L’albero (2024). Un film su amicizia e perdizione con Tecla Insolia e Carlotta Gamba

Recensione, trama e cast del film L’albero (2024) con Tecla Insolia e Carlotta Gamba, diretto da Sara Petraglia, presentato alla Festa del Cinema di Roma.

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Trailer di “L’albero”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Sara Petraglia, figlia dello sceneggiatore e critico italiano Sandro Petraglia, autore di sceneggiature di grande pregio come Bianca (1983), Il ladro di bambini (1992), La meglio gioventù (2003), Mio fratello è figlio unico (2007) e Suburra, debutta nel 2024 sul grande schermo con la sua opera prima dal titolo L’albero, da lei diretta e sceneggiata, un progetto dal forte sapore personale.

Questa storia, prima di diventare una sceneggiatura, ha preso negli anni diverse forme — diari, romanzi, fanzine fotografiche, fumetti — tutte rimaste inconcluse. Era un tentativo di elaborare un vissuto denso, traumatico, ma anche felice, cercando di trasformare in parole il sentimento della nostalgia. Il desiderio era riportare indietro cose che stavano svanendo o che erano già svanite. Per molto tempo, ho pensato che questa storia riguardasse solo me. Ma dopo aver scritto il film, ho capito che poteva parlare anche ad altri, mostrando un mondo femminile in cui le ragazze si muovono da sole, chiuse dentro piccoli microcosmi: libere e vitali, ma anche egocentriche, bugiarde, indolenti e viziate. Mondi in cui gli uomini e gli adulti sono assenti, e in cui le sostanze non rappresentano né puro edonismo né espressione di marginalizzazione sociale, ma una dimensione personale e oscura dove si formano relazioni — alcune effimere, altre indissolubili. A quel punto, ho creduto che potessi provare a girare questo film. Un film che trattasse la dipendenza come uno snodo critico della vita, capace allo stesso tempo di distruggere e di offrire una nuova comprensione di sé, dell’amicizia e dell’amore — linfe vitali, anche quando finiscono.

Note di regia

L’albero è stato presentato in anteprima mondiale il 22 ottobre 2024, alle ore 21:00, nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica, all’interno della sezione Progressive Cinema della Festa del Cinema di Roma 2024. Nel cast principale troviamo Tecla Insolia (L’arte della gioia, La bambina che non voleva cantare) e Carlotta Gamba (Amusia, America Latina, Vermiglio).

Trama di “L’albero”

Bianca ha solo 23 anni, ma già si sente appesantita dall’età. Ha lasciato la casa dei genitori e dovrebbe frequentare l’università, ma in realtà non ci va mai. La sua vita è dominata da alcune ossessioni ben definite: il tempo che scorre inesorabile, la cocaina e Angelica. Da quando vivono insieme, tutto sembra accelerare, scivolando verso il caos, inclusa la loro amicizia, che si intreccia sempre più con la dipendenza e si confonde con l’amore, quell’amore dai connotati di tossicità. Bianca, appassionata dalle poesie nostalgiche di Giacomo Leopardi, tiene un quaderno dove annota spunti per i suoi libri, ma in realtà vorrebbe usarlo per raccontare tutto: il dolore che accompagna la giovinezza e la sensazione che stia già svanendo, la sofferenza che l’amicizia può infliggere al cuore, e come la vita sembra continuamente sfuggire. 

Recensione di “L’albero”

Non sempre i film riescono a mantenere le promesse iniziali, diventando progetti che, pur partendo da idee interessanti, si smarriscono lungo il processo produttivo, cadendo vittime di errori di genere o di eccessi d’autorialità. L’albero, purtroppo, rientra in questa categoria. Si tratta di una pellicola che possiede una grande potenzialità sia a livello tematico che narrativo, ma che rimane perlopiù confinata nella mente dello sceneggiatore o del regista, senza riuscire a prendere pienamente vita sullo schermo. Questo è dovuto sia all’inesperienza nella scrittura e nella regia — trattandosi di un’opera prima — sia a una serie di cadute in tipici cliché, legati alla rappresentazione della generazione Z, della movida romana intorno al Pigneto e del contesto napoletano. Questi elementi e microcosmi narrativi vengono trattati in modo superficiale, portando i personaggi a risultare macchiettistici e irrealistici, piuttosto che veri e propri ritratti di realismo quotidiano. Quest’ultimo, invece, è chiaramente cercato attraverso un taglio quasi documentaristico, supportato da una regia che segue costantemente con macchina da presa a mano le due giovani protagoniste, Angelica e Bianca. La storia si sviluppa intorno al declino personale delle due amiche, travolte dal vortice oscuro della dipendenza da cocaina, che non solo le cambia radicalmente, ma trasforma per sempre anche la loro amicizia. Un rapporto che, con il passare del tempo, si spinge sempre più verso corde sentimentali, ma in modo esplicito e spesso banale.

