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La Palma
Titolo originale: La Palma
Anno: 2024
Paese: Norvegia
Genere: Drammatico, catastrofico
Casa di Produzione: Nordisk Film
Distribuzione italiana: Netflix
Stagione: 1
Puntate: 4
Regia: Kasper Barfoed
Sceneggiatura: Jenny Lund Madsen
Fotografia: Lars Vestergaard
Montaggio: Per Sandholt
Musica: Kristian Eidnes Andersen
Attori: Thea Sofie Loch Næss, Anders Baasmo, Alma Günther, Ingrid Bolsø Berdal, Bernard Storm Lager, Amund Harboe, Jenny Evensen, Jorge de Juan, Johannes Joner, Ólafur Darri Ólafsson, Thorbjørn Harr, Iselin Shumba Skjævesland, Eirik Hallert, Jakob Amadeus Hetland
Trailer di “La Palma”
Informazioni sulla stagione e dove vederla in streaming
Dal 19 settembre al 13 dicembre 2021, sull’isola spagnola di La Palma, situata nell’arcipelago atlantico delle Isole Canarie, si è verificata una estesa e significativa eruzione vulcanica — la prima dopo quella del Teneguía nel 1971. Famosa per essere stata l’eruzione più lunga mai registrata sull’isola, con una durata di 85 giorni, l’evento ha causato danni ingenti per un totale stimato di 843 milioni di euro, distruggendo oltre 3.000 edifici e costringendo all’evacuazione circa 7.000 persone.
La colata lavica ha raggiunto il mare e ha sepolto intere località, tra cui Todoque e La Laguna, nel comune di Los Llanos de Aridane. Nonostante l’estensione e la durata dell’eruzione del vulcano Cumbre Vieja, grazie all’efficace evacuazione progressiva, si è registrato un solo decesso — un dato che contrasta nettamente con quanto mostrato nella miniserie catastrofica Netflix, La Palma, liberamente (e molto liberamente) ispirata agli eventi del 2021.
La serie, di produzione norvegese, è stata creata da Martin Sundland, Lars Gudmestad e Harald Rosenløw Eeg, e distribuita su Netflix il 12 dicembre 2024. Composta da quattro episodi, vede tra i protagonisti Thea Sofie Loch Næss, Anders Baasmo, Alma Günther e Ingrid Bolsø Berdal. La trama ruota attorno all’ipotesi — scientificamente controversa — che un’eruzione del Cumbre Vieja possa provocare una frana colossale, capace di generare un mega-tsunami nell’oceano Atlantico. Sebbene questa teoria sia stata proposta in uno studio del 2001, la comunità scientifica ha successivamente ridimensionato il rischio, definendolo altamente improbabile. Il vulcanologo Rubén López, tra gli altri, ha sottolineato che la serie va considerata come fiction, e non come rappresentazione accurata del vulcanismo delle Canarie.
Trama di “La Palma”
Ogni anno, milioni di cittadini scandinavi fuggono dal gelo invernale per rifugiarsi nel clima mite delle Canarie. Durante l’alta stagione natalizia, come avviene da molti anni, una famiglia norvegese ritorna sull’isola di La Palma, sperando di ritrovare serenità e calore. Ma fin dal primo giorno, la vacanza si rivela tutt’altro che idilliaca.
Frederik e la compagna Jennifer sono sull’orlo della rottura, incapaci di ritrovare la sintonia perduta. I figli ne soffrono, soprattutto Sara, figlia di Jennifer, un’adolescente introversa e malinconica. A soli diciassette anni, Sara si ritrova a prendersi cura del fratellino Tobias, un bambino brillante ma affetto da una forma lieve di autismo. In un albergo affollato di turisti, Sara incontra Charlie, una coetanea con cui nasce un legame profondo e inatteso — una relazione che diventa il suo rifugio emotivo, nel mentre incomincia a stancarsi dei suoi genitori, effettuando scelte alquanto nette.
Nel frattempo, sull’isola, la giovane vulcanologa Marie Ekdal rileva segnali inquietanti provenienti dal Cumbre Vieja. Le sue analisi indicano una probabilità crescente di un’eruzione imminente, con il rischio di una frana catastrofica capace di generare un mega-tsunami nell’Atlantico. Ma le autorità locali e i suoi colleghi esitano: temono il panico, il danno economico, e la possibilità che si tratti solo di una teoria infondata che non si verificherà.
Mentre il tempo scorre e le prove si accumulano, l’isola continua a vivere ignara. Quando il vulcano esplode e il mare si solleva, La Palma viene travolta dal disastro. Tra caos, paura e speranza, Marie e la famiglia norvegese dovranno affrontare l’impossibile: sopravvivere.
