Non aspettarti troppo dalla fine del mondo (2023): una realtà comica

Recensione, trama e cast del lungometraggio "Non aspettarti troppo dalla fine del mondo" (2023), dal titolo originale Nu aștepta prea mult de la sfârșitul lumii, per la regia di Radu Jude

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Trailer di “Non aspettarti troppo dalla fine del mondo”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Penultimo film del regista rumeno Jude, è stato presentato al Film Festival di Locarno del 2023 vincendo anche il Premio speciale della giuria. La pellicola ha avuto anche la possibilità di essere proiettato al Toronto International Film Festival e al New York Film Festival del 2023. Nello stesso hanno è stato selezionato come Miglior film straniero per i premi Oscar del 2024.

Trama di “Non aspettarti troppo dalla fine del mondo”

La pellicola si articola su due filoni narrativi che sembrano non aver niente in comune se non la città e la professione delle due donne protagoniste. Angela è una donna che lavora quasi venti ore al giorno, perennemente in macchina a contatto con persone di diverso genere. Durante la sua giornata, sfruttando i social, dà sfogo alla sua creatività attraverso un alter-ego chiamato Bobitza, qui subentra il black humor e la ricerca di Angela di avere una boccata d’aria fresca dai ritmi serrati che il lavoro le impone. L’altra donna presentata dal regista è sempre indipendente, lavora come tassista nella capitale rumena. Con un montaggio alternato vengono mostrate le vite delle due donne con le loro similitudini nonostante le due storie siano separate da circa cinquant’anni. L’ultima parte del film è dedicata alla ripresa di uno spot sulla sicurezza sul lavoro da parte dell’azienda per cui Angela lavora, ma che si rivelerà essere tutt’altro.

Recensione di “Non aspettarti troppo dalla fine del mondo”

La pellicola di Jude è una perfetta spiegazione del detto “la storia si ripete”. Le due donne protagoniste ci descrivono una vita dai ritmi serrati nella capitale rumena, entrambe costrette a guidare per molte ore ed entrare in contatto con persone che spesso sminuiscono la loro persona. Il regista ha adottato una tecnica stilistica molto particolare. Le sequenze contemporanee sono in bianco e nero, con luci che creano forti contrasti, ad eccezione delle scene riprese con il telefono in cui viene mostrato Bobitza le quali sono a colori. Le scene ambientate a fine anni Ottanta sono riprese da un film del 1981 di Lucian Bratu (Angela merge mai departe). Spesso e volentieri durante queste sequenze vengono attuati degli slow motion apparentemente privi di significato, ma l’attenzione dello spettatore non deve smarrirsi ma soffermarsi sui quei piccoli dettagli che altrimenti andrebbero persi, come lo sguardo giudicante e superiore degli uomini alla vista di una donna al volante. Lo stesso sguardo rimarrà negli anni e verrà mostrato anche nella vita di Angela.

Un altro elemento degno di nota sono i dialoghi che Angela intesse con le persone con cui lavora. Sono spaccati di vita quotidiana in cui non si cerca di avere un approfondimento psicologico o emotivo, si mostra la vita così com’è. La pellicola è senza filtri così come l’alter-ego di Angela. Il regista non vuole indorare la pillola o mostrare il buono della società e la sua evoluzione, ma attraverso il racconto di queste due donne ci vuol far capire che molte cose sono rimaste uguali se non peggiorate. Viene mostrato il lato più “grezzo” dell’essere umano, quello indifferente, diretto, privo di scrupoli, così tanto da dedicare un’intera sequenza di tombe lungo una strada rumena molto pericolosa. La domanda potrebbe sorgere spontanea, perché mostrare lapidi per circa due minuti e mezzo senza musica e senza nessuna descrizione? Il regista ferma la narrazione, la storia di Angela è finta ma questi morti sono reali, il problema di questa strada non è finzione. Il film ci mostra tutte quelle ingiustizie che possiamo subire ogni giorno in silenzio, ma in fin dei conti tutto si ferma di fronte alla morte, c’è silenzio. Anche dal punto di vista della fotografia questa sequenza a colori è reale, senza filtri, non ci vuole trasmettere un altro tipo di messaggio o ambientazione.

Un altro elemento sicuramente positivo è la cura della fotografia, specialmente durante le sequenze contemporanee. Viene mostrata una nazione in evoluzione ma al contempo circondata di un’architettura brutalista. La connessione con il passato non è solo attraverso un duplice racconto, ma è a 360 gradi.

In conclusione

La pellicola ci mette di fronte a tanti problemi in un modo innovativo e intelligente. Lascia tanti spunti di riflessione sia sul mondo del lavoro sia sulla società che pensiamo sia in evoluzione. È sicuramente irriverente e non adatto a tutti in quanto potrebbe toccare diverse sensibilità. Jude riesce con un linguaggio diretto a mostrarci i problemi del paese in cui vive, e lo fa bene. L’ultima sequenza è forse un po’ troppo lunga, ci riporta chiaramente alla realtà, sia tramite la fotografia e per la tematica. È una conclusione circolare, mette un punto al lavoro della protagonista, ma viene esasperata sia per l’attore sia per spettatore che provano la medesima frustrazione emotiva. Se fino ad allora non era stato possibile empatizzare con i diversi personaggi, il finale ci permette di vivere insieme al protagonista un momento di ingiustizia, in cui lo spettatore come lui rimangono inermi.

Note positive

  • Irriverente
  • Reale
  • Comico

Note negative

  • Supponente
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Sara Cristina Iordache
Sara Cristina Iordache