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Maria Montessori – La nouvelle femme
Titolo originale: Nouvelle Femme
Anno: 2023
Genere: Drammatico, Storico
Casa di produzione: Geko Films, Tempesta
Distribuzione italiana: Wanted Cinema
Durata: 99 minuti
Regia: Léa Todorov
Sceneggiatura: Léa Todorov
Fotografia: Sébastien Goepfert
Montaggio: Esther Lowe
Musiche: Mélanie Bonis
Attori: Jasmine Trinca, Leïla Bekhti, Rafaelle Sonneville-Caby, Raffaele Esposito, Laura Borelli, Nancy Huston
Trailer di “Maria Montessori – La nouvelle femme”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Sceneggiatrice, regista e produttrice parigina classe 1982, Léa Todorov, figlia del filosofo Tzvetan Todorov e della scrittrice Nancy Huston, ha studiato scienze politiche a Parigi, Vienna e Berlino prima di intraprendere una carriera da documentarista, realizzando film come “Sauver l’humanité aux heures de bureau” (2012) e “Utopie russe” (2014) in collaborazione con Joanna Dunis. Nel 2015, insieme a Lila Pinell, Chloé Mahieu, Gaëlle Boucand e Aurélia Morali, ha fondato la casa di produzione Elinka Films, con la quale ha prodotto numerosi documentari, tra cui “Révolution école: l’éducation nouvelle entre les deux guerres”, diretto da Joanna Grudzinska. Questo documentario, incentrato su metodi di insegnamento alternativi, ha ispirato Léa Todorov a realizzare “La Nouvelle Femme” (2023), il suo primo lungometraggio di finzione, un biopic sulla controversa figura dell’educatrice e pedagoga italiana Maria Montessori. Nata a Chiaravalle nel 1870 e deceduta a Noordwijk nel 1952, Montessori fu una delle prime donne a laurearsi in medicina in Italia e divenne famosa a livello mondiale per aver fondato il “Metodo Montessori”. Questo approccio educativo, rivoluzionario per l’epoca, si basa sulla libertà totale del bambino di sperimentare gli elementi che lo circondano, rispettando il suo sviluppo fisico, sociale e psicologico. L’obiettivo è quello di favorire una crescita interiore responsabile e consapevole, promuovendo un’educazione cosmica.
Presentato il 5 ottobre 2023 allo Zurich Film Festival e vincitore del premio Emergence 2023, “Maria Montessori – La nouvelle femme” esce nei cinema francesi il 13 marzo 2024, mentre è distribuito in Italia a partire dal 26 settembre 2024 grazie alla casa di distribuzione Wanted Cinema.
Trama di “Maria Montessori – La nouvelle femme”
Nel 1900, Lili d’Alengy è una delle più celebri cortigiane di Parigi, una donna che insegue la fama e una vita di agiatezza economica. Non è alla ricerca del vero amore, bensì di un uomo ricco e benestante che possa garantirle una vita di lusso e comfort. Tuttavia, nessuno conosce il vergognoso passato che Lili cerca disperatamente di nascondere. Prima di diventare una cortigiana, era sposata con un uomo dal quale ha avuto una figlia, Tina, nata con un grave handicap psicofisico. A causa di questa nascita, il matrimonio è stato annullato per volere del marito, e Lili, incapace di accettare la bambina, ha deciso di abbandonarla, affidandola al padre.
Quando quest’ultimo muore, il fratello di Lili si presenta a Parigi per restituirle Tina, ormai una bambina di circa sette anni. Lili, vedendo la figlia come un ostacolo alla sua carriera mondana e come una costante fonte di imbarazzo, decide di recarsi a Roma con l’intento di abbandonarla in una clinica italiana, famosa per il trattamento innovativo dei bambini definiti all’epoca “idioti”. Questa clinica è gestita da Giuseppe Montesano e da Maria Montessori, una dottoressa che sta sviluppando un metodo educativo rivoluzionario per i bambini con difficoltà.
Anche Maria nasconde un segreto: ha avuto un figlio fuori dal matrimonio, frutto di una relazione segreta con il suo collega Montesano. Nonostante le differenze abissali tra Lili e Maria, le due donne finiranno per aiutarsi reciprocamente. Lili sarà costretta a riflettere sulla sua vita e le sue relazioni familiari, mentre Maria, attraverso il suo lavoro, si appresterà a lasciare un segno indelebile nella Storia.

