The Piano Lesson (2024). Storia di famiglia tra pianoforte, litigi e fantasmi

Recensione, trama e cast del film The Piano Lesson (2024), basato sull'omonimo testo teatrale di August Wilson

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Trailer di “The Piano Lesson”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

August Wilson (1945–2005), nato a Pittsburgh e morto a Seattle, è uno dei più grandi esponenti del teatro americano, con opere che hanno lasciato un segno indelebile nella cultura nazionale, in particolare quella afroamericana. Le sue opere si distinguono per la profondità con cui esplorano le esperienze e le sfide affrontate dalla comunità nera negli Stati Uniti, spesso ispirandosi alla sua stessa eredità culturale.

Il suo apice creativo è rappresentato dal Ciclo di Pittsburgh, una serie di dieci opere teatrali ambientate prevalentemente nel quartiere afroamericano di Hill District a Pittsburgh (con un’eccezione ambientata a Chicago). Ogni opera è situata in un decennio diverso del XX secolo e contribuisce a tracciare un vivido ritratto dell’esperienza afroamericana attraverso le epoche. Questo ciclo monumentale inizia con Jitney (1982), seguito da Ma Rainey’s Black Bottom (1984), adattato da Netflix in un film acclamato con Viola Davis e Chadwick Boseman. Altri titoli includono Fences (1985), che valse a Wilson un Premio Pulitzer, Joe Turner’s Come and Gone (1986), The Piano Lesson (1987), che gli fece conquistare un altro Pulitzer, Two Trains Running (1990), Seven Guitars (1995), King Hedley II (1999), Gem of the Ocean (2003) e Radio Golf (2005), che chiude la serie.

Tra queste, The Piano Lesson è una delle opere più amate e celebrate. Debuttò al Yale Repertory Theatre di New Haven nel 1987 e venne adattata per la prima volta in un film televisivo nel 1995, diretto da Lloyd Richards con una sceneggiatura firmata dallo stesso Wilson. Questo adattamento vedeva un cast stellare, tra cui Charles S. Dutton, Alfre Woodard e Carl Gordon.

Una seconda trasposizione cinematografica è arrivata nel 2024, segnata dal debutto alla regia di lungometraggi di Malcolm Washington, figlio di Denzel Washington. Prodotto da Netflix Studios, il film vanta un cast eccezionale: Samuel L. Jackson (Pulp Fiction, Jurassic Park, The Hateful Eight), John David Washington (BlacKkKlansman, Tenet) e Ray Fisher (True Detective, Rebel Moon – Parte 1).

Il film è stato presentato in anteprima mondiale al 51° Telluride Film Festival il 31 agosto 2024. Dopo una distribuzione limitata nelle sale americane dall’8 novembre, il lungometraggio è previsto per il rilascio globale su Netflix dal 22 novembre 2024, portando il capolavoro di August Wilson a una nuova generazione di spettatori.

Trama di “The Piano Lesson”

Nella famiglia Charles si consuma un conflitto intenso che ruota attorno a un prezioso pianoforte, simbolo tangibile di eredità e identità familiare. Da un lato, c’è il fratello Boy Willie (John David Washington), tornato a casa dopo tre anni di assenza insieme all’amico Lymon. Determinato a vendere l’antico strumento, Boy Willie vede in questa scelta l’opportunità di costruire un futuro economico solido per la famiglia, acquistando un terreno agricolo e affermandosi come proprietario. Dall’altro lato, c’è sua sorella Berniece (Danielle Deadwyler), rimasta vedova dopo la tragica morte del marito e impegnata a crescere da sola la figlia Maretha (Skylar Aleece Smith). Per Berniece, quel pianoforte rappresenta l’ultimo legame con le radici familiari: racchiude la storia e l’epopea della famiglia Charles, incisa tanto nel legno quanto nella memoria. A tentare di placare le tensioni interviene lo zio Doaker (Samuel L. Jackson), un uomo saggio e misurato, che cerca di ricoprire il ruolo di mediatore. Tuttavia, neppure la sua presenza riesce a trattenere i fantasmi del passato, pronti a riaffiorare con prepotenza e a scuotere gli equilibri già fragili della famiglia.

