40 secondi (2025). Poco tempo, tanti dettagli

Recensione, trama e cast di 40 secondi (2025): Il film sulla storia di Willy Monteiro Duarte presentato in concorso alla ventesima Festa del Cinema di Roma

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40 secondi (2025) – Immagine ricevuta a uso editoriale dalla Festa del cinema di Roma 2025 - Credit. Eagle Pictures
40 secondi (2025) – Immagine ricevuta a uso editoriale dalla Festa del cinema di Roma 2025 – Credit. Eagle Pictures

Trailer di “40 secondi”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Nelle sale italiane da mercoledì 19 novembre 2025 e presentato in concorso alla ventesima edizione della Festa del Cinema di Roma, “40 secondi” è ispirato all’omonimo libro di Federica Angeli e ripercorre la vera storia di Willy Monteiro Duarte: un ragazzo italiano di origine capoverdiana vittima di omicidio a seguito di un pestaggio, alla cui memoria è stata conferita la medaglia d’oro al valore civile.

Il cast, insignito nella Capitale del Premio Speciale della Giuria, vede l’esordiente Justin De Vivo nel ruolo del protagonista. Al suo fianco, Francesco Gheghi, Francesco Di Leva, Enrico Borello, Beatrice Puccilli, Giordano Giansanti e Luca Petrini danno il volto ai personaggi di una storia passata alla cronaca nel settembre 2020.

Dopo “Il corpo” (2024), l’attore e regista Vincenzo Alfieri torna dietro la macchina da presa per il suo quinto lungometraggio, per il quale ha lavorato anche come co-sceneggiatore al fianco di Giuseppe Stasi.

“Questa storia parla soprattutto di ragazzi qualunque. Non è una storia criminale, ma di dolore. Una storia di persone come tutti noi.”

Il regista, Vincenzo Alfieri

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Trama di “40 secondi”

Willy Monteiro Duarte (Justin De Vivo) è un ragazzo capoverdiano di soli ventuno anni, brutalmente aggredito e ucciso a mani nude, in un intervallo di tempo di appena 40 secondi, nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 a Colleferro, in provincia di Roma. Il film ricostruisce le ventiquattro ore che precedono il tragico evento, intrecciando le storia della vittima con quella dei suoi spietati aguzzini.

Recensione di “40 secondi”

Alla ventesima Festa del Cinema di Roma, Paolo Virzì raccontava di cinque secondi, sufficienti al personaggio di Valerio Mastandrea per trascurare il proprio ruolo di padre.

Parallelamente, anche Vincenzo Alfieri, a cui di secondi ne occorrono appena quaranta, sviluppa la trama nell’intorno di una frazione di tempo quasi impercettibile. Un battito di ciglia che, tuttavia, il regista salernitano dilata ed espande, svincolandosi dai limiti del cinema d’inchiesta e approfondendo la banalità del male attraverso la quotidianità dei suoi protagonisti.

Il film si sviluppa al seguito di un montaggio funzionale e ben ritmato, articolando una narrazione non lineare che, con chiarezza e meticolosità, ricostruisce le ventiquattro ore precedenti l’omicidio di Willy, nonché quelle azioni quotidiane, più o meno casuali, che convergono in un finale potente e audace.

Nel contesto di una periferia romana tetra e credibile, gli attori agiscono con rispettoso equilibrio, dando respiro a una sceneggiatura ricca di dialoghi, a tratti largamente esplicativa, ma mai scontata o laboriosa. Gli ottimi Francesco Gheghi ed Enrico Borrello vestono i panni di due caratteri complementari: entrambi al servizio della criminalità e desiderosi di apparire, l’uno più goffo e l’altro solo più abile a nasconderlo. La prima metà del film, però, ruota attorno ai gemelli Bianchi, resi con inquietante efficacia da Giordano Giansanti e Luca Petrini, su cui vertono gli sguardi e le attenzioni di tutti i personaggi in scena. A prenderne le distanze, come se vivesse in un mondo proprio, è lo stesso Willy Monteiro Duarte, trasposto con mestiere dall’esordiente Justin De Vivo. L’approfondimento sul protagonista emerge oculatamente solo nell’epilogo, che lo mostra come un ragazzo qualunque, verso cui è persino scontato immedesimarsi. Willy emerge così nella sua routine più comune e inconsapevole di ragazzo con delle ambizioni e dei valori, le cui scelte lo portano a trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

La scrittura si carica di uno sguardo ucronico su un’epoca a noi piuttosto vicina e su un fatto di cronaca tristemente noto. Eliminando riferimenti alla pandemia, privando i personaggi dell’utilizzo di mascherine o gel disinfettanti, la storia di Willy si emancipa da un periodo storico sin troppo riconoscibile, risultando un’immagine moderna, trasversale e adattabile a più generazioni, su cui riflettere e soprattutto interrogarsi.

Non altrettanto convincente, invece, l’idea di ridisegnare il futuro del giovane protagonista, nell’ottica in cui questo non gli fosse stato brutalmente strappato. Il tono che traspare è quello di fiaba ottimistica forzatamente edulcorata, che distoglie l’attenzione da un finale crudo e reale.

L’epilogo, infatti, non lascia spazio a interpretazioni, scegliendo saggiamente di non tagliare i quaranta secondi che ritroviamo come monito nel titolo del film. Quel brutale pestaggio, sino ad ora descritto solo tramite i microfoni dei tribunali, è cinematograficamente raccontato per mezzo di un piano sequenza chiaro e incisivo, ripreso freneticamente da una macchina a mano che, per la prima volta, fa capolino tra i personaggi.

Se, nella visione di Alfieri, 40 secondi sono sufficienti per provocare la morte di un ragazzo, 120 minuti possono servire ad allacciare la quotidianità di vittima e aguzzini, testimoni e complici, amici e rivali. La trama, anche se indubbiamente complessa, non è un vuoto esercizio di stile per arrivare al climax, ma un racconto di maschilismo, di possessione in ambito relazionale, di razzismo, di privilegi: una critica alle nuove generazione che attacca altresì le figure educative perché assenti e, per certi versi, persino dannose.

In conclusione

“40 secondi” è un film molto ben strutturato. L’ottimo montaggio rende la narrazione non lineare perfettamente comprensibile, impreziosendo un racconto che allaccia molteplici punti di vista prima di arrivare al climax. Il cast coniuga attori esordienti a personalità più esperte e la regia, per lo più non invasiva, si mostra in un momento importante e decisivo. La potenza narrativa dell’epilogo si pone in contraddizione con il taglio ucronico della trama, che include un what-if non così necessario.

Note positive

  • Il montaggio e la narrazione non lineare
  • Il cast
  • La regia
  • Il climax
  • I temi affrontati

Note negative

  • Il taglio ucronico
  • La sceneggiatura che, a lunghi tratti, potrebbe apparire eccessivamente verbosa

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Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Emozione
Interpretazione
SUMMARY
3.4
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Matteo Tartarini
Matteo Tartarini

Laureato al DAMS ed appassionato della settima arte dal giorno zero!
Ho deciso di rischiare tutto per rincorrere il sogno di vivere scrivendo di cinema.
Non temo nulla! Cerco di essere in prima fila anche per i film peggiori, sicuro di trarne qualche insegnamento.