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Il colore venuto dallo spazio
Titolo originale: Color out of Space
Anno: 2019
Paese: Stati Uniti d’America
Genere: Horror / Fantascienza
Durata: 1 hr e 51 min (111 min)
Casa di produzione: SpectreVision
Prodotto da: Daniel Noah, Elijah Wood, Lisa Whalen
Regia: Richard Stanley
Sceneggiatura: Richard Stanley, Scarlett Almaris
Dop: Steve Annis
Montaggio: Brett W. Bachman
Musiche: Colin Stetson
Attori: Nicolas Cage, Joely Richardson, Madeleine Arthur, Q’orianka Kilcher, Tommy Chong
Trama de Il colore venuto dallo spazio
Una meteora cade sulla Terra nei pressi della tenuta agricola della famiglia Gardener nel New England, situata appena fuori Arkham, la città immaginaria del Massachusetts sfondo di molti racconti di Lovecraft. La famiglia Gardener è particolarmente bizzarra: il padre (un Nicolas Cage ancora più folle che in Mandy) è un allevatore dilettante di alpaca con tendenza all’alcolismo; la moglie (Joely Richardson) ne sostiene l’eccentricità; i loro tre figli (Brendan Meyer, Madeleine Arther e Julian Hilliard) condividono la passione per l’agricoltura, il cosmo e l’occulto.
Quello che i Gardener non sanno è che la meteora ha portato con sé un inquietante spettro di colori che iniziano a contaminare la biologia dei dintorni, mutando ogni forma vivente. Nuove specie di piante e insetti compaiono all’orizzonte, i raccolti crescono grandi e succosi ma risultano immangiabili, gli animali scompaiono e riappaiono in forme mostruose…
Una scena di Il colore venuto dallo spazio Nicolas Cage in Il colore venuto dallo spazio
Recensione de Il colore venuto dallo spazio
Trent’anni dopo l’insuccesso clamoroso del sottovalutato film di fantascienza Hardware, Richard Stanley è tornato a impugnare la macchina da presa per regalare al mondo l’ennesima creatura filmica stramba e visionaria. Il progetto è Color out of Space, adattamento dell’omonimo racconto orrorifico, tra i più spaventosi scritti di H. P. Lovecraft, prodotto dalla SpectreVision di Elijah Wood, casa di produzione indipendente già responsabile del riuscito risultato artistico di Mandy, con il quale quest’opera ha in comune più di un tratto estetico e narrativo.
Il colore venuto dallo spazio si scontra con una delle più classiche chimere del cinema, ovvero la cosiddetta “infilmabilità” dell’intangibile orrore lovecraftiano, il quale non veniva mai davvero descritto a fondo dall’autore di Providence perché reputato da quest’ultimo come inconcepibile per la mente umana. Il lavoro di Richard Stanley in questo senso convince perché, pur prendendo le dovute distanze dalla parola di Lovecraft (in primo luogo, la vicenda viene spostata dagli inizi del Novecento ai giorni nostri), suggerisce l’imponenza dell’orrore cosmico e ne esplicita le derive più spettacolari e gore.
Analisi de Il colore venuto dallo spazio
Con un inizio lento e introspettivo, dedicato alla vita quotidiana piena ai conflitti della famiglia protagonista alla maniera di Shining di Kubrick (in isolamento e prossime a a scoperchiare il vaso di Pandora delle loro zone d’ombra), Richard Stanley comincia a introdurre una vena surreale pronta a liberarsi in tutta la sua violenza. Nicolas Cage offre una performance la cui follia viene calibrata a lungo raggio, che aumenta alla progressiva degenerazione degli eventi che si rifletterà sui suoi rapporti con i familiari, tutti delineati forse in maniera non originale ma funzionale. Se la rabbia di Cage in Mandy era giustificata da una ricerca forsennata della vendetta, in Il colore venuto dallo spazio è una vana aggressività disperata che tenta di mantenere il controllo su una situazione terrificante oltre ogni misura.
La virata horror della storia porta alle estreme conseguenze le idiosincrasie dei personaggi e prende vita grazie a un’impressionante combinazione di effetti speciali pratici alla John Carpenter e CGI (quest’ultima un po’ artificiosa a causa del basso budget), che fortifica l’intera architettura narrativa ed esaspera il delirio psichedelico di carneficine e creature aliene. L’orrore di umori corporei lascia poi spazio a un finale di pura astrazione estetica, incendiata da forti illuminazioni al neon e dall’aria grottesca di aberrazioni di carne.
Dopo lo splatter cyberpunk di Hardware e il taglio da spaghetti western orrorifico di Dust Devil, Stanley realizza l’ennesimo cult del bizzarro, sopra le righe ma tutt’altro che ridicolo; un film sbilenco e grottesco, avvelenato di radiazioni come i suoi personaggi consumati dall’interno dalla paranoia. Pur con le sue sbavature (lo schema da film d’assedio con mostri non offre molte sorprese sul piano dei colpi di scena), un’opera che dà respiro nuovo al cinema di genere.
NOTE POSITIVE
- La regia energica e disinvolta.
- L’interpretazione over the top ma funzionale di Nicolas Cage.
- Gli effetti speciali pratici.
- Il tono generale, delirante e bizzarro, del film.
NOTE NEGATIVE
- CGI un po’ grezza a causa del basso budget.
- La schema narrativo derivativo da molta fantascienza orrorifica.