Recensione di “Maria Montessori – La nouvelle femme”
“Maria Montessori – La nouvelle femme” è una pellicola profondamente terapeutica per Léa Todorov, che si ritrova ad affrontare una tematica e una narrazione strettamente legate alla sua esperienza personale di donna e madre. Nel 2017, la Todorov ha dato alla luce una bambina neurotipica, Sofia, a cui ha dedicato la pellicola stessa. Non è dunque un caso che la regista decida di raccontare la storia di Maria Montessori, concentrando il suo biopic proprio all’inizio del Novecento, quando la pioniera dell’educazione lavorava, insieme a Giuseppe Montesano, in un istituto di logopedia, sperimentando il suo metodo scolastico rivoluzionario su bambini che, all’epoca, venivano descritti brutalmente con termini crudi come “idioti”, “deficienti” o perfino “scimmie ammaestrate”. Queste connotazioni, mantenute all’interno del film, risultano forti per l’orecchio contemporaneo, abituato a un linguaggio più morbido e inclusivo, che preferisce espressioni come “deficit motorio”, “psichico” o “autismo”. La scelta di preservare queste espressioni crude si rivela tuttavia azzeccata, poiché restituisce fedelmente il lessico dell’epoca, senza edulcorare la realtà storica in nome della sensibilità moderna. Questo approccio, spesso evitato in molti film post-2020, evita il rischio di rileggere la storia attraverso il filtro del contesto sociale e culturale odierno, di una società che tende a sensibilizzare maggiormente lo spettatore su temi come il razzismo o l’inclusione sociale sotto ogni sua forma. Importante far comprendere allo spettatore che la società, in passato, era molto diversa da quella del presente, possedendo una diversa sensibilità e la cineasta riesce perfettamente in questo intento.
Inoltre Léa Todorov non intende smussare gli angoli né edulcorare la storia di Maria Montessori o addolcire la narrazione dei piccoli pazienti affetti da patologie di deficit psicomotorio. Al contrario, sceglie di affrontare la storia con un’impronta di realismo cinematografico, a partire dalla scelta attoriale: utilizzare bambini realmente affetti dalle problematiche mediche trattate nel film. Sarebbe stato senza dubbio più facile ricorrere a giovani attori senza tali difficoltà, ma il risultato sarebbe stato completamente diverso e più finto. La macchina da presa osserva con grande attenzione questi piccoli interpreti, regalando una narrazione agrodolce che permette allo spettatore di entrare intimamente in contatto con questo mondo. I bambini ci vengono raccontati nella loro quotidianità, in un contesto di gioia di vivere, dove l’affetto assume un ruolo centrale, sovrastando tutte le altre difficoltà e dove questi bambini ritrovano un loro luogo in cui vivere in pace con il mondo e con gli altri.
Sorprendente è la performance della piccola Rafaelle Sonne-Ville-Caby, che interpreta Tina, mostrando in modo notevole l’evoluzione del personaggio e aiutandoci a comprendere e osservare i progressi che il metodo Montessori porta nei bambini. All’inizio del film, vediamo Tina incapace di interagire con gli altri o di muoversi agevolmente nel mondo; verso la fine, Tina riesce a comunicare, nei modi a lei possibili, le proprie emozioni verso la madre, la Montessori e il mondo circostante.
Rafaelle Sonne-Ville-Caby si è presentata al casting insieme agli altri bambini, e poi abbiamo organizzato un primo workshop durante le vacanze autunnali, in cui è avvenuto qualcosa di speciale fin da subito. La sua intensità riflessiva, il suo modo di relazionarsi con noi e di rimanere concentrata su se stessa ci hanno letteralmente travolto. È una bambina incredibilmente intelligente, comprende tutto ciò che accade intorno a lei, è molto presente nel mondo, ma possiede un modo diverso di percepire i segnali sensoriali, una particolarità cognitiva che ha catturato il mio interesse. Durante le riprese, abbiamo lavorato molto sulla distanza tra il suo ruolo e la sua vera personalità, e lei ha davvero costruito il personaggio insieme a noi. Dalla Tina inizialmente molto inibita, alla Tina che sboccia nell’Istituto, fino alla Tina della fine del film, Rafaelle ha saputo gestire questa evoluzione con grande naturalezza. Siamo stati anche fortunati perché Rafaelle non ha mai avuto un approccio egoistico alla recitazione nel film. Oggi, però, è più consapevole di come il mondo la percepisce e teme che Rafaelle e Tina si confondano l’una con l’altra agli occhi degli altri. Quando si lavora con bambini, c’è sempre il timore che si lascino coinvolgere troppo dall’idea di recitare nei film. – Dichiarazione di Léa Todorov
