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L’elemento del crimine
Titolo originale: Forbrydelsen element
Anno: 1984
Nazione: Danimarca
Genere: Noir, Sperimentale
Casa di produzione: Peter Holts Filmproduktion
Distribuzione italiana: Gruppo Minerva, Movies Inspired
Durata: 104 minuti
Regia: Lars Von Trier
Sceneggiatura: Lars Von Trier, Niels Volsen
Fotografia: Tom Elling
Montaggio: Tomas Gislason
Musiche: Bob Holten
Attori: Michael Elphick, Me Me Lai, Esmond Knight
Trailer de “L’elemento del crimine”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
L’elemento del crimine è un film del 1984, presentato al Festival di Cannes, esordio del celebre regista danese Lars Von Trier e primo capitolo della Trilogia europea (L’elemento del crimine, Europa, Epidemic). La trilogia viene proposta, per la prima volta nei cinema italiani, partendo proprio dal primo film del cineasta, dal 1 agosto 2024 grazie a Movies Inspired, in una versione restaurata e senza tagli di censura. L’8 agosto sarà la volta di Epidemic, mai uscito nelle sale italiane prima d’ora, che sarà disponibile in versione originale con sottotitoli in italiano. Infine il 15 agosto uscirà nelle sale Europa, sempre in versione restaurata.
Lars Von Trier ha differenziato molto la sua produzione artistica nel corso della carriera. Comincia con lo stile oscuro e intricato della trilogia europea, per procedere con camere a spalla e fotografia volutamente bruciata ne “Le Onde del destino” e Idioti (secondo film del movimento Dogma 95). In seguito si cimenta col musical in “Dancer in the Dark” e torna alla sperimentazione con “Dogville“. Va avanti con la commedia de “Il grande capo“, attinge alle atmosfere dell’horror con “Antichrist” e si tuffa nella fantascienza introspettiva di “Melancholia“. Arriva poi all’erotismo con “Nynphomaniac” e infine si dà al crime con “La casa di Jack“.
Con L’elemento del crimine troviamo un Von Trier ventottenne, per la prima volta dietro la macchina da presa per girare un lungometraggio. Una mente ricca di idee e libera da ogni preoccupazione riguardo la possibile accoglienza della critica e la ricevibilità del pubblico.
Trama de L’elemento del crimine
Il detective Fisher si sottopone ad una sessione di ipnosi per liberarsi del mal di testa che lo assale incessantemente. L’ipnosi lo porta a ricordare le indagini che ha condotto in Europa due mesi prima, sulle tracce di uno spietato serial killer.
Seguendo i precetti di un libro di criminologia intitolato: L’elemento del crimine, Fisher cerca di ripercorrere i passi dell’uomo che sta cercando, per capirne i ragionamenti e prevederne le mosse. Identificarsi il più possibile con la figura del killer per comprenderne la psicologia.

Recensione di “L’elemento del crimine”
Le tematiche
Lars von Trier con “L’elemento del crimine” ci mette davanti a un’ora e quaranta molto densa, dal ritmo lento ma costante. Una trama poco coesa e poco lineare che – per certi versi – sembra mescolare le influenze noir de “L’infernale Quinlan” con il surrealismo sperimentale di Kenneth Anger. La base di partenza è interessante e lo svolgimento, forse non esente da qualche lungaggine di troppo, rende comunque giustizia alle premesse iniziali. La struttura complessa e articolata de “L’elemento del crimine” non permette di dare a tutti i personaggi un’adeguata connotazione, ma il tutto è parzialmente giustificato dal taglio autoriale scelto dal regista. Infatti, essendo i comprimari proiezioni della memoria di Fisher, è naturale che siano debolmente tratteggiati. Le scene – filtrate da vetri sporchi, reti, cancelli o tende trasparenti – mostrano proprio come ciò che vediamo sia sempre filtrato dalla mente del protagonista e mai una lucida riproduzione dei fatti.
La pellicola ci propone una storia che si interroga sul confine tra Bene e Male e presenta il criminale come un uomo non così tanto diverso dagli altri. Viene messa in scena la facilità con cui si può scivolare dall’altra parte della giustizia, attraversando una barriera forse più sottile di quanto si è soliti pensare. In questo senso il lungometraggio dà anche una prova di quanto il fine non giustifichi i mezzi, e di come una volta intraprese strade immorali non si possa mai uscirne del tutto puliti. Oltre a tale tematica rintracciamo il racconto di un’Europa decadente, che si rende conto di non essere più al centro del mondo. Il simbolo di un’umanità che perde certezze e punti fermi fino a sprofondare in un inquietante relativismo. Insomma un film alquanto complesso a livello simbolico – drammaturgico.

Lato tecnico
La regia del film si costituisce di pochi stacchi di montaggio e piani sequenza piuttosto lunghi. Von Trier sceglie punti macchina molto particolari, che si focalizzano più sull’ambiente che sui personaggi. Ne è un esempio il suolo, protagonista di svariate inquadrature. Il vero fulcro della narrazione è infatti il processo di ipnosi cui è sottoposto il protagonista e non il susseguirsi delle vicende. L’uso dello zoom è centellinato, utilizzato per sottolineare le nuove scoperte del personaggio principale. Uno stile registico che potrebbe in parte aver influenzato l’argentino Gaspar Noè circa quindici anni dopo, nel suo Irreversible.
Ciò che cattura l’occhio fin da subito è la fotografia. Il regista dà al film un taglio inconfondibile, con una scala di giallo che domina ogni anfratto della scenografia. Anche il montaggio è molto caratteristico: fa ampio uso di lente dissolvenze incrociate, che lasciano le immagini sovrapporsi per qualche secondo. Un espediente che rende vivida la sensazione dell’ipnosi.
In conclusione
Un film unico nel suo genere, che vanta una forma talmente potente da venire in soccorso a una sostanza talvolta dispersiva. Un’opera che mal si presta all’appetito di un pubblico generalista e che richiede allo spettatore un’alta dose di concentrazione e voglia di approfondire. Un film che, anche dopo più visioni, rimane sempre criptico e largamente interpretabile.
Il fatto che “L’elemento del crimine” – che spiccherebbe nella filmografia di un gran numero di registi – possa essere annoverato tra le opere minori di Von Trier non fa che confermare un’altra volta lo straordinario talento del regista danese.
Note positive
- Regia sperimentale e caratteristica
- Fotografia
- Trama complessa e interpretabile
- Messa in scena di grande impatto
- Tematiche interessanti e ben trattate
Note negative
- Ritmo altalenante in certe fasi
- caratterizzazione dei personaggi a volte minimale
