Yuku e il fiore dell’Himalaya (2022). Canta e suona, così tutto si risolve

Recensione, trama e cast del film d'animazione francese belga "Yuku e il fiore dell'Himalaya", una pellicola del 2022 per bambini.

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Trailer di “Yuku e il fiore dell’Himalaya”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Presentato al Locarno Film Festival e all’Annecy International Animation Film Festival, Yuku e il fiore dell’Himalaya è un lungometraggio d’animazione musicale francese, diretto da Arnaud Demuynck e Rémi Durin, e distribuito nei cinema italiani dalla Trent Film, una casa di distribuzione sempre attenta a proporre al pubblico italiano film marcatamente autoriali e di nicchia, pensati per un tipo di spettatore ben definito.

Trama di “Yuku e il fiore dell’Himalaya”

In un castello vivono la piccola topolina Yuku, la sua mamma, la nonna e numerosi fratellini. Yuku ha due grandi passioni: suonare l’ukulele, uno strumento tramandato da generazioni nella sua famiglia, e ascoltare le storie della nonna. Ogni giorno, Yuku e i suoi fratellini si recano nella grande biblioteca del castello per ascoltare i racconti contenuti nei grandi tomi, letti per l’occasione dalla loro nonna. Neppure la minaccia del grosso gatto che vive nella biblioteca riesce a fermare i piccoli topolini. Tuttavia, una sera le cose vanno diversamente: il gatto attacca la famiglia di topi, e nonostante gli sforzi di Yuku per fermarlo, sua nonna rimane gravemente ferita e non le resta molto tempo da vivere.

L’anziana topolina racconta ai nipoti che la sua ora è giunta, e che la talpa cieca (simbolo della morte) verrà presto a prenderla, conducendola nell’oscurità del sottosuolo, dove si ricongiungerà con i suoi antenati. Yuku, sapendo che sua nonna ha paura del buio, decide, con il sostegno dei fratellini, di partire per l’Himalaya alla ricerca di un fiore misterioso. Secondo una leggenda, questo fiore può guarire qualsiasi cosa e sprigionare una luce eterna, permettendo così alla nonna di compiere l’ultimo viaggio con una lanterna in mano, senza dover affrontare l’oscurità. Armata del suo ukulele e guidata da una profezia ricevuta in sogno, Yuku intraprende un lungo viaggio, incontrando vari animali: un corvo arcigno, un vecchio topo di fogna, uno scoiattolo smemorato, una volpe poetessa e un terribile lupo malvagio.

La volpe in Yuku e il fiore dell'Himalaya
La volpe in Yuku e il fiore dell’Himalaya

Recensione di “titolo”

Arnaud Demuynck, scrittore di libri per bambini e creatore di kamishibai, un teatro per immagini, è anche sceneggiatore, regista e produttore di film per un pubblico giovanile. Nella sua carriera ha realizzato diversi cortometraggi animati in cui la musica svolge un ruolo centrale nello sviluppo drammaturgico, dando vita a opere giocose e musicali come L’odore delle carote e Dame Saisons. Rémi Durin, invece, è un esperto di animazione, diplomato all’Atelier de cinéma d’animation de l’ENSAV La Cambre e co-fondatore di L’Enclume, una casa di produzione nata nel 2007 a Bruxelles. Lo studio d’animazione si occupa della realizzazione di cortometraggi, pubblicità, lungometraggi, video musicali e serie televisive animate. Dopo aver iniziato a insegnare alla Scuola di computer grafica Albert Jacquard di Namur, Durin ha diretto il commovente e drammatico De si près (2009) e, successivamente, L’unicorno (2016), tratto dal libro per bambini di Martine Bourre, e Il grande lupo e il piccolo lupo (2018), adattamento del libro di Nadine Brun-Cosme e Olivier Tallec. La sua produzione mostra una particolare attenzione per i film destinati ai bambini, sia nei temi che nelle atmosfere visive e drammaturgiche.

Dall’unione di questi due artisti, che avevano già collaborato per il corto L’odore delle carote del 2016, non poteva che nascere Yuku e il fiore dell’Himalaya, un lungometraggio di appena un’ora e cinque minuti, pensato per un pubblico di bambini. Il film si muove tra elementi giocosi, indovinelli e canzoni solari e ritmiche, supportato da un’animazione marcatamente colorata, per affrontare tematiche complesse, prima fra tutte la morte. La morte è narrata sia in relazione alla figura della nonna sia attraverso il personaggio del vecchio ratto di fogna, che vive con la costante paura che la morte venga a prenderlo. Questa paura di morire è una sensazione che molti di noi, bambini e adulti, conoscono, temendo quel momento finale della vita, segnato da un gigantesco punto di domanda, dove ogni certezza sul futuro svanisce di fronte a domande senza risposta.