Se l’elemento della tossicodipendenza viene reso interessante dall’approccio registico — con una macchina da presa incollata alle due giovani donne — e dalle interpretazioni delle attrici, Tecla Insolia e Carlotta Gamba, entrambe perfettamente calate nei rispettivi ruoli, l’aspetto legato alla dipendenza perde efficacia sul piano sceneggiativo. Il copione è decisamente distante da quel capolavoro che è Amore tossico di Claudio Caligari, una pellicola che negli anni ‘80 seppe trattare con autenticità e profondità la tematiche della tossicodipendenza. Sara Petraglia, invece, non riesce a raggiungere lo stesso livello, ma nemmeno riesce ad avvicinarci, poiché la sceneggiatura de L’albero cade spesso in cliché di genere, costruendo un racconto che abbonda di scene di assunzione di cocaina, le quali alla lunga non aggiungono nulla né al film né allo sviluppo dei personaggi principali. Questi vengono tratteggiati come individui eternamente tristi e vuoti, ma senza un reale approfondimento del perché. In questo modo, la Petraglia finisce per trasformare le sue protagoniste, che nei primi minuti del film sembravano promettenti, in figure stereotipate e prive di originalità, personaggi che risultano privi di sostanza narrativa.

Angelica e Bianca, in questo senso, sono personaggi che ricadono nei classici cliché di genere, presentandosi come due giovani donne eternamente depresse e nostalgiche del tempo che passa. Preferiscono trascorrere le loro giornate immerse nel buio e nella tristezza piuttosto che nella felicità, con Bianca che, in particolare, si rifugia nelle poesie di Leopardi (altro elemento poco sviluppato). Questa caratterizzazione macchiettistica e stereotipata avrebbe potuto funzionare se il loro comportamento fosse stato approfondito, (attraverso le figure dei loro genitori?) o se i personaggi avessero raccontato qualcosa di più oltre la loro tossicodipendenza. Purtroppo, L’albero non va oltre ciò che ci viene mostrato in superficie e non indaga a fondo le dinamiche interiori dei protagonisti, che alla fine risultano inconsistenti, come lo sono del resto i personaggi secondari, tra cui il gruppo di amici e, soprattutto, Celeste. Quest’ultimo, nonostante abbia un ruolo fondamentale nel finale del film, avrebbe beneficiato di una sottotrama meglio sviluppata e di maggior spessore drammaturgico.

Il film, tuttavia, non è privo di qualità. Nonostante i numerosi difetti, risulta una visione piacevole grazie alle valide performance attoriali, che donano un minimo di profondità ai personaggi principali. La regia, inoltre, riesce a mantenere un buon ritmo, permettendo allo spettatore, pur senza emozionarlo particolarmente, di rimanere interessato alla vicenda, nonostante i significativi problemi di scrittura, dove molti degli elementi introdotti durante la narrazione non vengono infatti sviluppati adeguatamente.

A livello visivo, la regia e il montaggio danno un buon ritmo al film, ma ci sono scivoloni evidenti. Ad esempio, la visione di Angelica come un angelo appare forzata, così come una scena che cita espressamente l’estetica di David Lynch e il suo Twin Peaks. Questa citazione sembra scollegata dall’impianto fotografico e registico del film, apparendo quindi fuori contesto e poco coerente con il resto della narrazione, dal sapore più realistico – documentaristico.

In conclusione

L’albero rappresenta un tentativo coraggioso di Sara Petraglia nel suo esordio come regista, offrendo una visione intima e personale su tematiche complesse come la tossicodipendenza e l’amicizia. Tuttavia, il film soffre di una sceneggiatura che ricade in stereotipi di genere e cliché narrativi, limitando lo sviluppo dei personaggi, il loro potenziale emotivo e quello della storia. Nonostante ciò, la regia e le valide interpretazioni delle protagoniste salvano in parte l’opera, rendendola una visione piacevole, anche se non riuscita.

Note positive

  • Buone interpretazioni delle attrici principali
  • Ritmo adeguato

Note negative

  • Sceneggiatura debole e piena di cliché
  • Personaggi secondari poco sviluppati
  • Alcune scelte di regia alquanto discutibili
  • Il finale
  • La sottotrama riguardo Celeste
Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazione
Emozioni
SUMMARY
2.9
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.