Three… Extremes (2004): la crudeltà firmata Fruit Chan, Park Chan-wook e Takashi Miike

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Trailer in inglese del film Three… Extremes

Trama di Three… Extremes

Dumplings

Una donna, la signora Li, sposata ormai da diversi anni, si sente trascurata dal marito. Guardandosi allo specchio nota che la giovinezza sta lasciando spazio all’inesorabile invecchiamento. Farebbe qualsiasi cosa per riportare il suo fisico alla bellezza di un tempo, a quando era un’attrice famosa. Contatta dunque la zia Mei che, grazie ad una dieta a base di feti abortiti, le assicura che ritroverà lo splendore perduto.

Cut

Un regista è messo sotto scacco da un folle torturatore il quale si rivela la comparsa di alcuni film della vittima. Egli rinfaccia al noto artista la sua vita ricca e agiata. E che è facile essere buoni quando si ha tutto. Così, per renderlo protagonista di un’azione malvagia, lo ricatta: deve uccidere la bambina presente nella stessa stanza o sua moglie, seduta e legata al pianoforte, gradualmente verrà mutilata.

Box

Una giovane scrittrice, Kyoko, rivive attraverso un ricorrente sogno la sua triste storia da bambina, quando lavorava in un circo insieme alla sorella gemella Shoko. Il proprietario del circo, Higata, nonché loro tutore, ha una predilezione per Shoko, provocando così la gelosia della sorella. Durante una prova per uno spettacolo, Kyoko chiude con il lucchetto la sorella dentro una scatola. Higata se ne accorge e cerca di salvare la bambina, ma Kyoko accidentalmente fa cadere una lucerna che incendia la scatola e il tendone. Ma tutto non è come sembra.

Recensione di Three… Extremes

Presentato alla 61ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nella sezione Mezzanotte, Three… Extremes si serve di una regia collettiva incentrata su tre episodi raccapriccianti dove l’estremità è data dalla crudezza delle trame. Il film è il seguito di Three girato anch’esso da tre registi (Ji-woon Kim, Nonzee Nimibutr e Peter Chan), uscito nel 2002, in cui gli episodi che intessono la pellicola, Memories, The Wheel e Going Home, virano sempre sulla tematica orrorifica.

Three… Extremes è strutturato in tre storie, rispettivamente dirette da Fruit Chan, Park Chan-wook e Takashi Miike. Il primo di questi è famoso per il lungometraggio Made in Hong Kong (1997); il secondo è il fautore della trilogia della vendetta, composta da Mr. Vendetta (2002), Old Boy (2003), Lady Vendetta (2005); Miike, infine, si è messo in mostra con un mediometraggio terrificante, Sulle tracce del terrore (2006, XIII episodio della prima stagione di Masters of Horror), e con l’opera cinematografica 13 assassini (2010), remake dell’omonimo film del 1963 diretto da Eiichi Kudo.

Chan porta in scena una pellicola dai gusti rivoltanti e dall’argomento scabroso nonché sconcertante ma significativo. La giovinezza a qualunque costo riassume perfettamente questa storia dai contorni macabri. Per l’amore di non invecchiare e risultare sempre piacente agli occhi del marito, la signora Li è disposta a tutto, anche a mangiare i resti degli aborti. Il titolo di questo apprezzabile episodio è Dumplings. Una versione più estesa, di 90 minuti, viene presentata alla 55ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino nella sezione Panorama. Quella che invece viene inserita nel film collettivo Three… Extremes è più concisa, della durata di un mediometraggio.

Il regista di Old Boy irrompe invece con Cut, maneggiando il suo argomento prediletto, il tema della vendetta. Park Chan-wook dirige questo secondo racconto provando a suscitare tensione e angoscia ma stavolta non raggiunge l’efficacia rappresentativa, inducendo peraltro noia. Il dialogo tra il torturatore e il regista, che prova a salvare la moglie dalle brutalità dello squilibrato, risulta infatti per niente avvincente, perdendosi in lungaggini e occupando gran parte del tempo scenico.

La terza e ultima storia, intitolata Box, diretta da Miike, è caratterizzata da un montaggio confusionario, da cui viene fuori un quadro rabberciato. La sceneggiatura desta interesse ma l’aspetto tecnico si perde in eccessivi virtuosismi, rendendo la comprensione filmica poco intelligibile. Ciò che il pubblico vede infatti è un intero incubo che racconta un omicidio. Solo il finale svela la verità difficilmente afferrabile.

Il punto forte di Three… Extremes è la regia di tutti e tre i mediometraggi che si mostra abile tecnicamente e un po’ meno invece nel coinvolgere lo spettatore. L’episodio meno riuscito è Cut, segnato da uno script poco entusiasmante. Mentre il migliore è Dumplings il quale riesce ad esprimere il concetto di horror in maniera superiore rispetto agli altri due.

Tre storie particolari, tre eventi estremi, tre registi asiatici che raccontano, giocando molto con il montaggio e le inquadrature, l’horror secondo i loro canoni. A dominare le scene è infatti l’aspetto tecnico: cambi d’immagini repentine, riprese che enfatizzano la suspense, suoni e musica sempre all’erta che assumono un ruolo cruciale nel crescendo della tensione. Delle tre pellicole la più meritevole è quella di Fruit Chan, Dumplings. Una storia raccapricciante che non si preoccupa dello stomaco dello spettatore, anzi, la volontà è proprio quella di disgustarlo. In questo episodio la regia evidenzia gli elementi più macabri concentrandosi sui dettagli come la bocca che trangugia il cibo, esaltando una bramosia originata dal pensiero degli effetti benefici. Oppure, si sofferma sul taglio del coltello che batte violentemente sulla carne frantumando ossicini, in maniera tale da fare immaginare tutto quello che si cela dietro le pietanze. In effetti la cucina della zia Mei non è una cucina dai sapori normali, bensì, il suo scopo è quello di restituire la giovinezza ai clienti attraverso l’ingerimento di feti. L’obiettivo della cinepresa di Chan è quello di sottolineare la riluttanza che scaturisce dal persistente senso di avversione contro il desiderio impellente di tornare giovani. Quest’ultimo è talmente forte che vince la ripugnanza sia fisica che morale.

La pellicola di Park Chan-wook, Cut, invece è quella che presenta più lacune dal punto di vista dello script. Se da un lato suoni e inquadrature sono apprezzabili, lo stesso non si può dire della sceneggiatura, dai dialoghi tedianti e monotona. La narrazione infatti avrebbe meritato uno sviluppo più dinamico e un’enfasi maggiore sulla componente horror-splatter.

Il terzo soggetto, trasposto cinematograficamente da Takashi Miike, intitolato Box, risulta il secondo episodio più interessante. L’aspetto tecnico domina anche qui la scena, cedendo il passo a un montaggio criptico che confonde eccessivamente l’intreccio. La sceneggiatura appare intrigante e la regia si focalizza sul senso di colpa e sulla tragedia che la protagonista vive. In realtà, la sventura che segna l’esistenza di Kyoko e che Miike ci mostra incessantemente, pure con ampollosità, è solo un incubo che pervade la giovane donna fino al risveglio, quando l’ultima scena ci mostra la sorella siamese legata a lei fin dalla nascita.

Note positive

  • Aspetto tecnico
  • La prima storia del regista F. Chan, Dumplings

Note negative

  • Il secondo mediometraggio di Park Chan-wook, Cut
  • Il montaggio dell’episodio Box
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