Yuku e il fiore dell’Himalaya affronta dunque tematiche importanti, prime tra tutte la morte, raccontata attraverso una trama fiabesca dalle caratteristiche avventurose: una topolina armata di ukulele si avventura in una terra sconosciuta per raggiungere la cima dell’Himalaya e raccogliere un fiore magico per la sua nonna. Durante il viaggio, come in tutte le storie d’avventura, l’eroina si scontra con numerose difficoltà e incontra nemici (il gatto della cucina, il corvo, gli umani, il lupo) e amici (il ratto di fogna, lo scoiattolo, il coniglio, la volpe) che diventano suoi fedeli alleati, aiutandola ad attraversare il bosco, sfuggire ai nemici e raggiungere la sua destinazione, preannunciata in un sogno premonitore.

A livello di struttura drammaturgica, la storia è piuttosto semplice, seguendo uno schema ripetitivo tipico del genere fiabesco d’avventura, con l’obiettivo di mettere al centro alcune tematiche importanti, comunicate agli spettatori, grandi e piccoli, attraverso l’elemento musicale. Yuku cammina verso luoghi sconosciuti, incontra un personaggio con problematiche personali o dilemmi interiori, e cerca di aiutarlo cantandogli una canzone appositamente composta per lui, al fine di superare il suo blocco emotivo o i suoi dilemmi introspettivi. In cambio, il personaggio aiuta a sua volta Yuku, accompagnandola per un tratto del suo viaggio. L’intera pellicola è strutturata in questo modo, attraverso questa struttura narrativa ripetitiva con l’unica eccezione del corvo, un nemico con cui Yuku non riesce mai a interagire attraverso la musica, venendo sempre salvata da questa entità crudele alata dal coniglio. Il film segue dunque una struttura drammaturgica costante, che serve per affrontare le tematiche legate ai personaggi che Yuku incontra.

Attraverso il suo ukulele magico, Yuku aiuta il ratto di fogna, il “Guardiano della soglia”, un personaggio malinconico afflitto dalla paura della morte; il coniglio, che deve lottare ogni giorno contro le frecce degli umani che vogliono ucciderlo e cucinarlo, affetto da balbuzie, un problemino che alla fine scompare grazie al ritmo musicale rap della canzone di Yuku; lo scoiattolo, irrequieto e agitato perché ha dimenticato dove ha nascosto la sua scorta di nocciole, che impara a rilassarsi e a ricordare il luogo perduto grazie a una canzone dal sapore swing. La volpe poetessa, che non riesce a trovare le sue rime e che riceve l’aiuto musicale di Yuku, che le permette di completare la sua poesia. Infine, c’è l’oscuro lupo, vittima delle apparenze: la storia vuole che il lupo sia sempre cattivo, e a causa di questa reputazione è costretto a svolgere il ruolo di spaventatore di gente, ma in realtà desidera mettere su famiglia e vivere pacificamente con gli altri. Il lupo canta con Yuku una canzone dal ritmo boogie-woogie, ma, come con il gatto all’inizio del film, la canzone non ha l’efficacia desiderata, e il lupo rimane un pericolo per Yuku, che deve fuggire dalle sue grinfie, per raggiungere la sua missione finale.

Gli autori hanno scelto consapevolmente un vocabolario ricco, come avevano già fatto per ”Le Parfum de la Carotte”, per solleticare le conoscenze linguistiche degli spettatori più giovani e per deliziare anche la fantasia degli adulti. Dal divertente ska al commovente blues (cantato in originale dal rocker Arno), dal rap pazzesco allo swing degno di Re Louis – il riferimento dell’autore a “Il libro della giungla”, da una ballata filosofica (cantata in originale con Agnès Jaoui) a un boogiewoogie accompagnato in dalla voce profonda di Tom Novembre, il film invita gli spettatori a cantare e a ballare sulla poltrona. Con questo musical gli autori offrono agli spettatori immagini, suoni ed emozioni che sperano di vedere impressi nella loro memoria come facevano i film d’animazione della sua infanzia.

All’interno di questo film, concepito in modo semplice e infantile per un pubblico di bambini, si trova un’animazione vivace e colorata, che riesce a essere efficace nonostante la sua semplicità. I personaggi, sebbene poco approfonditi e dettagliati, sono progettati per essere immediatamente riconoscibili e facili da disegnare. In contrasto, l’ambiente, pur rimanendo spesso sullo sfondo, è rappresentato con grande attenzione e cura dei dettagli. Questo aspetto è ulteriormente valorizzato da un comparto sonoro pregevole, che, pur giocando con musiche dolci e nostalgiche, oscilla tra il fiabesco e il naturalistico, contribuendo a farci sentire immersi in quell’ambiente naturale, in modo autentico e vivido, dando la sensazione di essere all’interno della foresta. La canzoncine sono molto simpatiche ma alla lunga appaiono veramente poco iconiche e piuttosto poco orecchiabili, non rimanendo impresse nella mente dello spettatore adulto e giovane.