The Piano Lesson. (L-R) John David Washington as Boy Willie, Samuel L. Jackson as Doaker Charles, Michael Potts as Wining Boy and Ray Fisher as Lymon in The Piano Lesson. Cr. David LeeNetflix © 2024
The Piano Lesson. (L-R) John David Washington as Boy Willie, Samuel L. Jackson as Doaker Charles, Michael Potts as Wining Boy and Ray Fisher as Lymon in The Piano Lesson. Cr. David LeeNetflix © 2024

Recensione di “The Piano Lesson”

Talvolta le scelte distributive adottate non mi sembrano affatto adeguate, e il caso di The Piano Lesson ne è un esempio lampante. Pur essendo una pellicola indubbiamente imperfetta, avrebbe meritato una distribuzione italiana più consona alla qualità drammaturgica e visiva di un’opera di tale livello. La fruizione su uno schermo di piccole o medie dimensioni non rappresenta il mezzo ideale per apprezzare un film che punta non solo sulla forza della sua impostazione teatrale, ma anche sull’impatto delle immagini e della musica—elementi che avrebbero avuto ben altra potenza sul grande schermo.

Trovo illogico, se non del tutto insensato, che pellicole come I soliti idioti 3 – Il ritorno o Come far litigare mamma e papà trovino spazio nelle sale cinematografiche, mentre film di ben altro spessore, come La società della neve (proiettato nei cinema italiani solo in occasione della Biennale di Venezia), Blonde (2022) o appunto The Piano Lesson, vengano relegati esclusivamente alle piattaforme streaming. Si tratta di opere che avrebbero potuto suscitare un forte interesse anche nel pubblico italiano, non solo per i temi trattati ma anche per la presenza di star di primo livello. Basti pensare che in The Piano Lesson figura un attore del calibro di Samuel L. Jackson, amatissimo e conosciuto anche dal pubblico italiano.

Per questi motivi, non condivido affatto le scelte distributive di Netflix per l’Italia. Se è comprensibile che film come Il Buco 2 trovino il loro spazio naturale nello streaming, i pochi grandi film che Netflix produce meriterebbero un’attenzione diversa a livello di distribuzione globale. La proiezione in sala di opere di tale qualità non solo le valorizzerebbe, ma offrirebbe al pubblico un’esperienza cinematografica più coinvolgente e adeguata alla loro portata artistica.

Secondo il mio modesto parere, The Piano Lesson è un piccolo gioiello cinematografico, realizzato con grande cura e impreziosito da una regia sorprendentemente matura, firmata dal cineasta esordiente Malcolm Washington. Washington dimostra una capacità narrativa visiva inattesa, utilizzando un linguaggio perfettamente congeniale alla vicenda trattata. I suoi movimenti di macchina, discreti e quasi invisibili, non conferiscono al film un’impronta teatrale da pièce, ma piuttosto si orientano verso una rappresentazione autentica e umana. Questo approccio risulta particolarmente efficace nel rappresentare le complesse connessioni familiari e i rapporti individuali che emergono tra i vari personaggi, dove ogni personaggio possiede un suo profondo spessore.

La macchina da presa, nelle scene ambientate all’interno dell’abitazione — location che occupa circa l’80% del film — rimane strettamente legata ai personaggi, catturando ogni sfumatura dei loro stati d’animo. Questo consente allo spettatore di immergersi nella potenza espressiva e nell’umanità che permea queste figure, presentate con un profondo senso di realismo e veridicità. Attraverso l’uso di inquadrature fisse e panoramiche, la regia segue i personaggi con estrema grazia, cogliendo l’essenza delle loro personalità. Questi individui emergono con forza, sia grazie a una scrittura raffinata, sia grazie a interpretazioni attoriali di altissimo livello. Ogni interprete riesce a infondere nel proprio ruolo una grande intensità emotiva, regalando personaggi autentici, le cui individualità sono ben delineate fin dai primi minuti e si rivelano pienamente nel corso della storia.

In questo senso, oltre all’eccelsa prova attoriale di Danielle Deadwyler, Ray Fisher, John David Washington e di un maestoso Samuel L. Jackson, uno degli elementi più incisivi del film è rappresentato dalla sceneggiatura. Questa spicca per la sua solidità drammaturgica e per la straordinaria cura nella scrittura dei dialoghi. Lo spettatore non viene messo subito a conoscenza di tutte le informazioni, ma le acquisisce progressivamente man mano che la storia si sviluppa. In un certo senso, ci troviamo a vivere la vicenda attraverso lo sguardo di Lymon, il giovane di buon cuore ma non particolarmente brillante, che si introduce timidamente nella famiglia. Attraverso i suoi occhi, impariamo a conoscere le sfaccettature dei vari membri e la storia del pianoforte, svelata lentamente e solo dopo circa venti minuti, durante i litigi tra Boy Willie e Berniece. Questi due fratelli, che appaiono inizialmente incapaci di sopportarsi (senza che venga fornita una spiegazione esplicita del loro rancore), incarnano un conflitto che è sia personale sia simbolico.