Recensione di “La Palma”
Niente di così riuscito o di così interessante, alla fine dei conti, risultando una miniserie alquanto dimenticabile una volta conclusa la visione. La Palma parte da una premessa intrigante, con una narrazione che, da un lato, tenta di raccontare il dramma personale e familiare dei vari protagonisti messi in scena — dalla famiglia norvegese fino alla scienziata Marie — e, dall’altro, cerca di intraprendere un racconto marcatamente catastrofico. L’intento è quello di unire un approccio intimistico e psicologico a una narrazione dal sapore d’azione, per certi versi. Il guaio è che gli sceneggiatori non riescono a conferire forza né alla componente intimistica né a quella catastrofica, dando vita a una drammaturgia alquanto molle, alquanto insapore, che si limita a mostrare ciò che vediamo sullo schermo — e niente di più — perdendosi, piuttosto, entro eventi drammaturgici incongruenti e poco credibili, che finiscono per far storcere il naso allo spettatore.
Gli sceneggiatori inseriscono, all’interno di questi quattro episodi, numerose scelte narrative discutibili, in particolare riguardo all’arco di trasformazione di alcuni personaggi. Spicca quello connesso alla giovane Sara, che si ritrova a vivere eventi estremi riuscendo, in un modo o nell’altro, sempre a salvarsi, senza mai affrontare vere e proprie conseguenze emotive. Proprio le conseguenze emotive rappresentano il tallone d’Achille dell’intera drammaturgia, soprattutto nell’episodio tre, dove si consuma una strage aerea: l’aereo di linea diretto in Spagna — quello su cui dovrebbe trovarsi Sara, intenzionata a fuggire dalla sua famiglia per raggiungere Madrid — precipita al suolo, causando una marea di morti. Alla fine (come prevedibile), la giovane non è sull’aereo, e i suoi genitori, dopo averla creduta morta, se la ritrovano tranquilla e beata nella stanza d’albergo.
Sara non li ha avvisati, li ha lasciati nel panico, facendogli credere di aver perso la figlia. Eppure, nel rivederla, i genitori non provano rabbia, non provano nulla, dando vita a un siparietto buonista fine a sé stesso. Il trauma della possibile morte — il trauma della morte della figlia — svanisce immediatamente dalla psiche dei personaggi, che riprendono la loro vita di sempre, senza alcuna elaborazione o preoccupazione per ciò che è accaduto. “Ieri è caduto un aereo in cui poteva esserci nostra figlia… Cosa vuoi che sia“. Sembra essere questo il motto di questa famiglia norvegese.
La storia, a livello di sceneggiatura, evita in tutti i modi il dramma più intenso e crudo, optando per una narrazione alquanto leggera e buonista, dove tutto va sempre per il meglio, dove ogni problema si risolve con sorprendente tranquillità. Questo approccio riduce l’impatto drammaturgico ed emozionale ai minimi storici, al punto che neppure l’evento catastrofico riesce davvero a scuotere le nostre emozioni.
L’evento naturalistico minaccioso — quello che avevamo atteso sin dalla prima puntata — arriva solo nel quarto episodio, dove vediamo i protagonisti lottare per la sopravvivenza: chi tenta di prendere l’aereo, chi cerca disperatamente di salire su una barca, ultima speranza di salvezza prima dalla lava, poi dallo tsunami. Abbiamo alcune scene interessanti, soprattutto quelle che coinvolgono i personaggi di Marie e Frederik, ma allo stesso tempo assistiamo a momenti assurdi, basati su scelte narrative discutibili da parte di Jennifer e Sara, personaggi che appaiono poco intelligenti. Eppure, nel complesso, il tutto funziona, riuscendo a creare un minimo di pathos drammaturgico e lasciando la sensazione allo spettatore che, forse, non tutti riescano ad avere salva la vita.
Dal punto di vista visivo, gli effetti speciali non sono eccelsi, certo non all’altezza di una produzione cinematografica. Tuttavia, per una serie televisiva di livello medio, l’uso della CGI non è così scadente: lo tsunami e la lava risultano abbastanza credibili, contribuendo almeno in parte a sostenere la tensione visiva dell’episodio conclusivo.
Cosa ha d’interessante questa storia?
La miniserie La Palma possiede un elemento tecnico e drammaturgico che però funziona sorprendentemente bene: il ritmo narrativo. Pur non puntando sulla profondità psicologica dei personaggi — che restano funzionali, bidimensionali piuttosto che sfaccettati — la serie riesce a tenere alta la tensione grazie a una regia attenta e dinamica, seppur priva di originalità, che evita tempi morti e costruisce un crescendo drammatico efficace. In soli quattro episodi, la storia si sviluppa con una progressione costante, alternando momenti di suspense scientifica a scene di tensione familiare, senza mai perdere il ritmo narrativo, dimostrandosi un prodotto, alla fine dei conti, alquanto godibile.
