La donna alla finestra (2021): l’ansia e la paura rispetto alla realtà diventano un thriller

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Trailer del film La donna alla finestra

La donna alla finestra è l’adattamento cinematografico del bestseller omonimo di A.J. Finn (pseudonimo di Dan Mallory) pubblicato nel 2018.

Il film è l’ottavo lungometraggio diretto dal britannico Joe Wright, conosciuto per il suo lavoro in rinomate produzioni, tra cui Pride & Prejudice (2005), Hanna (2011), Anna Karenina (2012) e il più recente Darkest Hour (2017). Attualmente Wright sta preparando il suo nono film intitolato Cyrano, un musical basato sulla pièce teatrale “Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand, che vedrà Peter Dinklage nei panni del protagonista.

La trasposizione cinematografica del romanzo di A.J. Finn è stata a carico dello sceneggiatore, drammaturgo e attore Tracy Letts, questo è il suo primo adattamento da un’opera di cui non è l’autore, infatti in passato, Letts aveva sceneggiato Bug, Killer Joe e August: Osage County, tre film basati sui suoi copioni teatrali.

L’uscita de La donna alla finestra è stata complessa quanto lo stato mentale della sua protagonista Anna Fox. Inizialmente, era prevista per l’autunno del 2019, ma dopo alcune proiezioni di prova, il film è stato sottoposto a delle modifiche. Poi la sua premiere a maggio 2020 è stata sospesa per via della pandemia. Ma finalmente, il film arriva al pubblico su Netflix il 14 maggio 2021.

“Volevo fare un film che fosse profondamente soggettivo perché è un film basato sulla prospettiva. Si tratta della inaffidabilità della tua prospettiva sulla realtà.”

Joe Wright, regista di La donna alla finestra

Trama di La donna alla finestra

Anna Fox (Amy Adams) è una psicologa infantile agorafobica che si ritrova a spiare dalla finestra della sua casa di New York la famiglia apparentemente perfetta che vive nell’edificio di fronte. La vita della donna è sconvolta quando assiste senza volerlo a un crimine brutale.

“La curiosità è la prova di una diminuzione dello stato depressivo”.

Dr. Landy (Tracy Letts) cit. La donna alla finestra

Recensione di La donna alla finestra

Il regista britannico Joe Wright ritorna al genere thriller dopo Hanna (2011) con La donna alla finestra, un film che non lascia indifferente a chi lo vede per il suo contenuto, ma soprattutto per la sua forma.

Il nuovo film, che ha trovato una finestra nel gigante dello streaming Netflix dopo vari spostamenti e modifiche, racconta la storia di Anna Fox (Amy Adams), una psicologa infantile che si vede costretta a rimanere in casa perché soffre di agorafobia (ovvero di ansia a stare da sola in spazi pubblici o in situazioni difficili o imbarazzanti, o nelle quali potrebbe non ricevere aiuto in caso, ad esempio, degli attacchi di panico di cui soffre spesso).

Anna è già da dieci mesi che non esce di casa e così tiene le sue sedute con il Dr. Landy (interpretato dallo stesso sceneggiatore del film Tracy Letts) dentro l’abitazione. Lei passa le sue giornate vedendo film noir classici (non è un caso), bevendo del vino e, più che altro, osservando dalla finestra la vita dei suoi vicini, un po’ perché non può uscire (o meglio, non ci prova) e ha molto tempo libero, ma anche perché è un modo di vivere la vita attraverso quella degli altri.

Tutto sembra normale, anzi troppo normale almeno per quanto riguarda il primo atto, fino a che Anna assiste dalla solita finestra a un omicidio nella casa di fronte dove abitano i Russell, la nuova famiglia del quartiere.

Da lì in poi tutto si trasforma in un mistero e tensione in crescendo pian piano la protagonista si rende conto che forse le cose non sono come lei pensa e vengono a galla alcuni segreti. Dire di più sarebbe veramente togliere il fascino di assistere a questo thriller psicologico, drammatico più di quanto si possa pensare.

Anche se l’agorafobia della protagonista è sicuramente la tematica più evidente, la storia de La donna alla finestra porta con sé altri discorsi ugualmente seri. Dietro la fobia di Anna, si nasconde un’immensa paura e rimorso per il suo passato e un rifiuto ad accettare ciò che ormai è il suo presente. Rimanere chiusa in casa (facendo certe cose) la rassicura e gli permette in un certo modo di “evadere” i conti con se stessa. L’agorafobia, come causa e conseguenza, è il mezzo per trattare un argomento sicuramente molto comune: la paura e l’ansia di dover affrontare la realtà.

In tutto questo emerge pure un’altra tematica non meno complessa. La protagonista passa molto tempo vedendo la vita che c’è fuori le sue quattro mura, al punto di sapere tutto su tutti e di fare addirittura delle foto. In questo senso, viene fuori il dilemma della etica e il rispetto alla privacy degli altri e la sottile linea tra questo e l’essere una sorta di “vigile” capace di evitare tragedie o di essere testimone involontario (come Anna) di un crimine per poi aiutare a fare giustizia.

Estetica affascinante, sviluppo deludente

A differenza di tanti film di genere, La donna alla finestra è un thriller con un nucleo profondamente emotivo e una prospettiva prevalentemente soggettiva, dettata dal fatto che la macchina da presa non si stacca mai dalla protagonista e, salvo alcune scene, tutto succede dentro un unico ambiente (la palazzina di tre piani di Anna).