È un gioco d’ipotesi, ovviamente. Ma al di là dell’enigma e del gioco, a conferirgli il suo fascino c’è anche la sua formulazione contorta. Lo sguardo giocoso, bizzarro, sibillino della questione è già una sorta di caccia al tesoro, con le sue trappole, che offre deviazioni linguistiche per meglio perdere chi vuole indovinare. Sebbene la risposta sia spesso “semplice”, la formulazione dell’indovinello non lo è. Una sorta di momento “aah” avviene quando si trova la soluzione, la “chiave” dell’enigma. L’ambiguità dell’indovinello è probabilmente più affascinante della risposta. Nelle culture orientali, alcuni saggi insegnano attraverso questi modi incomprensibili a generare una ricerca che è più accattivante della soluzione stessa. L’espressione bizzarra deve trovare la sua strada, essere assimilata, rimaneggiata lentamente, finché non se ne viene a capo. – Arnaud Demuynck (dal pressbook del film)

Nel corso della pellicola vengono presentati diversi enigmi, come “Più sono alta, meno la gente mi vede”, “Ti sembra lontano, ma ti è vicino”, “Ero già ieri e sarò ancora domani. Chi sono?”, “Non sai dove sei quando sei lì”, e “Quando smetti di camminare non puoi vedere nulla, ma se hai il coraggio di andare avanti, la strada si apre davanti a te…”. Questi enigmi, disseminati lungo tutto il film e caratterizzati da formulazioni linguistiche diverse, sono in realtà espressioni diverse dello stesso concetto: la felicità non è altrove, non va cercata in un’avventura lontana, ma è già davanti ai nostri occhi e dentro il nostro cuore. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è già in noi.

Il secondo indovinello posto alla volpe, risuona nella sua canzone: “Ero già ieri e sarò ancora domani. Chi sono?” La risposta è sempre “davanti ai nostri occhi”, come la notte, come la nebbia, “vicino a te”, come il fiore. È infatti più vicino a noi, poiché è “oggi”! E se le risposte a queste quattro domande fossero sempre le stesse? Un richiamo al presente, a vedere la felicità che è qui e ora, il “Carpe diem” della canzone della volpe che ritorna alla fine del film, cantata da Yuku, e poi in coro da tutte le sue sorelline, quando le loro la nonna le lascia. Ecco perché si volta, sin dalle prime parole di Yuku, e sorride: perché sente che hanno recepito il “messaggio”, che lo porteranno con loro, e così il racconto potrà ricominciare.  – Arnaud Demuynck (dal pressbook del film)

Il corvo in Yuku e il fiore dell'Himalaya
Il corvo in Yuku e il fiore dell’Himalaya

In conclusione

“Yuku e il fiore dell’Himalaya” si distingue come un film d’animazione che affronta con sensibilità e fantasia tematiche complesse come la morte e la paura. Attraverso un’avventura fiabesca e una narrazione che incorpora elementi musicali e enigmi, il film offre un viaggio d’avventura riflessivo, invitando bambini e adulti a esplorare le proprie paure e a scoprire che la felicità e le risposte che cerchiamo sono già dentro di noi. L’animazione vivace e il comparto sonoro, sebbene non privi di difetti, contribuiscono a creare un’esperienza immersiva che stimola sia l’immaginazione che la riflessione.

Note positive

  • Il film presenta un’animazione che, sebbene semplice, è ricca di colori e dettagli che attraggono il pubblico giovane, creando un ambiente naturale vivace e coinvolgente.
  • Gli enigmi e le canzoni servono come strumenti per stimolare la riflessione sui concetti di felicità e autorealizzazione, invitando il pubblico a guardare dentro di sé per trovare risposte e significati.

Note negative

  • La trama, sebbene adatta al pubblico giovane, risulta piuttosto prevedibile e ripetitiva, seguendo schemi narrativi comuni senza molte variazioni o sorprese.
  • Le canzoni, pur essendo simpatiche e ben integrate nella trama, mancano di una melodia memorabile, risultando poco orecchiabili e facilmente dimenticabili.
  • Alcune sequenze possono risultare prolisse, rallentando il ritmo del film e talvolta diminuendo l’engagement del pubblico.
Review Overview
Regia
Animazione
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazione
Emozioni
SUMMARY
3.6
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.

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