La regia di Kasper Barfoed sfrutta al meglio la struttura compatta della serie, orchestrando cliffhanger e svolte narrative che spingono a guardare un episodio dopo l’altro. Anche se la caratterizzazione dei protagonisti non è il fulcro del racconto, la narrazione riesce a trasmettere un senso di urgenza crescente, amplificato dalla minaccia imminente dell’eruzione vulcanica e dalle sue conseguenze globali. In questo contesto, La Palma si rivela un prodotto capace di intrattenere con efficacia, pur con tutti i suoi limiti narrativi (da personaggi sprecati fino a una poca verosimiglianza scientifica) offrendo una tensione continua che tiene lo spettatore incollato allo schermo.
A livello tematico, invece, abbiamo un solo tema portante, che — onestamente — risulta anche interessante, pur nella sua superficialità nella trattazione. Gli scienziati scoprono che, con una probabilità del 50%, si verificherà un’eruzione vulcanica e, di conseguenza, un mega-tsunami. Gli esperti ne parlano al governatore de La Palma, invitandola a indire un’evacuazione totale dei civili. Tuttavia, la governatrice vuole avere la certezza assoluta che ciò che le viene comunicato sia vero: che l’ipotesi degli scienziati si concretizzi davvero. Se dovesse ordinare l’evacuazione e poi non accadesse nulla, la stampa e lo Stato nazionale e l’opinione pubblica potrebbero ritenerla responsabile, togliendole la poltrona.
Una dinamica simile si verifica in Norvegia, con Jens Uvdal, fratello di Jennifer. Dopo l’eruzione, Jens scopre l’esistenza di un punto morto nelle vicinanze di La Palma, una zona in cui lo tsunami potrebbe non abbattersi. Jens vorrebbe comunicare la notizia, ma non ha la certezza al 100% che ciò si verificherà. E allora: lo Stato norvegese, per salvare i suoi concittadini presenti sull’isola, dovrebbe diffondere questa informazione? Anche se non sicura? E se, invece, mandassero lì i cittadini norvegesi e lo tsunami colpisse anche quel punto? Il dilemma è evidente: agire sulla base di un’ipotesi e rischiare vite umane, oppure non agire e rischiare comunque di perderle?
La serie mette in scena — seppur con una certa superficialità — un dilemma che va ben oltre la fiction: la tensione tra la necessità di agire in base a una previsione scientifica e la paura delle conseguenze politiche e sociali di un errore. Il governatore, dinanzi a una mera probabilità, esita. Mostra un ragionamento pragmatico, ma profondamente rischioso: privilegia la stabilità politica rispetto alla sicurezza dei cittadini. In questo senso il tema che emerge da La Palma è profondamente attuale e inquietante: come si prende una decisione quando la posta in gioco è la vita di migliaia di persone, ma le informazioni disponibili non offrono certezze? La serie ci costringe a confrontarci con il limite della conoscenza scientifica, l’imprevedibilità della natura e con la fragilità delle strutture decisionali in situazioni di crisi. Il 50% di probabilità non è sufficiente per garantire una verità, ma è abbastanza per suggerire un pericolo reale. Eppure, la politica — che dovrebbe essere al servizio della sicurezza collettiva — si mostra spesso paralizzata dalla paura di perdere consenso, potere, credibilità.
Questa tensione tra prudenza e responsabilità è il vero motore del dramma. Il governatore di La Palma e il governo norvegese si trovano davanti a un bivio: agire senza certezze e rischiare il discredito, oppure attendere conferme e rischiare la catastrofe. È una riflessione che tocca il cuore della nostra epoca, in cui le crisi — ambientali, sanitarie, geopolitiche — richiedono risposte rapide, ma le informazioni sono spesso incomplete o ambigue. La serie non offre soluzioni, ma ci invita a pensare: quanto siamo disposti a fidarci della scienza quando non ci dà garanzie assolute? E quanto pesa il calcolo politico
In conclusione
La Palma è una miniserie che, pur partendo da una premessa interessante e toccando tematiche attuali come il rapporto tra scienza e politica, non riesce a sviluppare con efficacia né il dramma umano né la tensione catastrofica. Il ritmo narrativo e la regia mantengono vivo l’interesse, ma la superficialità emotiva e la scarsa profondità dei personaggi rendono l’opera dimenticabile. Un prodotto che intrattiene, ma non lascia il segno.
Note positive
- Ritmo narrativo ben calibrato
- Regia dinamica e priva di tempi morti
- Tema centrale interessante e attuale
Note negative
- Personaggi bidimensionali e poco sviluppati
- Scelte narrative discutibili e poco credibili
- Effetti speciali mediocri
- Mancanza di conseguenze emotive nei momenti chiave
- Approccio buonista che riduce l’impatto drammaturgico
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Fotografia |
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Sceneggiatura |
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Colonna sonora e sonoro |
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Interpretazione |
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SUMMARY
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2.8
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