L’uomo che amava le donne (1977). Caposaldo di un movimento che ha cambiato la storia del cinema.

Recensione, trama e cast del lungometraggio L’uomo che amava le donne del 1977. Diciassettesima pellicola del cineasta francese François Truffaut

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L'uomo che amava le donne - Drammatico - Grafica de L'occhio del cineasta

L’uomo che amava le donne

Titolo originale: L’homme qui aimait les femmes

Anno: 1977

Nazione: Francia

Genere: Drammatico

Casa di produzione: Les Films du Carrosse, Les Productions Artistes Associés

Distribuzione italiana: Medusa Film

Durata: 120 minuti

Regia: François Truffaut

Sceneggiatura: François Truffaut, Michel Fermaud, Suzanne Schiffman

Fotografia: Néstor Almendros

Montaggio: Martine Barraqué

Musiche: Maurice Jaubert

Attori: Charles Denner, Brigitte Fossey, Nelly Borgeaud, Geneviève Fontanel, Leslie Caron, Jean Dasté

Trailer di “L’uomo che amava le donne”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

L’uomo che amava le donne è un film del 1977, scritto e diretto da Francois Truffaut, celebre attore, regista e critico cinematografico della Novelle Vague. Trattasi, parlando di quest’ultima, di una corrente cinematografica d’autore nata negli ultimi anni ’50 in Francia, di cui il nostro regista è considerato uno dei maggiori esponenti.

Il cineasta ha scritto la sceneggiatura del film nei momenti di pausa concessi alla troupe durante le riprese di Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg, in cui ha recitato nel ruolo di Claude Lacombe.

Trama di “L’uomo che amava le donne”

Bertrand Morane è un uomo affascinante e seduttore, per il quale le donne rappresentano il fulcro assoluto dell’esistenza. Si destreggia continuamente tra una relazione e l’altra, lasciandosi guidare dal desiderio e vivendo ogni esperienza con leggerezza e passione. A un certo punto della sua vita, Morane inizierà a scrivere un romanzo autobiografico incentrato sulle sue numerose relazioni con svariate donne, una scrittura che, talvolta in modo ironico, porta a galla la scoperta della nascita di questo suo desiderio e modo di vivere.

Le gambe delle donne sono dei compassi che misurano il globo terrestre in tutti i sensi, donandogli il suo equilibrio e la sua armonia.

Recensione di “L’uomo che amava le donne”

Il film è la sintesi perfetta tra innovazione e tradizione, tra drama e commedia, tra uomo e donna, tra passato e futuro, tra ciò che conosciamo e ciò che invece ignoriamo. Al termine della riproduzione lo spettatore si porta a casa qualcosa, ma senza impegno, senza la presunzione da parte del film di essere capito o apprezzato da tutti e senza alcuna supponenza nel sembrare qualcosa in più di ciò che in realtà è, di ciò che in realtà vuole comunicare in maniera semplice se pur innovativa. L’occhio del regista è focalizzato, durante tutta la durata del lungometraggio, sul protagonista: Bertrand Morane.

Bertrand è un uomo sulla quarantina, alto, moro, affascinante, con un lavoro stabile e una bella casa, amante dei libri e delle cose semplici, a tratti timido e solitario ma con un tratto inconfondibile, linfa stessa delle sue giornate, movente delle sue azioni e brivido per la sua anima: le donne. Lui ama le donne in ogni loro forma, ama il loro animo e i loro corpi, le ama per una notte o per il tempo di una stagione, le ama in privato ma anche in pubblico, le ama sempre e con forte ardore. Punto debole per il cuore, e non solo, di Bertrand sono le loro gambe, l’udire i loro tacchi sui marciapiedi di Montpellier, guardare le loro caviglie muoversi e le cosce sbucare dai vestiti con le frange. Nel corso del film possiamo unire i puntini e ricostruire la trama che ci riporta ad oggi, capire i motivi, svelare i segreti.

Una figura molto importante nella vita del protagonista è quella della madre, giovane e affascinante donna noncurante del benessere del figlio lungo tutto il corso della loro vita condivisa.  A dimostrazione della sua supremazia psico fisica nei confronti del figlio, Bertrand era costretto ad ascoltarla e a essere schiavo delle sue follie d’amore senza però poter davvero dimostrare di esserci, senza aver diritto di parola o semplicemente facoltà di muoversi. Doveva spedire le lettere personali che lei scriveva ai suoi numerosi amanti passeggeri: ore e ore trascorrevano mentre Bertrand restava seduto nella stessa posizione, a leggere, e la madre gli ronzava attorno nuda farneticando ad alta voce i suoi pensieri più intimi. Nacque da lì, sappiamo con certezza, non solo il rapporto contorto del protagonista con le figure femminili, ma soprattutto la passione per i libri, unico passatempo compatibile con le restrizioni della madre.

