I lunghi giorni delle aquile: Resoconto corale di una battaglia aerea

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I lunghi giorni delle aquile

Titolo originale: Battle of Britain

Anno: 1969

Paese: Regno Unito

Casa di produzione: Metro-Goldwyn-Mayer

Genere: Guerra / Storico / Epico / Drammatico

Durata: 2 hr 12 min (132 min)

Regia: Guy Hamilton

Sceneggiatura: James Kennaway, Wilfread Greatorex

Montaggio: Bert Bates

Fotografia: Freddie Young

Musica: Ron Goodwin, William Walton

Attori: Christopher Plummer, Robert Shaw, Michael Caine, Lawrence Olivier

Trailer de I lunghi giorni delle acquile

Trama de I Lunghi giorni delle Aquile

1940, seconda guerra mondiale. Il regime nazionalsocialista tedesco ha conquistato la Francia, costringendo la resistenza alla famigerata evaquazione di Dunkirk. All’indomani del fatto, il comandante nazista Hermann Goring programma l’invasione della Gran Bretagna, e invia la bellezza di 2500 aerei per bombardare Londra.

Ha così inizio la “Battaglia d’Inghilterra”, durante la quale i determinati piloti della RAF sfidarono il Terzo Reich e sacrificarono le loro vite per far sì che la speranza di arrestare l’avanzata hitleriana non rimanesse un’utopia.

Una scena di I lunghi giorni delle aquile

Analisi de I lunghi giorni delle aquile

Ben diretto da un esperto artigiano quale Guy Hamilton, artefice di alcuni dei migliori capitoli della longeva saga di 007, I lunghi giorni delle aquile si inserisce nel filone classico dei war movies all’inglese che, tra anni Cinquanta e Sessanta, fecero da contraltare alle grandi produzioni di genere hollywoodiane. In questo caso ci troviamo davanti a una mastodontica ricostruzione di una delle più famose battaglie della seconda guerra mondiale, non priva di una vena di patriottismo (mai cieco e comunque stemperato da alcune venature d’ironia british) atta a celebrare il rinomato stoicismo inglese.

Delizia della pellicola è l’elevato numero di combattimenti aerei, i quali occupano una buona metà del film e ancora oggi impressionano per attendibilità storica e potenza della messa in scena. Guy Hamilton si deve essere sfregato le mani davanti alla prospettiva della realizzazione di un film bellico così atipico, e infatti il suo operato eccelle, così come impressionante è il supporto degli effetti speciali e del montaggio sonoro (un’eccellenza qualitativa costante nei film di guerra). Inoltre non è difficile immaginare che un talento moderno come Christopher Nolan abbia attinto a piene mani proprio dalle idee di Hamilton durante le riprese del suo Dunkirk, molto simile sotto molteplici aspetti a questo film vecchio di oltre cinquant’anni ma ancora oggi abbacinante.

Michael Caine in I lunghi giorni delle aquile

Film incentrato sulla coralità, sull’espressione di sentimenti collettivi e sforzo fisico in un conflitto che diventa lotta per la sopravvivenza, I lunghi giorni delle aquile rinuncia all’approfondimento psicologico del tempo di guerra, e si fa apprezzare per la recitazione delle star coinvolte, il cui lavoro di ottima fattura riesce a donare carattere a personaggi sulla carta monodimensionali e abbastanza indistinguibili. Il cast comprende il gotha degli attori del momento, dagli allora giovani Christopher Plummer e Michael Caine a un titano del calibro di Lawrence Olivier (quest’ultimo poco più che cammeo).

I lunghi giorni delle aquile è un’ottima pellicola di genere, un apice raramente eguagliato per i film di guerra ed epici di ogni tempo. A fronte di un incasso di 13 milioni di dollari contro la spesa iniziale di 14 milioni, il film è stato un sonoro flop, ma il tempo gli ha attribuito i giusti onori, facendone una fonte d’ispirazione per i lungometraggi più disparati, da Top Gun a Pearl Harbor (decisamente più tamarri). La discreta dose di retorica potrebbe stare indigesta a taluni spettatori, ma si spera che la visione coinvolga specialmente per la cura storica e cinematografica del progetto, che di anno in anno non fa che accrescere il suo valore.

NOTE POSITIVE

  • Attendibilità storica.
  • Messa in scena abbacinante.
  • Recitazione corale.

NOTE NEGATIVE

  • La componente patriottica, pur non invadente, non può incontrare i gusti di tutti i palati.
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