Queer (2024). L’incredibile performance di Daniel Craig

Recensione, trama e cast del film Queer (2024), presentato alla 81esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, per la regia di Guadagnino

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QUEER - From the left Daniel Craig and Drew Starkey - picture ® Yannis Drakoulidis - Immagine concessa da Lucky Red
QUEER – From the left Daniel Craig and Drew Starkey – picture ® Yannis Drakoulidis – Immagine concessa da Lucky Red

Trailer di “Queer”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Uscito nelle sale italiane, il 17 aprile 2025, Queer è un lungometraggio del visionario regista Luca Guadagnino, abile, con la sua sensibilità unica, nel tratteggiare sullo schermo le sfumature del desiderio oltre allle complessità dell’identità. Con il suo nono lungometraggio, il cineasta si confronta con l’iconoclastico romanzo omonimo di William S. Burroughs, in una storia che trasporta lo spettatore nella vibrante e caotica Città del Messico degli anni ’50, promettendo un’esperienza cinematografica intensa e profondamente provocatoria, capace di dividere critica e pubblico grazie alla sua audacia narrativa e stilistica.

Presentato alla 81esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, Guadagnino dirige un cast d’eccezione che include Daniel Craig e Drew Starkey. Il film si è distinto nel circuito dei premi con candidature ai Golden Globes e agli European Film Awards, un riconoscimento dal National Board e ulteriori nomination ai Critics Choice Awards e ai SAG Awards. Al box office statunitense ha registrato un incasso di 2,8 milioni di dollari nelle prime due settimane, con un debutto di 867 mila dollari nel primo weekend.

Trama di “Queer”

Nella vibrante e al contempo placida Città del Messico dei primi anni cinquanta, l’ombra inquieta di William Lee, alter ego dello scrittore maledetto William S. Burroughs, si staglia tra i tavoli fumosi dei bar. Un’esistenza notturna scandita dalla ricerca febbrile di fugaci incontri omosessuali e offuscata dal consumo di droghe e alcool. In questo ambiente marginale, Lee (incarnato da un inedito e vulnerabile Daniel Craig) trascina la sua solitudine, circondato da una cerchia ristretta di figure familiari, ma anelando a un legame che vada oltre la mera carne.

L’incontro casuale con il giovane ed enigmatico Eugene (la cui ambigua sessualità aggiunge un ulteriore strato di mistero) innesca una dinamica inedita. Tra i due uomini si instaura una frequentazione ambigua, un avvicinamento fatto di sguardi rubati e silenzi carichi di tensione, che li condurrà in un’inattesa peregrinazione alla ricerca dello Yage, una pianta dalle presunte proprietà telepatiche.

Recensione di “Queer”

“Come può un uomo che vede e sente essere altrimenti che triste?” William Burroughs se lo chiede nell’ultima annotazione del suo diario personale, poco prima di morire.

Nell’adattare il suo secondo romanzo, pubblicato quasi quarant’anni dopo essere stato completato, abbiamo cercato di rispondere a questa cupa invocazione del grande simbolo della Beat Generation. Lee ama Allerton, Allerton ama Lee, e riusciranno a incontrarsi malgrado tutti gli errori e le paure che influenzano entrambi nel loro avventuroso viaggio attraverso il Sud America, così come immaginato dalla mente di Burroughs”

Cit. Guadagnino

Il libro “Queer” di William S. Burroughs si presenta come un’opera incompiuta, e questo lascia spazio a riflessioni interessanti su cosa avrebbe potuto essere il suo sviluppo; la sfida è stata per Guadagnino quella di rimanere fedele allo spirito di Burroughs, creando un atto finale che potesse esprimere una verità profonda rispetto al testo originale. La trasposizione cinematografica si distingue per la sua profonda esplorazione della vulnerabilità e della ricerca di connessione umana. Il regista e lo sceneggiatore, consapevoli della complessità emotiva del grande scrittore, hanno scelto di portare alla luce la tenerezza che permea il suo lavoro, un aspetto spesso trascurato nella sua reputazione di autore provocatorio. Questa scelta narrativa si traduce in un film che non si limita a riflettere le tematiche burroughsiane, ma che cerca di entrare in sintonia con il pubblico su un piano più intimo. L’intento di creare un’atmosfera autentica e profonda è evidente in ogni scena, permettendo agli spettatori di immergersi nella fragilità dei personaggi e nella loro incessante ricerca di amore e connessione.