Anni dopo, nell’oggi del film, spinto dalla volontà di condivisione ed esternazione delle proprie avventure, Bertrand scrisse il suo primo e unico romanzo autobiografico, “L’uomo che amava le donne”. Come disse la sua editor, Geneviève, una delle caratteristiche peculiari del suo personaggio (sia nel libro che nel film) era ed è quella di essere comunque un uomo semplice, a tratti timido, ma follemente amante del sesso e del corpo femminile. Bertrand non è mai stato presentato come un uomo maniacale, ossessivo, strano, morboso, ma piuttosto ha dimostrato come ciò che veniva storicamente ritenuto volgare o inadatto è in realtà normale, comune ed addirittura condiviso. Sono state abbattute le barriere del pregiudizio senza la volontà diretta di farlo: da parte del registra riscontriamo le caratteristiche peculiari del movimento di appartenenza, la visione fuori dagli schemi e la voglia di nuovo, diverso; da parte del protagonista invece avviene tutto in maniera naturale, senza il minimo sforzo o la volontà personale di risultare virile, maschio, uomo a tutti i costi, ma semplicemente assecondando le proprie voglie e fantasie. 

Altra figura fondamentale per il protagonista è Eva, che ci appare soltanto alla fine del film. Elegante donna parigina, pacata nei modi e nel parlare, bellissima in volto nonostante i segni dell’età. L’incontro di Eva con Bertrand avviene casualmente dopo anni di silenzi e distanze, quasi a tirarci uno schiaffo emotivo e volerci ricordare quale sia in realtà il motivo di ciò che è accaduto fino ad oggi, quasi a voler esclamare che tutto ciò che è stato fatto dopo di lei fosse in realtà per lei. Unico amore della sua vita. Le loro strade si dividono come niente fosse accaduto ma qualcosa dentro di noi è cambiato. 

La conclusione del film, scena ultima, è la miglior conclusione possibile per onorare la morale portata avanti in tutta la storia ma farlo comunque in maniera semplice ed ironica: al funerale di Bertrand, si susseguono i volti delle donne che hanno condiviso anche solo un momento con lui, quasi a dire che qualsiasi sia la misura della condivisione tra due persone, essa comunque si porta via un pezzo di noi stessi. Voce narrante della conclusione è sempre Geneviève, sua editor, che con leggerezza ci fa concentrare su quanto fosse innovativo e all’avanguardia il modo di vivere del protagonista per i tempi che correvano, o che corrono. Quanto siamo alla ricerca di una persona che possa contenere in un solo corpo e in una sola mente le migliori caratteristiche di tutte le altre. Quanto le donne si stiano evolvendo e con loro cresca la consapevolezza della loro sessualità, in rapporto o no con quella maschile. Quanto in realtà faccia sorridere aver potuto conoscere una personalità come quella di Bertrand, almeno una volta nella vita. 

Le scelte stilistiche del regista concordano con la volontà di provocare ma non scioccare, di innovare, cambiare, instaurare il dubbio, perché no turbare e alleggerire senza però cadere nel banale. La novelle vague si instaura nelle metodologie, nelle inquadrature, nei montaggi, nei dialoghi, nei personaggi stessi e nello spettatore subito dopo, creando questo continuo ondeggiare tra ciò che conosciamo e ciò che non conosciamo, tra ciò che siamo abituati e soliti vedere e ciò che invece non ci era permesso vedere (almeno fino ad oggi), tra prima e dopo, tra riso e lacrime, tra ragione e sentimento e tra giusto e sbagliato. 

In conclusione

Il film ci lascia con il sorriso sulle labbra grazie all’ironia e alla scaltrezza del regista nello scegliere un registro mondano, quotidiano per amministrare la storia e i personaggi fino a quel momento, nonostante la triste conclusione. Un film da vedere per alleggerirsi il cuore.

Note positive

  • L’originalità nel modo in cui è stato trattato il personaggio maschile e la tematica del film, tematica che non ricade mai nel banale
  • Interpretazione
  • L’uso della macchina da presa da parte di Truffaut

Note negative

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Sofia Buiatti
Sofia Buiatti

Amo il cinema e tutto ciò che lo riguarda in maniera viscerale. Amo leggere, scrivere e mi diletto a farlo sui film o le serie che guardo. Punto a lavorare in quest'ambito, a fare dell'arte il mio mestiere e a condividere le mie parole con più persone possibili!
Buon cinema a tutti.