L’emotività e la soggettività sono gli aspetti più caratteristici di questo film, che risalta inoltre per la sua estetica visiva e per le interpretazioni di un cast pieno di grandi attori, tra cui Gary Oldman come Alistair Russell (lui aveva già lavorato con Joe Wright in Darkest Hour nei panni di Winston Churchill per cui ha vinto l’Oscar) e Julianne Moore come Jane Russell (pure lei vincitrice dell’Oscar per Still Alice). Ci sono inoltre altri due attori ormai rinomati per la serie tv The Falcon and the Winter Soldier, Anthony Mackie (che interpreta Edward Fox, il marito di Anna) e Wyatt Russell (come David Winters, l’inquilino del seminterrato di Anna).

Ma la performance più notevole è indubbiamente quella di Amy Adams (candidata ai Premi dell’Academy per film come Vice, American Hustle, The Master) che ha dato vita a una protagonista sfidante a livello psicologico e a cui è riuscita a dare un’anima piena di sfumature grazie alle quali lo spettatore può provare empatia, ma soprattutto può sentire e vivere lo squilibrio e la confusione in cui si trova Anna.

Sicuramente, questo non sarebbe stato possibile senza l’accurata regia di Wright, che ha pensato ad Amy Adams dal primo momento e che l’ha guidata molto per costruire un personaggio che rappresenta la colonna portante del film. In questo senso, bisogna dire che il regista britannico ha fatto pure un lavoro strepitoso e minuzioso sulla narrazione visiva del lungometraggio, dalle inquadrature e i movimenti di macchina suggestivi, la costruzione in studio della casa del XIX secolo con una scala circolare allo stile hitchcockiano, fino all’illuminazione variabile e ai colori psichedelici, contrastanti e brillanti usati tanto nelle stanze come nei costumi della protagonista per creare un’atmosfera di vera tensione, paura e instabilità.

Tutto questo grazie ai professionisti che ha avuto accanto, come il francese Bruno Delbonnel che ha avuto a carico anche la fotografia de L’ora più buia e di tanti altri film candidati agli Oscar come Amélie; lo scenografo Kevin Thompson (Ad Astra, Birdman, Michael Clayton) e il costumista statunitense Albert Wolsky che si è aggiudicato due volte la statuetta dell’Academy per All That Jazz (1979) e Bugsy (1991). La palazzina di Anna è stata pensata come un altro personaggio centrale e questi quattro professionisti sono stati la chiave per raggiungere l’obiettivo. Infatti, ciò che viene introdotto per primo nel film è giustamente la casa, con piani generali e lenti movimenti di macchina.

C’è da sottolineare che queste emozioni millimetricamente elaborate sono state rafforzate dal montaggio di Valerio Bonelli, rappresentante dell’Italia che ha collaborato con Wright pure in Darkest Hour, e inoltre dalla colonna sonora del compositore statunitense Danny Elfman (che ha fatto la musica di tantissimi film di Tim Burton tra cui Big Fish, Beetlejuice, Edward Scissorhands). La colonna sonora di questo thriller era inizialmente a carico di Trent Reznor e Atticus Ross (di cui si parla molto adesso per il lavoro in Soul) che però hanno abbandonato il progetto dopo che è stato sottoposto a modifiche nel 2019.

È evidente, quindi, che ne La donna alla finestra non ci sono mancanze per quanto riguarda gli aspetti tecnici-artistici, accattivanti e fantasticamente riusciti. Ma purtroppo non si può dire lo stesso sulla sceneggiatura. Innanzitutto, perché la prima mezz’ora del film è abbastanza lenta visto che si focalizzata sul far conoscere le dinamiche della protagonista e sull’introdurre tutti i personaggi coinvolti senza che succeda niente di potente, lasciando così tutto il peso e interesse agli altri due atti narrativi.

A questo si aggiungono i personaggi secondari, che sono molti e sono stati trattati in maniera alquanto superficiale, specialmente quelli che giocano un ruolo determinante nella storia. Per questa ragione, la risoluzione del conflitto, anche se inaspettata, risulta debole e molto forzata perché non ci sono né un background né delle motivazioni forti che la sostenga e gli dia un senso completamente logico. Se uno torna indietro nella storia, ci sono pochi e scarsi indizi sul personaggio che poi viene svelato come il “cattivo”.

Il pregio della sceneggiatura è probabilmente che riesce a sommergere lo spettatore nello stato mentale della protagonista, facendolo ad un punto dubitare su cosa succede veramente e cosa è prodotto dall’immaginazione di Anna, ma anche confondendolo su chi dice la verità e chi mente per salvarsi. È un thriller a tutti gli effetti.

La donna alla finestra è, in sintesi, un film godevole, visivamente accattivante, che però non scappa dai difetti. Probabilmente, i fan dei thriller si aspettano molto di più di ciò che questa produzione può offrire al genere stesso, più che altro in quanto alla storia e al suo trattamento nella scrittura. Per chi invece cerca un prodotto che riesca a intrattenere mentre beve del vino sdraiato sul divano come lo fa Anna, questo film è una scelta azzeccata.

“Dal momento in cui ho ricevuto la sceneggiatura, sono rimasta affascinata dall’idea di immergermi nell’esperienza di Anna. Joe, con cui volevo lavorare da molto tempo, vedeva Anna come qualcuno che voleva esaminare la sua ansia in una maniera che io non avevo mai fatto prima come attrice e forse come essere umano, e questo mi è sembrato qualcosa di veramente diverso e di cui sono diventata molto entusiasta.”

Amy Adams (Anna Fox in La donna alla finestra)

NOTE POSITIVE

● Regia.

● Fotografia.

● Scenografia.

● Musica.

● Interpretazione di Amy Adams.

NOTE NEGATIVE

● Il primo atto del film risulta lento per la mancanza di fatti contundenti che gli possano dare un ritmo movimentato.

● La sceneggiatura trascura molti aspetti in quanto alla costruzione dei personaggi secondari di grande importanza per la storia.

● Risoluzione poco convincente e abbastanza illogica.

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