Salò o le 120 giornate di sodoma (1975): l’anarchia del potere

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Salò o le 120 giornate di sodoma

Titolo originale: Salò o le 120 giornate di sodoma

Anno: 1975

Paese: Francia, Italia

Genere: Drammatico

Casa di produzione: Alberto Grimaldi P.E.A. , Productions Artistes Associes

Distribuzione: Pea – Ricordi Video, Vivivideo, Panarecord, L’unita’ Video

Durata: 117 min

Regia: Pier Paolo Pasolini

Sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini, Sergio Citti

Fotografia: Tonino Delli Colli

Montaggio: Nino Baragli

Musiche: Ennio Morricone

Attori: Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Umberto Paolo Quintavalle, Aldo Valletti

Trailer inglese di Salò o le 120 giornate di sodoma (1975)

Esce nel 1975 Salò o le 120 giornate di sodoma, ultima pellicola diretto da Pier Paolo Pasolini. Il film viene presentato postumo a Parigi tre settimane dopo la tragica morte di Pasolini. All’uscita del lungometraggio in Italia fecero seguito accese proteste che portarono il produttore a subire processi per oscenità e corruzione di minore.

Trama di Salò o le 120 giornate di sodoma

Sul finire della seconda guerra mondiale quattro potenti signori fascisti: il Duca che rappresenta la borghesia, il Vescovo il potere ecclesiastico, il Presidente della Corte d’Appello il potere giudiziario e il Presidente della Banca Centrale, ovvero, il potere economico. Fanno rapire un gruppo di ragazzi e ragazze appartenenti a famiglie antifasciste e li portano in una villa isolata e con l’aiuto di tre megere (ex-meretrici di un bordello) e una pianista, hanno il compito con i loro racconti di eccitare i signori, che sfogheranno poi ogni loro perversione sessuale sui ragazzi.

I quattro signori nazifasciti

Recensione di Salò o le 120 giornate di sodoma

In un primo momento una trama di questo tipo può evocare un genere di film undergroud denominati torture p*rn, dove però la violenza che viene mostrata, in un crescendo che la rende sempre più inaccettabile agli occhi spettatore è usata per provocare sdegno, disgusto e orrore. A mio avviso ciò rende questi film vuoti, qui invece, ci troviamo di fronte a un’opera che usa la violenza brutale, efferata, inaccettabile per comunicarci la critica che Pasolini muove al consumismo, al fascismo e al potere in ogni sua forma.

Salò o le 120 giornate di sodoma viene diviso in quattro capitoli che richiamano l’inferno dantesco. La storia si apre con l’antinferno, dove i ragazzi e le ragazze vengono dapprima rapiti e poi selezionati secondo caratteristiche fisiche. Notiamo fin da subito un totale disprezzo per la figura umana dove le future vittime sono trattati come oggetti.

“Non c’è niente di più contagioso del male”

Salò o le 120 giornate di sodoma

Nei successivi due gironi, il girone delle manie e il girone della merda osserviamo ogni tipo di depravazione e perversione sessuale, in un crescendo sempre più disturbante che raggiungerà anche l’esplorazione della coprofagia, toccando il culmine durante una cena dove verranno servite le feci delle vittime e tutti saranno obbligati a mangiarle.

Fotogramma di Salò o le 120 giornate di sodoma

“La sola anarchia è quella del potere”

Salò o le 120 giornate di sodoma

Alla fine dei due gironi è chiaro che Pasolini utilizzi il sesso come metafora del potere, ovvero, come mezzo di controllo e sopraffazione verso chi gli è sottoposto. In questo modo secondo Pasolini si raggiunge la sola e unica anarchia, quella del potere, che istituisce valori falsi e alienanti che sono i valori del consumismo.

Nell’ultimo capitolo, il girone del sangue, si compiono tutte le punizioni a danno delle vittime. La pianista che fino a quel momento si era limitata ad accompagnare con la sua musica i racconti delle megere, osservando passivamente le violenze perpetrate ai danni delle vittime, proprio come lo spettatore. Con la sua musica sta accompagnando le scene di violenza e tortura, ma si ferma per osservarle ed essendo esausta di tutta quella violenza si getta dalla finestra suicidandosi, rappresentando a mio avviso lo stato d’animo dello spettatore giunto a quel punto del film. Il girone del sangue rappresenta l’apice di tutta la violenza vista durante il film che qui esplode, distruggendo definitivamente le vittime ed è compiendo questo genocidio che secondo il regista si istituiscono i nuovi valori del consumismo edonistico.

Fotogramma di una delle torture nella scena finale

In conclusione

Salò o le 120 giornate di sodoma è un film che con il tempo può solo acquisire valore perché il consumismo che Pasolini criticata lo possiamo ritrovare ai giorni nostri ed è un consumismo che si è amplificato e diffuso rispetto a quello criticato dal regista a metà degli anni ’70.

Note positive

  • Il film rappresenta l’apice della filmografia di Paolini oltre che in termini contenutistici anche per quanto riguarda il lato tecnico: regia, fotografia, ecc.
  • La pellicola è pregna di significati e porta un punto di vista, una critica su cui si può sviluppare una riflessione. È quindi uno di quei film che lascia qualcosa dentro lo spettatore.

Note negative

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