La scelta di Daniel Craig per incarnare William Lee si rivela fin da subito una decisione illuminata. Non si tratta semplicemente di affidare un ruolo a un attore di talento, ma di riconoscere in Craig una profondità interpretativa rara e preziosa. L’autore stesso sottolinea come la scoperta di un uomo “caloroso e genuino” dietro la figura dell’attore abbia gettato le basi per una collaborazione arricchente, quasi un’amicizia che traspare sullo schermo. Sin dalle prime scene, l’impegno totale di Craig per il ruolo è palpabile. La sua capacità di penetrare le sfumature del complesso personaggio di Lee è sorprendente. Non si limita a recitare, ma dona corpo e anima alla vulnerabilità e alla sincerità di Lee in maniera inaspettata. La sua performance cattura l’essenza di un uomo tormentato, permettendo allo spettatore di connettersi profondamente con le sue battaglie interiori e i suoi desideri più intimi. In questo film, Daniel Craig non è un mero esecutore, ma un vero e proprio interprete che trasforma la fragilità del suo personaggio in un elemento di forza e autenticità. La sua abilità nel portare alla luce il lato più esposto di Lee, si configura come una delle scelte più azzeccate per rendere giustizia a una storia intrinsecamente profonda. Daniel Craig dsi dimostra la scelta migliore compiuta da Guadagnino per questo suo ultimo lavoro.

Per gli amanti del déjà-vu cinematografico, Guadagnino non deluderà. Ci si prepara ad un’altra immersione sensoriale, dove i primi piani sui dettagli tattili si susseguono con la puntualità di un orologio svizzero. Ancora una volta, saremo invitati a spiare le dinamiche del desiderio con una lente d’ingrandimento fin troppo conosciuta, esplorando le tensioni e le passioni con una prevedibile intensità. Location da cartolina da veri luoghi vissuti, avvolgono i protagonisti in un bozzolo di estetica impeccabile ma forse un po’ stantia

Il climax della pellicola si raggiunge nel viaggio onirico dei due uomini; nel film di Luca Guadagnino, il sogno non è un semplice intermezzo narrativo o una sequenza isolata, ma un elemento fondamentale e pervasivo che si manifesta su molteplici livelli, intrecciandosi profondamente con la realtà, il desiderio e la memoria dei personaggi. La sequenza onirica agisce come un rivelatore dei desideri più intimi e delle pulsioni dei protagonisti, offrendo uno sguardo diretto al loro mondo interiore, altrimenti celato dalla coscienza vigile. La sua regia in questo caso gioca con l’uso di luci soffuse e avvolgenti, colori saturi che esaltano le emozioni, movimenti di macchina sinuosi e un montaggio che privilegia la suggestione.

In conclusione

Abbracciando la natura frammentaria e allucinatoria del romanzo di Burroughs, il regista sembra voler condurre lo spettatore in un viaggio interiore tanto perturbante quanto rivelatore.

Ci si aspetta un film che sfidi le convenzioni, che si addentri nelle pieghe più oscure dell’animo umano e che, attraverso la lente inconfondibile di Guadagnino, trasformi la prosa iconoclasta di Burroughs in un’esperienza cinematografica indimenticabile e profondamente inquietante. Il sogno febbrile di Lee e Allerton troverà sullo schermo una risonanza altrettanto potente e duratura? La regia a tratti sessualmente esplicita e provocatoria in fondo non sorprende ma mette alla prova un Daniel Craig decisamente solido e sensuale nella sua fragilità e dipendenza. Guadagnino regala la sua miglior pellicola? Decisamente no però regala i cliché che meglio gli vengono cioè l’affannata fame d’amore e di sesso tra un uomo e un ragazzo che a tratti fondano la loro vita in una mescolanza di emozioni e corpi che spesso non trova un inizio e una fine.

Note positive

  • Estetica Sensoriale e Immersiva: Guadagnino è un maestro nel creare atmosfere che avvolgono lo spettatore attraverso immagini lussureggianti, colori saturi, dettagli tattili e un uso evocativo della luce. Questa attenzione al sensoriale rende l’esperienza cinematografica profondamente coinvolgente.
  • Esplorazione Intima delle Emozioni: La sua regia si concentra spesso sui primi piani e sulle micro-espressioni, permettendo al pubblico di connettersi in modo viscerale con i sentimenti e le psicologie complesse dei personaggi.
  • Uso Efficace della Musica: La colonna sonora, sia preesistente che originale, è integrata in modo organico nella narrazione, diventando un vero e proprio strumento per veicolare emozioni e sottolineare momenti chiave.
  • Recitazione magistrale di Daniel Craig: performance sincera, brutale e senza filtri. Craig non si limita a “interpretare” la stranezza e l’alienazione di Lee, ma sembra abitare la sua inquietudine interiore, rendendo palpabile la sua lotta con la propria identità e il suo desiderio ossessivo per Allerton.

Note negative

  • Rischio di Stilizzazione Eccessiva: l’attenzione maniacale di Guadagnino all’estetica può prevaricare la sostanza narrativa, portando a un’eccessiva stilizzazione che rischia di allontanare emotivamente lo spettatore o di rendere la narrazione meno incisiva.
  • Cliché narrativo della relazione tra un uomo adulto e un ragazzo: questo archetipo, pur presente nel romanzo originale di Burroughs, porta con sé una storia complessa e spesso problematica nel cinema, con il pericolo di scivolare in dinamiche di potere squilibrate, oggettivazione o rappresentazioni superficiali e potenzialmente dannose

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Michele Giacchetto
Michele Giacchetto

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