“Maria Montessori – La nouvelle femme“, affrontando il tema dell’educazione dei bambini con deficit psicomotorio, si distingue per il suo marcato sottotesto politico, rivelando una critica profonda alla società passata (ma anche moderna) e alle sue dinamiche escludenti. Al centro di questa riflessione si trova il personaggio di Lili d’Alengy, madre della piccola Tina, che incarna la tendenza contemporanea a marginalizzare il diverso. La figura di Lili rappresenta la società che, anziché abbracciare e integrare le differenze, tenta di nasconderle o di trasformarle in qualcosa di abberrante e di pericoloso, rendendo queste persone vittime di un sistema che non sa come gestirle e di quale posto donargli all’interno della società capitalistica. In questo contesto, la battaglia di Maria Montessori, che intende donare un posto nel mondo reale a questi “idioti”, diventa una lotta contro la stigmatizzazione sociale: la sua visione educativa non solo offre un approccio rivoluzionario alla pedagogia, ma espone anche una denuncia delle dinamiche di esclusione che permeano la nostra cultura. Il suo impegno non è solo rivolto al miglioramento delle condizioni dei bambini con difficoltà, ma si pone come un grido di ribellione contro una società che, piuttosto che accettare e valorizzare la diversità, preferisce reprimerla, ritenendola una minaccia all’ordine e alla normalità. Lili d’Alengy, con la sua difficoltà a gestire e accettare il deficit di Tina, diventa il simbolo di una classe sociale che vive nella paura del giudizio altrui e nella necessità di conformarsi a standard rigidi. La sua vergogna e il suo rifiuto iniziale riflettono l’ipocrisia di una società che pone il successo e la perfezione sopra l’umanità e l’empatia, perpetuando una disumanizzazione del diverso. Montessori, al contrario, con il suo approccio inclusivo e innovativo, non solo sfida questi preconcetti, ma dimostra come l’educazione possa diventare uno strumento potente per abbattere barriere e creare un futuro più giusto e inclusivo.
Quando è nata mia figlia, sulla pagina internet dedicata alla sua malattia era scritto che le persone che raggiungevano l’età adulta potevano vivere in istituti specializzati. Che prospettiva cupa quando si tiene in braccio un neonato. Mentre Maria Montessori e la medicina del XIX secolo…
Maria Montessori e i medici dell’Ottocento a cui si è ispirata avevano l’ambizione di coinvolgere i bambini affidati alle loro cure nella vita sociale, per consentire loro di avere un lavoro e una vita indipendente! È stato anche grazie alla loro lettura che ho ritrovato il coraggio. Spero che il film possa mettere in discussione la mancanza di ambizione della nostra società ad essere più inclusiva. È un’iniziativa già in corso per cambiare il modo in cui questi bambini – e gli adulti – vengono ritratti! Invisibili per molto tempo, spesso ostracizzati, è ora di dare alle persone con neuropatia o disabilità il posto che spetta loro nel cuore della società. In questo senso, credo che qualsiasi iniziativa che contribuisca a cambiare il nostro modo di vedere le cose sia benefica. – Dichiarazione di Léa Todorov
Lili d’Alengy, figura di pura invenzione che probabilmente incarna anche i dubbi personali della cineasta nei confronti della propria figlia con deficit psicomotorio (seppur con le dovute differenze), rappresenta, dunque, una madre che inizialmente non sa come rapportarsi alla propria bambina. La rifiuta, influenzata dai condizionamenti sociali e culturali del suo tempo, per poi avvicinarsi lentamente alla figlia, grazie alla Montessori, imparando a cogliere la bellezza e le sfumature che la caratterizzano. Il senso di vergogna di Lili è il risultato di una società che, oltre a suscitare in lei un senso di paura e tristezza, la porta a vivere con il peso che la sua bambina non sia “normale” come le altre. Non solo, difatti la società dell’epoca la colpevolizza perfino, ritenendola responsabile della nascita di un essere “difettoso”, ritenendola dunque difettosa a sua volta, e spingendola così a nascondere Tina al mondo borghese a cui appartiene, fingendo che non esista, in una dinamica che finisce per far soffrire profondamente la piccola Tina, privata dell’amore della madre, che la vede più come un ostacolo che non come una bambina bisognosa d’amore.