La pellicola, per sua natura, conserva una certa essenza da pièce teatrale, evidente soprattutto nella costruzione della location principale, la casa, che si presenta come un elemento pieno di vita, oltre ad avere una parvenza di palco teatrale. Tuttavia, non si può affermare che il film sia eccessivamente ancorato al testo drammaturgico di August Wilson. A mio avviso, sul piano della regia e della ricerca visiva, il regista realizza un’opera che si orienta verso un linguaggio prettamente cinematografico. Questo è evidente già dall’incipit del film, che si distacca dal teatro per abbracciare una messa in scena visiva e narrativa più ampia. Pur integrando alcuni elementi di impostazione teatrale dove necessario — in particolare per esplorare il rapporto turbolento e complesso tra i due fratelli protagonisti — il film si distingue per una narrazione che si sviluppa principalmente attraverso un linguaggio cinematografico. Gli sprazzi di teatralità sono rari e ben calibrati, servendo a rafforzare i momenti di maggiore intensità drammatica. Molte delle scene di apertura e di approfondimento dei personaggi si sviluppano oltre il copione teatrale, acquisendo una strutturazione cinematografica che si inserisce armoniosamente nella visione narrativa del regista. Questa impostazione riesce a far vivere i personaggi e le loro interazioni con una naturalezza tale da far apparire ogni elemento autentico, evitando la sensazione di artificiosità. Tutto ciò contribuisce a creare un’opera che, pur rispettando le sue radici teatrali, riesce a trasmettere un forte senso di realismo, sia nelle relazioni tra i personaggi sia nell’atmosfera complessiva.

All’inizio della recensione ho affermato che The Piano Lesson non è un’opera perfetta, e questo è particolarmente evidente nel finale, che mi ha lasciato perplesso. Non si tratta di una questione legata alla componente visiva, quanto piuttosto alla scrittura, dove le interazioni tra i personaggi e i loro archi evolutivi nel terzo atto avrebbero meritato un approfondimento maggiore. Invece, la narrazione si conclude con una svolta verso una storia di fantasmi dal sapore quasi horror (seppure priva di momenti di reale paura), che viene affrontata con eccessiva rapidità.

Una volta superato questo segmento, il finale risulta affrettato, riducendo in parte la forza drammatica dell’opera, con uno snodamento dei nodi principali poco consistente (ora non so però come è svolto nella testo teatrale da cui è tratta questa narrazione, comunqe riguardo al finalesi sarebbe potuto fare di più, specialmente nello sviluppo di personaggi come Boy Willie o Lymon, che alla fine non trovano un ruolo realmente incisivo all’interno della vicenda. La conclusione non è pienamente definita e lascia un senso di insoddisfazione, un retrogusto amaro che deriva dalla percezione di un potenziale inespresso.

The Piano Lesson. Danielle Deadwyler as Berniece in The Piano Lesson. Cr. Courtesy of Netflix
The Piano Lesson. Danielle Deadwyler as Berniece in The Piano Lesson. Cr. Courtesy of Netflix

In conclusione

The Piano Lesson è un’opera che, pur con qualche imperfezione, si distingue per la profondità emotiva e l’intensa interpretazione del cast. La regia di Malcolm Washington dimostra una sorprendente maturità, capace di trasmettere autenticità e potenza visiva. Nonostante un finale affrettato, il film lascia un impatto significativo grazie alla qualità drammaturgica e alla cura nella rappresentazione delle dinamiche familiari.

Note positive

  • Regia matura di Malcolm Washington.
  • Interpretazioni intense, in particolare di Samuel L. Jackson e Danielle Deadwyler.
  • Scrittura dei dialoghi coinvolgente e realistica.
  • Uso delle immagini e della musica per amplificare l’impatto emotivo.
  • Rappresentazione realistica delle connessioni familiari.

Note negative

  • Finale affrettato e poco approfondito.
  • Sviluppo incompleto degli archi narrativi di alcuni personaggi.
Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna Sonora e Sonoro
Interpretazione
Emozioni
SUMMARY
4.2
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.