Accattone (1961): l’opera che compromise Pasolini

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Accattone (1961) locandina film

Accattone

Titolo originale: Accattone

Anno: 1961

Nazione: Italia

Genere: drammatico

Casa di produzione: Cino del Duca

Distribuzione italiana: Cino del Duca

Durata: 116 min

Regia: Pier Paolo Pasolini

Sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini (con la collaborazione di Sergio Citti)

Fotografia: Tonino Delli Colli

Musiche: Johann Sebastian Bach

Montaggio: Nino Baragli

Attori: Franco Citti, Franca Pasut, Silvana Corsini, Paola Guidi, Adriana Asti, Mario Cipriani, Polidor, Sergio Citti, Elsa Morante, Alberto Scaringella, Adele Cambria, Amerigo Bevilacqua, Umberto Bevilacqua, Renato Capogna, Silvio Citti, Emanuele Di Bari, Alfredo Leggi, Enrico Fioravanti, Luciano Gonini, Nino Russo, Edgardo Siroli, Renato Terra, Galeazzo Riccardi, Giuseppe Ristagno, Roberto Giovannoni, Franco Bevilacqua, Sergio Fioravanti, Mario Castiglione, Dino Frondi, Tommaso Nuovo, Massimo Cacciafeste, Francesco Orazi, Mario Guerani, Stefano D’Arrigo, Carlo Sardoni, Danilo Alleva, Leonardo Muraglia, Adriano Mazzelli, Giovanni Orgitano, Piero Morgia, Franco Marucci, Adriana Moneta

Trailer di Accattone

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia Accattone è l’opera prima del genio Pier Paolo Pasolini. Simbolo di controversie e della censura cinematografica, che dalla legge del 25 giugno del 1913 limitava il linguaggio artistico dei maestri del cinema, irrompe violentemente sul grande schermo, mostrando la dura realtà della periferia romana. Lo scenario assume le vesti di attore principale colpendo, per le inumane condizioni di vita in cui versano i personaggi, un pubblico in disarmo di fronte all’evoluzione cinematografica, che di lì a poco, il regista bolognese avrebbe apportato. Pasolini ottenne riconoscimento al Festival Internazionale del cinema di Karlovy Vary, in Francia, ma solo dopo critiche feroci subite in un’Italia non disposta ad allargare i propri orizzonti verso un’incontestabile verità. Primo film vietato ai minori di 18 anni per il forte squallore, che sinotticamente racchiudeva la fotografia della pellicola; ritirato due volte dalle sale cinematografiche; oggetto di controversia civile tra l’allora avvocato e politico democristiano Salvatore Pagliuca e Pasolini (accusato di aver appellato un criminale con lo stesso nome del politico); Accattone scava nella coscienza di una borghesia confinata nella Roma bene, in un’epoca in cui la differenza di ceto, sibilante, determinava l’esistenza di un proletariato dallo spirito disumanizzato.

Trama di Accattone

Accattone (Franco Citti) è un giovane svogliato, senza alcuna intenzione di lavorare onestamente, privo di ambizioni e proiezioni future; passa le proprie giornate a bivaccare e oziare, con i suoi compari. In uno scenario triste e degradato, fotografato scrupolosamente da Tonino delli Colli, sulle musiche di Johann Sebastian Bach, vediamo scorrere le vuote giornate di un uomo il cui unico guadagno proviene dallo sfruttamento della sua compagna, costretta a prostituirsi per far fronte alle spese e ai vizi del suo uomo. Anaffettivo e svuotato della dignità che rende l’uomo tale, il protagonista è l’espressione più a fondo ricercata, della totale assenza di valori e principi, scaturenti l’avvicinamento alla stereotipizzazione più comune della cultura sociale.

Franco Citti (Accattone)
Franco Citti (Accattone)

