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Paperman
Titolo originale: Paperman
Anno: 2012
Paese: Stati Uniti d’America
Genere: Animazione, Sentimentale
Produzione: Walt Disney Animation Studios
Distribuzione: Walt Disney Animation Studios
Durata: 6 minuti
Regia: John Kahrs
Sceneggiatura: Clio Chiang, Kendelle Hoyer, j. Kahrs
Montaggio: Lisa Linder
Musiche: Christophe Beck
Trama di Paperman
Manhattan. Anni 40. George aspetta il treno per dirigersi a lavoro con un plico di fogli in mano. Soffia il vento e uno dei fogli termina addosso a una ragazza, Meg, accanto a lui ma estranei fino a quel momento. George imbarazzato glielo toglie dal volto scoprendo la bellezza di lei e il suo sguardo. I due si fissano, lei sorride indicando il bacio rimasto stampato sul foglio. Lui lo guarda. Arriva il treno, senza che George se ne renda conto Meg si reca sul treno andandosene, lasciandolo lì da solo con il foglio in mano. Lui la guarda spaesato, lei si volta verso di lui dolcemente dal finestrino osservandolo. Si guardano fino a perdersi nelle vie della città. Ma niente è perduto!

Recensione di Paperman
Che cosa c’è di più bello dell’incontrare il nostro amore, così all’improvviso, inaspettatamente, in una città così caotica come New York?
Trovare l’amore, quello autentico, in una città maestosa, caotica, strapiena di miliardi e miliardi d’individui che come ombre incontriamo ogni giorno per tutta la nostra vita senza rendercene apparentemente conto, presi dalle nostre ansie lavorative e dalla fretta, è una mission impossibile e solo il destino può venirci incontro.
Il mondo come un’ombra ci passa accanto, senza che noi riusciamo davvero a coglierlo e a leggerne le sfumature della bellezza: sia artistica che umana. Raramente, nel caos delle nostre vite, ci fermiamo in mezzo alla strada, nella metro a osservare gli altri! Così facendo rischiamo di perdere la vita, l’amore.
Guardando il cortometraggio d’animazione Disney di John Kahr noterete un elemento grafico, che credo non sia lì per caso: tutti i personaggi di contorno, eccetto forse due o tre, hanno dei tratti del volto appena accennati, sembrando degli automi, degli esseri identici senza reale personalità.
Paperman è un cortometraggio del 2012 di J. Kahr proiettato in anteprima come apertura alla prima statunitense del film d’animazione Disney “Ralph Spaccatutto”, e vincitore nella categoria dei corti d’animazione all’85esima edizione dei premi oscar. La Disney non vinceva agli oscar in questa speciale categoria dal 1969 con “It’s Tought to be a Bird”.

Tra tecnica di disegno e romanticismo
“La storia è connessa all’esperienza di quando vivevo a New York ed ero più giovane, e passavo sempre per la Grand Central Station. Mi ha sempre colpito l’idea delle connessioni con altre persone che sono dei perfetti sconosciuti, individui che non hanno mai visto prima. Sei da solo, ti sento solo perché New York è così grande, ma allo stesso tempo non lo sei mai davvero. È questo il cuore della storia.”
cit. John Kahrs tratto da screenweek
Solamente la Disney è in grado di narrare delle storie d’amore così piene di magia e semplicità: Due personaggi, una colonna sonora mozzafiato, nessun tipo di dialogo, un bianco e nero classico eccetto per un solo elemento a colori: il bacio di Meg sul foglio e il suo labbro.
Perché questa scelta? Semplicemente perché l’amore è l’unica via di fuga da un mondo grigio e superficiale, perché non esiste niente di più bello che provare delle emozioni; senza di queste saremmo dei semplici automi. Il bacio è l’essenza stessa dell’amore.
L’originalità della storia, che la rende ancora più autentica agli occhi dello spettatore, è che Meg e George non riescono a comprendere tutto subito, come accade nelle nostre vite, ma per Meg andare a lavoro è più importante che non restare lì con uno sconosciuto, benché senta di provare qualcosa verso di lui.
Noi siamo Meg: l’individuo immerso nel mondo e che dà peso più alla società che alle proprie emozioni.
Il destino però le vuole dare una seconda possibilità, solo per chi sa coglierla ed è George a prenderla al volo; lui con la sua follia manda all’aria l’intera sua vita per lei. La rivede al di là di un palazzo e non ha più dubbi, lui deve conoscerla. Inseriteci un pizzico di magia disneyana e il gioco è fatto.
La forza del corto sta anche nella tecnica, perché il regista e il suo team non hanno realizzato solo un ottima storia ma anche una evoluzione tecnica nel settore dell’animazione che mescola la computer grafica al classico disegno tradizionale in un modo mai avvenuto prima e che a mio avviso non è stato più ripetuto nei film successivi.
Rimango dell’opinione che il disegno a mano è ancor’oggi superiore alla computer grafica poiché rende ancora i personaggi troppo bidimensionali, senza sfumature nel volto ed eccessivamente gommosi, cosa che in Toy Story funziona ma che negli altri film toglie quel pizzico di magia, necessario a uno spettatore che deve realmente credere alla verità narrativa.
La nuova tecnica è denominata Meander, come il software, ma come funziona?
Gli animatori della CGI vanno a creare uno scheletro del personaggio che poi viene rifinito attraverso il classico disegno a matita direttamente sopra il modellino creato dalla computer grafica. Il tutto ripetuto varie volte in modo da trovare un’unione completa tra le due forme del “passato e del presente” al fine di creare la tecnica del futuro.
Abbiamo trovato il modo di combinare perfettamente animazione 2D e 3D, e io sinceramente non avevo mai visto niente di simile prima. Questo anche perché quando sono arrivato alla Disney ero così ispirato dalla lunga storia dello studio nel campo dell’animazione, fondata per molto tempo sul disegno classico. Questo è il modo che abbiamo trovato anche per rispettare tale tradizione, per rimanervi collegati. È incredibile, ma il risultato finale di Paperman è corrisponde esattamente a ciò che avevo nella mia testa.
cit. John Kahrs
Note positive
- La nuova tecnica utilizzata
- La scelta del bianco e nero che aumenta il senso di fantasia alla storia
- Il non utilizzo dei dialoghi che in un corto animato servono a ben poco
- Una musica mozzafiato
Note negative
- Dire, forse banalmente, che è perfetto!