profonde il loro disagio interiore. Invece in Prima dell’alba le conversazioni tra Jesse e Céline diventano un mezzo per avvicinarsi sempre di più, in Good Luck i dialoghi sottolineano spesso l’impossibilità di una vera intimità: i personaggi parlano, si raccontano, ma restano fondamentalmente soli, incapaci di oltrepassare i propri limiti emotivi.

Al di là degli elementi stravaganti del film che ben funzionano e della similitudine con il film sentimentale del 1995, il vero tallone d’Achille di quest’opera risiede nella scena metacinematografica posta verso la fine della pellicola. Un passaggio che appare superfluo e poco giustificato nell’economia narrativa del film, risultando più un esercizio di stile che un contributo significativo alla coerenza della trama. La sua presenza sembra interrompere il flusso emotivo e concettuale del racconto senza aggiungere spessore tematico, finendo per apparire come un elemento dissonante rispetto alla struttura generale dell’opera. Sebbene il metacinema possa offrire spunti interessanti e stimolare una riflessione sul linguaggio cinematografico, in questo caso la sua applicazione appare poco necessaria, lasciando nello spettatore la sensazione di un momento costruito più per stupire che per arricchire la narrazione.

In conclusione

Good Luck è un viaggio esistenziale che riflette sul desiderio e sulla difficoltà di trovare l’amore, citando Prima dell’alba ma ribaltandone la visione romantica. Con una regia documentaristica e personaggi intrappolati nelle proprie paure, Shin Adachi firma un’opera malinconica e disillusa, che esplora la fragilità delle relazioni umane.

Note positive

  • Citazionismo intelligente nei confronti della trilogia di Linklater
  • Regia documentaristica e fotografia realistica
  • Approccio anticonvenzionale alla tematica romantica

Note negative

  • Dialoghi meno incisivi rispetto a Prima dell’alba
  • L’elemento metacinematografico

L’occhio del cineasta è un progetto libero e indipendente: nessuno ci impone cosa scrivere o come farlo, ma sono i singoli recensori a scegliere cosa e come trattarlo. Crediamo in una critica cinematografica sincera, appassionata e approfondita, lontana da logiche commerciali. Se apprezzi il nostro modo di raccontare il Cinema, aiutaci a far crescere questo spazio: con una piccola donazione mensile od occasionale, in questo modo puoi entrare a far parte della nostra comunità di sostenitori e contribuire concretamente alla qualità dei contenuti che trovi sul sito e sui nostri canali. Sostienici e diventa anche tu parte de L’occhio del cineasta!

Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazione
Emozione
SUMMARY
3.5
Condividi su
Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.