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Paolo Cognetti. Sogni di Grande Nord
Titolo originale: Paolo Cognetti. Sogni di grande nord
Anno: 2021
Paese: Italia
Genere: Documentario
Produzione: Samarcanda Film, Feltrinelli Real Cinema, Rai Cinema
Distribuzione: Nexo Digital
Durata: 82 minuti
Regia: Dario Acocella
Sceneggiatura: Paolo Cognetti, Dario Acocella, Francesco Favale
Fotografia: Stefano Tramacere
Montaggio: Mario Marrone
Musiche: Fabrizio Bondi
Attori: Paolo Cognetti, Nicola Magrin
Lo scrittore Paolo Cognetti, vincitore del premio Strega nel 2017 con il romanzo Le otto montagne, ci guida in un’avventura che esalta la potenza della natura, il bisogno di libertà e il desiderio di scoperta dell’uomo in un film presentato alla 69° edizione del Trento Film festival, rassegna internazionale di cinema e culture di montagna.
Trama di Paolo Cognetti. Sogni di Grande Nord
Paolo e l’amico Nicola Magrin, illustratore, organizzano un viaggio nelle terre selvagge del nord, dal Canada all’Alaska, sulle orme dei grandi della letteratura americana come Raymond Carver, Jack London, Ernest Hemingway, e con tappa finale presso il Denali National Park dove si trovava il Magic Bus che fece da casa a Christopher McCandless, protagonista di “Nelle terre estreme” di John Krakauer e di “Into the wild” di Sean Penn.
Recensione di Paolo Cognetti. Sogni di Grande Nord
Paolo Cognetti. Sogni di Grande Nord è il racconto di un viaggio, di un pellegrinaggio alla ricerca di sé e del proprio posto nel mondo. È un racconto di vita, di sogni e di desideri, di abbandonare tutto e allo stesso tempo di tornare nella nostra vera casa, il mondo. È una storia che vuole insegnare ad affrontare i propri limiti e andare all’avventura, che vuole spronare a vivere con una voglia immensa di conoscere e scoprire.
Il percorso di Paolo e Nicola ha lo scopo di abbattere il confine di quella che noi chiamiamo ‘normalità’, di andare oltre la propria comfort zone, di scoprire l’immensità che c’è fuori dalla porta. In questo film c’è vita, c’è filosofia, c’è poesia, c’è religione. E allo stesso tempo non c’è nulla. Il silenzio del bosco e il buio della notte (molto interessante l’aneddoto che racconta il protagonista circa la sua paura della notte, e di come l’affrontò andando in un bosco, dove di fatto non c’è mai silenzio ma sempre vita, rumori, versi e dove non fa mai davvero buio sotto il cielo stellato), la solitudine di una strada che sembra senza fine e l’orizzonte senza confini.
C’è poi il viaggio interiore del protagonista, che ci fa conoscere l’aspetto più personale e segreto di lui. Le sue sensazioni e le sue emozioni. I suoi desideri e le sue paure. Durante tutto il percorso si mette a nudo raccontando cosa lo ha ispirato a diventare l’uomo che è, i dubbi di adolescente, l’incontro con la lettura e i romanzi che lo hanno poi spinto a percorrere la strada di scrittore. Racconta cosa lo ispira e cosa lo sprona. Osservare lui quasi più a suo agio su una barca in mezzo a un lago infinito piuttosto che in un bar di Milano circondato di persone (vi è in particolare la scena di un flashback che trasmette a pieno questa sensazione opprimente, quasi soffocante) porta quasi a mettere in discussione quali siano le nostre priorità quotidiane, quale sia la vera condizione migliore. E il modo in cui si confida e racconta al compagno di viaggio Nicola, quasi come se si stesse confidando direttamente con noi crea una sorta d’intima connessione che smuove qualcosa nel profondo dell’animo.

Il film si snoda lungo varie tappe, innanzitutto l’incontro in Canada con Gianni Bianchi e la moglie, che un giorno decisero di mollare tutto, abbandonare la caotica città di Milano per trasferirsi nel bosco, dove non ci sono altre case nel raggio di chilometri. Questo incontro fa riflettere sullo stile di vita che abbiamo, su quanto sia importante ciò di cui ci circondiamo e su cosa davvero conti per essere felici. Insieme al signor Bianchi durante una battuta di pesca sul lago Paolo tiene un bellissimo discorso in cui affronta le similitudini tra la pesca e la scrittura, l’importanza dell’attesa, dello scrutare oltre la superficie delle cose e leggere nell’invisibile per scoprire cosa vi si nascondo al di sotto.

Vi è poi l’incontro con la scrittrice canadese Kate Harris, che racconta come abbandonare tutto per vivere da sola tra le montagne sia stata la scelta migliore per lei, che sognava di vivere di e per la scrittura.
Un’altra stupenda similitudine che viene raccontata è quella con la religione. I più grandi scrittori della letteratura americana vivevano la natura come un tempio, e l’attraversarla era come fare un viaggio spirituale alla scoperta di sé e del creato. Ed è proprio un pellegrinaggio quello che compiono i due amici, che ha come meta di culto un luogo iconico per tutti gli amanti del Grande Nord, e che ricorderà chi conosce la storia di Chris McCandless, ossia il “Magic Bus” abbandonato che il ragazzo trovò per caso e divenuto simbolo, leggenda per tutti coloro che sognano o hanno avuto la fortuna di partire sulle sue orme. I due protagonisti furono tra l’altro tra gli ultimi a raggiungerlo, poiché il bus fu rimosso nel giugno 2020 per ragioni di sicurezza. E a maggior ragione questo sentimento dolce amaro fa apprezzare ogni istante che i due passano al suo interno, accarezzando e sfiorando gli oggetti appartenuti al giovane, sognando la sua avventura e immaginando i suoi ultimi istanti di vita (si spense probabilmente di stenti o a causa di qualche erba velenosa di cui si cibò dopo 112 giorni in solitaria nei boschi). Dopo mesi e mesi costretti chiusi in casa e l’impossibilità di viaggiare, questo film è come una boccata d’aria fresca, un profondo respiro a pieni polmoni e il segno che aspettavamo per prendere e partire, magari zaino in spalla, alla scoperta del mondo. È una poesia, un’ode alla letteratura, alla natura, al viaggio, all’avventura e alla contemplazione, alla vita. Le riprese dei panorami innevati del nord, dei boschi sconfinati e delle notti stellate che costellano il film sono come una finestra su un mondo tanto lontano quando inarrivabile per la maggior parte di noi, e forse anche per questo lasciano a bocca aperta.

Note positive
- le riprese dei paesaggi
- le metafore tra natura e spiritualità e religione
- i riferimenti alla letteratura
Note negative