Recensione di Accattone

Nel suo lavoro, lontano dalle distopiche esaltazioni di cui in seguito ne è stato uno dei principali autori (Salò e le 120 giornate di Sodoma del 1975), Pasolini descrive fedelmente gli ambienti della borgata romana del secondo dopoguerra andando a evidenziare con realisticità assoluta l’ampio divario che si interpone tra le classi sociali, denunciando apertamente la ghettizzazione di coloro alla cui sorte la dea bendata non ha sorriso. Per rendere quanto mai tangibile il suo operato, il maestro seleziona come personaggi attori dilettanti o non addetti ai lavori, poco avvezzi alle regole del set, dotandoli di uno stretto dialetto romanesco. Lo stesso Franco Citti, fratello di Sergio Citti (colui che con Pasolini collabora alla stesura della sceneggiatura), in Accattone è al suo debutto nel mondo del cinema. Un’idea quella del regista che si appresta a concepire con autenticità unica il girato, non discostando l’attenzione da elementi di forte risalto ambientale o da una raffinata selezione del comparto musicale. Gli argomenti trattati nel film, si oppongono palesemente alla concezione cinematografica dell’epoca, sfidando apertamente l’affilata lama della censura. Prostituzione e accattonaggio contestano lo schema bigotto di un’Italia democraticamente cristiana, le ripetute polemiche del protagonista verso i “padroni” lasciano emergere lo sfruttamento a cui i ceti meno agiati sono sottoposti. “Vivere per lavorare”, è uno dei concetti più attuali di fronte a cui si viene posti, andando a manifestare un interesse delle istituzioni di fornire al proletariato lo stretto necessario per garantirne l’esistenza in qualità di forza lavoro. Un quadro drammatico, magistralmente idealizzato nella forma più basilare della semplicità, non essendo meno momenti di eccessiva drammaticità teatrale, una teatralità a tratti grottesca ed esagitata. Ciononostante, già dagli albori della sua carriera, il regista ci insegna ad analizzare il suo operato in maniera quasi chirurgica, fornendo spunti di interesse particolareggiati da attimi di vita vissuta, qualunquismo e luoghi comuni. Accattone, il giovanotto senza arte ne parte, nelle sue critiche spesso superficiali, può essere inquadrato in quei personaggi identificativi di una categoria di individui, di un pensiero o di una caratterizzazione comune conferita dai più. L’opera pasoliniana ci pone però di fronte ad una sottile poesia nell’espressione di Vittorio Cataldi, detto Accattone, il quale si pone come un’irrazionale ribelle all’ordine superiore delle cose, nonostante la limitatezza dei mezzi e l’immoralità delle sue azioni. Accattone da personaggio negativo qual è, diviene al contempo una forma di modernità nel contesto in cui vive, maturando in sé i più elementari ma efficaci quesiti, fonte di nuove vedute ma causa di duri conflitti con “chi” fino a quel momento è stato. Il protagonista diviene, incoscientemente, attore silente di una lotta di classe, poco coerente dotato delle poche armi a sua disposizione è l’essenza della condizione proletaria, dei pensieri e del flebile sentimento di rivolta verso i potenti. Contemporaneamente diviene maestro meschino della strada, dispensa gli insegnamenti e gli atti più barbari che le persone, in condizioni quanto mai avverse, tramandano alle future generazioni residenti ai margini della società.

La suggestiva abitazione di Accattone
La suggestiva abitazione di Accattone

“Questo mondo di «rumore e furore» o, se si vuole, di «rabbia», non può possedere una lingua, ma solo le parole del rumore e del furore o della rabbia. Ma ha un aspetto, una apparenza, un discorso di gesti, di facce, di atteggiamenti, di stereotipie, di costumi, di magliette, di motociclette, di baracche e casupole, di fontanelle, di spiazzi, di polvere, di prati stenti; e il grigio del fango, della miseria, della malattia; e insieme una sua energia vitale, anarchica e desolata, non mai spenta nella destituzione, nell’uso strumentale del corpo; irrazionale e pura, a volte esplosiva. Questi aspetti sono evidenti all’occhio di chi guarda, sono l’espressione completa e diretta delle cose nel loro vivere e essere reali, nel loro pericolante crepuscolo, assai più delle parole, delle imprecazioni, del ragionamento, del dialogo. In questo senso si potrebbe forse sostenere che Pasolini abbia trovato nel film Accattone, ancor meglio che nei libri, la forma propria di quel mondo, che è più di cose e atti che di immagini verbali.”

Carlo Levi

Così l’autore del più celebre Cristo si è fermato a Eboli (1945), descrive il lavoro del regista, un insieme di azioni volte alla rappresentazione di una realtà che non poteva essere meglio descritta. Il protagonista è lontano dall’assimilare accezioni positive, senza interesse alcuno a forzarne un miglioramento, al fine di non snaturarne le caratteristiche di fronte ai terribili scenari. L’obbiettivo è raccontare gli eventi con quasi il desiderio di tenere nascosta la cinepresa, documentare in maniera ordinata la vita di uno degli ultimi; e gli espedienti, la fame, la miseria, la sporcizia, i luoghi, la disperazione, la rassegnazione e l’accettazione di un destino privo di sfumature; tutti elementi che concorrono alla parte di protagonista con l’attore romano. Il lungometraggio sembrerebbe quindi funzionare in maniera autonoma, ma tale spontaneità non è altro che la più reale manifestazione del genio di Pasolini; lasciar scorrere la trama guidandone timidamente gli avvenimenti, pone il regista come l’esponente che ha saputo offrire la più nitida raffigurazione di un contesto lontano dagli appariscenti e ricchi salotti.

In conclusione

La pellicola in bianco e nero dall’antico sentore, è una delle forme d’arte più veritiere della rappresentazione del disagio sociale. Innovativo nella selezione attoriale, sofisticato in alcuni e ben mirati punti, è la provocazione più accesa offerta al panorama cinematografico dell’epoca. Per tali elementi si presta a essere opera premonitrice rivolta a chi maturerà un senso critico sordo a qualunque influenza di carattere politico e religioso. La precocità con cui Pasolini partorisce Accattone, merita di per sé la visione, ciò non toglie che l’analisi con le diverse chiavi di lettura, oggi a nostra disposizione, apre le porte a un universo in cui la pellicola diviene tassello del linguaggio cinematografico odierno.

Note positive

  • Veritiero ed emotivamente impattante
  • Fotografia
  • Musiche
  • Sceneggiatura

Note negative

  • /
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