Accanto a questa figura femminile troviamo Maria Montessori, interpretata con grande abilità da Jasmine Trinca, in una narrazione che, seppur parzialmente romanzata, resta fedele ai fatti storici. Per raccontare questo personaggio cruciale nella storia della pedagogia italiana e internazionale, la cineasta si è basata su diverse biografie, tra cui quelle di Rita Kramer, Valeria Paola Babini e Marjan Schwegman, oltre agli scritti della stessa Montessori, come il suo diario del 1913, redatto durante un viaggio transatlantico, in cui l’autrice intrattiene una sorta di conversazione interiore con il figlio Mario, nato fuori dal matrimonio e da lei abbandonato per cause di forza maggiore. La sceneggiatura costruisce con attenzione il personaggio della Montessori, intrecciando la sua ricerca pedagogica con i bambini affetti da deficit al suo difficile rapporto con Mario, mantenendo un carattere fortemente femminista e portando in luce il tema della forza delle donne, ancora schiave di un sistema patriarcale dominato dagli uomini.
Ho avuto l’intuizione che il momento più interessante della biografia di Maria Montessori fosse l’abbandono del figlio. A quel tempo, non aveva ancora fondato una scuola per bambini neurotipici. Lavorava in un istituto di logopedia con bambini che venivano definiti “idioti” o “deficienti”, ed è proprio con questi bambini, con bisogni speciali, che iniziò a sperimentare quello che sarebbe diventato il suo metodo educativo. Da qui è nato il personaggio di Lili nella sceneggiatura: una madre che si vergogna del proprio bambino “diverso”. Ho investito in questo personaggio il mio stesso senso di fallimento, quando, alla nascita di mia figlia, mi sono resa conto di aver dato alla luce una bambina che non avrebbe “funzionato” secondo le aspettative comuni. La scrittura del film è partita da questa storia, che ha fornito le basi drammatiche della narrazione. – Dichiarazione di Léa Todorov
Nonostante l’attenzione ai dettagli caratteriali della protagonista, il principale difetto di “Maria Montessori – La nouvelle femme“ risiede proprio nella sceneggiatura, che non riesce a dare una vera forza ai suoi personaggi femminili. La scrittura, a tratti prevedibile e bidimensionale, manca di incisività e tende a stancare lo spettatore. Sebbene il tema trattato sia senza dubbio interessante, la narrazione risulta troppo frettolosa, perdendosi in sequenze ripetitive che mancano della necessaria introspezione, impedendo al pubblico di entrare in empatia sia con Montessori che con Lili d’Alengy. Anche i personaggi secondari, che potrebbero arricchire la storia e offrire nuove prospettive sui protagonisti, rimangono superficialmente tratteggiati, lasciando che la trama si concentri quasi esclusivamente sul rapporto d’amicizia che si andrà a formare tra le due donne, un rapporto però scritto in maniera fin troppo sbrigativa e senza spessore drammaturgico.
Dal punto di vista registico, la pellicola risulta visivamente pulita, caratterizzata da un tono dolce e romantico. Questo approccio emerge chiaramente nei movimenti di macchina, nei colori tenui utilizzati per la fotografia, così come nei costumi e nelle scenografie. Tuttavia, sebbene interessante, questa scelta stilistica non riesce a dare profondità ai personaggi. Le interpretazioni degli attori, pur valide, restano vittime di una sceneggiatura e di una regia non del tutto efficaci, che privano il film delle corde emotive necessarie per coinvolgere lo spettatore. L’emozione più autentica arriva infatti grazie ai piccoli attori, che con la loro presenza riescono a donare al pubblico un sorriso agrodolce.

In conclusione
“Maria Montessori – La nouvelle femme” è un film che affronta tematiche complesse e significative legate all’educazione dei bambini con deficit psicomotorio, ma che purtroppo non riesce a esprimere appieno il potenziale dei suoi personaggi femminili. Nonostante la regia visivamente pulita e le interpretazioni sincere, la sceneggiatura soffre di una mancanza di profondità e di incisività, lasciando gli spettatori a desiderare una narrazione più ricca e coinvolgente. Tuttavia, il film riesce a trasmettere un messaggio importante sulla lotta per l’inclusione e sull’importanza dell’amore incondizionato, specialmente attraverso le performance dei giovani attori che portano autenticità e genuinità alla storia.
Note positive
- Approccio realistico e autentico con bambini veri
- Buone performance di Rafaelle Sonne-Ville-Caby
- Critica sociale ben definita riguardo l’inclusione
Note negative
- Sceneggiatura prevedibile e superficiale
- Personaggi femminili poco sviluppati, soprattutto nel loro rapporto d’amicizia
- Narrazione frettolosa e ripetitiva
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Fotografia |
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Sceneggiatura |
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Colonna sonora e sonoro |
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Interpretazione |
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Emozione |
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SUMMARY
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3.5
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