Luci della città (1931): «Potete vedere ora?»

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Trailer di Luci della città

Ad inizio anni ’30, quando Chaplin realizza Luci della città, il mondo del cinema è in una fase di transizione tra il muto e il sonoro (nel 1927 il primo film sonoro, Il cantante jazz), rinnovamento avvenuto tra diverse controversie. Inevitabilmente, il regista e attore statunitense, a quei tempi riconosciuto universalmente ai vertici della piramide dei cineasti di tutto il mondo dopo i successi de Il monello, La febbre dell’oro e il circo, è chiamato a prendere posizione sul dibattito: Chaplin rifiuta il sonoro. Così, City Ligths (titolo originale), conserva l’assenza di banda sonora come fino a quel momento aveva fatto Chaplin e non partecipa alla scoperta delle nuove tecnologie in un momento di cambiamento magistralmente descritto da Kelly e Donen in Singin’in the rain. Chaplin cambierà idea una manciata di anni dopo quando realizzerà un altro capolavoro, Modern Times. Luci della città è stato restaurato dalla Cineteca di Bologna nel 2009.

Luci della città
Fotogramma da Luci della città

Trama di Luci della città

Luci della città è la storia di un vagabondo squattrinato che s’innamora di una ragazza cieca sullo scenario delle city lights in cui si confrontano ricchezza e povertà, tema centrale di tutta l’Opera chapliniana. Dopo averla conosciuta sul ciglio di una strada mentre era intenta a vendere fiori, il vagabondo (Charlie Chaplin) tenta con modi tanto buffi quanto illegali di racimolare la somma adeguata per aiutare economicamente la ragazza (che lo scambia conseguentemente per ricco), non solo pagandole l’affitto di casa ma procurandole anche il quantitativo richiesto per svolgere la cura capace di ridarle la vista. Una volta uscito di prigione, il vagabondo ritrova la ragazza.

Al fianco di questo filo rosso s’innescano altre situazioni tra il comico e il tragico, in particolare la peculiare amicizia tra il vagabondo e un milionario in crisi di solitudine e in preda all’alcool. Sarà anche tramite il suo aiuto (involontario), oltre che a divertenti match di boxe (divenuti scene cult della storia del cinema), che il vagabondo troverà quanto richiesto per raggiungere i suoi obiettivi.

Recensione di Luci della città

Luci della città è un film difficile da recensire in quanto solo guardandolo se ne potrebbe comprendere la perfezione. Chaplin è un regista che, come da tradizione americana di quel lungo periodo (indicativamente 1915-1960) chiamato cinema classico, bada maggiormente alla narrazione rispetto alla forma, vuole raccontare storie come farebbe un romanziere senza concedersi più di tanto a intellettualismi registici o estetici. Così la sua regia pare asciutta, semplice, tende ad astrarsi per lasciare spazio alla sceneggiatura (sempre scritta da Chaplin) che si sviluppa davanti ai nostri occhi con naturale leggerezza e solennità, elementi che nascondono un complesso procedimento autoriale, come tutta l’estetica chapliniana. La regola di tutta la filmografia chapliniana è che la macchina deve essere al servizio dell’attore e questo film conferma la regola: macchina da presa solitamente ferma, i pochi movimenti di macchina non sono mai improvvisi, montaggio narrativo.

Il mezzo, dicevamo, al servizio del cosa: il significato fondamentale di Luci della città è il coraggio e la paura che ogni persona incontra nel momento della piena rivelazione di sé. A questo scopo si rivolge la scena finale, tra i migliori di tutta la storia del cinema e che non concede certezze sul lieto fine, la quale è terminata da un primo piano di Chaplin, scena che sigilla magistralmente un modello da venerare a tutti i futuri movie makers: nello sguardo che si scambiano i due protagonisti c’è tutta la potenza che il mezzo cinematografico è capace di dare e che lo rende unicum tra le arti.

“Nell’ultima sequenza di City Lights c’era un primo piano su di me, in cui rischiavo di strafare. La ragazza usa le dita per vedere, e capisce: “Dio mio, è lui!”. L’uomo non corrisponde per niente all’idea che la giovane si era fatta. Non stavo davvero recitando. Era come se me ne stessi in disparte a guardarla, a studiare le sue reazioni con leggero imbarazzo. È così che dopo tante riprese, troppo calcate, eccessive, è venuta fuori quella giusta. È una scena meravigliosa, proprio perché lieve”

Charlie Chaplin
Luci della città fotogramma film
Luci della città

Allo stesso tempo, andando a ritroso nel film, il rapporto tra il milionario e il vagabondo è una continua incomprensione tra il riconoscere o meno l’altro (il milionario tratta Chaplin da amico soltanto quanto è ubriaco). Sembra quasi che Chaplin in questo film volesse mostrare il sottile confine che divide il mostrarsi dal nascondersi.

Charlie Chaplin attore è per l’ennesima volta dimostrazione di maestria e naturale vocazione ad un ruolo che rimarrà nell’immaginario collettivo per decenni. L’attore – autore interpreta magistralmente il ruolo di vagabondo che cerca di sbarcare il lunario all’interno di un ambiente difficile dove risulta complicato raggiungere anche il minimo sostentamento economico, nonostante la falsa narrazione dei politici, cui fa riferimento la scena iniziale del film: durante la celebrazione di una statua in onore della pace e del benessere viene ritrovato sopra di essa il protagonista, colto nel sonno e goffamente allontanato dalle autorità. Un’altra dimostrazione di maestria del regista nel proporre un cortocircuito comico (e tragico) sul rapporto ricchezza – povertà. L’attrice protagonista, Virginia Cherrill, si dimostra all’altezza della parte, nonostante i continui litigi con Chaplin sul set e la carriera non di particolare rilevanza. La colonna sonora, anch’essa ideata dal regista insieme a Carl Davis, partecipa al ballo delle bellezze.

Note Positive

  • Prove attoriali
  • Regia
  • Trama
  • Colonna sonora

Note negative

  • /
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