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Allelujah – Un ospedale in rivolta
Titolo originale: Allelujah
Anno: 2022
Nazione: Regno Unito
Genere: drammatico, commedia
Casa di produzione: Pathé, Ingenious, BBC Films, DJ Films, Redstart Productions
Distribuzione italiana: Unicorn
Durata: 99 minuti
Regia: Richard Eyre
Sceneggiatura: Heidi Thomas
Fotografia: Ben Smithard
Montaggio: John Wilson
Musiche: George Fenton
Attori: Jennifer Saunders, David Bradley, Judi Dench, Russell Tovey, Derek Jacobi, Bally Gill
Trailer di “Allelujah – Un ospedale in rivolta”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Allelujah – Un ospedale in rivolta è la concretizzazione cinematografica della piéce teatrale di Alan Bennett. Si tratta di una storia ben congeniata che pone l’accento su una tematica che fa paura: la vecchiaia. Il film esplora le difficoltà che possono presentarsi in un reparto geriatrico, andando ad analizzare le emozioni dei pazienti e del personale.
Il cast è ricco di grandi attori, ad esempio, ne fanno parte Judi Dench, David Bradley, Derek Jacobi. Alla regia c’è Richard Eyre, noto regista teatrale inglese che inserisce la sua esperienza nel contesto.
Il film, presentato al Toronto International Film Festival e al BFI di Londra nel 2022, trova finalmente una distribuzione italiana grazie a Unicorn, casa di distribuzione e produzione che propone il film nelle sale dal 21 agosto 2025.
Trama di “Allelujah – Un ospedale in rivolta”
Il Bethlehem hospital, ospedale geriatrico conosciuto anche con il diminutivo di Beth, rischia di chiudere, perciò lo staff fa di tutto per farlo rimanere aperto. Viene invitata una troupe televisiva per far conoscere la storia del reparto e i pazienti che si trovano all’interno.
Recensione di “Allelujah – Un ospedale in rivolta”
Allelujah – Un ospedale in rivolta conduce lo spettatore verso un argomento molto ostico: la vecchiaia. Quando si parla di vecchiaia non si parla semplicemente della paura di invecchiare, ma di come si invecchia, della paura di ammalarsi, di deteriorare lo stato di salute, di vedere le cose cambiare. Ciò che vivono i pazienti al Beth riguarda proprio questo, perché come viene spiegato da ognuno di loro durante le riprese del servizio televisivo, ci sono delle gioie giovanili ma anche dei rimpianti; quando ci si ritrova da soli o in compagnia in un istituto, non si può fare altro che riflettere sulle scelte passate e sulla desolante situazione corrente. Il film però non vuole suscitare pietà, Richard Eyre, infatti, è bravo nel girare scene pronte a valorizzare ogni paziente e ogni membro dello staff, senza cadere nel tranello del melenso. Il set-up è ben definito da subito: ci sono dei problemi, ma non si fa vittimismo, si cerca di superarli con coraggio e determinazione. Utilizzando lo stratagemma delle riprese televisive nel film, vengono introdotti bene i personaggi, ma non solo, perché viene valorizzata anche la figura del dottor Valentine, il quale, tra voce fuori campo e rottura della quarta parete, ha un ruolo fondamentale nel raccontare ciò che è il Beth. Si denota da subito il bel rapporto che si crea fra pazienti e infermieri.
Il film, anche se può risultare ridondante perché torna spesso sui soliti problemi che esistono in quel settore, in realtà è brillantemente e appositamente ideato per illustrare le vite delle persone coinvolte: per raccontare la routine degli anziani pazienti è necessario sviluppare la trama attorno alle abitudini che si ripetono, alle situazioni imbarazzanti che vivono lì, oppure attorno ai malanni. Così come è necessario tornare sulle stesse dinamiche che riguardano gli infermieri per raccontare i loro sacrifici. Tutto ciò è altresì necessario per far immedesimare lo spettatore nelle vicende mostrate. Nonostante ciò, il film ha anche la forza di crescere e diventare qualcosa di molto filosofico; tra le diverse proposte in questo senso, sicuramente ciò che salta all’occhio dello spettatore è il concetto di “nota a margine”. Per una volta, le note a margine sono valorizzate, ma non solo a parole, anche con i fatti, perché come si vedrà nel corso della storia, le note a margine possono indirizzare un finale verso la giusta direzione. Allelujah – Un ospedale in rivolta ci convince del fatto che tutto è importante, anche i dettagli che sembrano superflui, perché a volte possono fare la differenza.
Il cast è il fiore all’occhiello di questo film: inutile citare i diversi volti noti presenti, ma bisogna comunque farlo per mostrare la ricchezza presente. Tra tutti spicca il nome di David Bradley, il quale interpreta nuovamente un personaggio burbero e con poche apparenti emozioni (come nella saga di Harry Potter o in After Life), ma attaccato ai ricordi e legato alle poche cose che gli rimangono. Judi Dench, che interpreta Mary, può sembrare poco presente, ma non bisogna commettere lo sbaglio di non notare la perfezione della scrittura del suo personaggio. Perché proprio come le note a margine citate poco fa, lei è un personaggio chiave dell’ospedale.
Parlando di scrittura, la sceneggiatura è un elemento esaustivo. Come anticipato, la storia potrebbe risultare ridondante, nonostante tutto, risulta anche scorrevole, vivace e simpatica, alterna i toni verso una conclusione decisa. Inoltre, non si rinuncia ad analizzare e descrivere i diversi personaggi in scena, si cerca (giustamente) di valorizzare ogni paziente, mantenendo vivo l’interesse anche per le sottotrame.
Allelujah – Un ospedale in rivolta è un film sorprendente, perché non si interessa del bieco vittimismo, preferisce approfondire dei temi sociali, inserendo diversi spunti di riflessione che colpiscono il cuore dello spettatore.
In conclusione
Allelujah – Un ospedale in rivolta analizza una situazione tipica di un reparto geriatrico, approfondendo le sensazioni dei pazienti ed analizzando ogni loro storia. Il risultato è un film ridondante per un occhio poco allenato, ma in realtà è un film deciso, adatto a chi sa pazientare.
Note positive
- Cast
- Trama
- Sceneggiatura
Note negative
- Temi che possono risultare ridondanti per un tipo specifico di pubblico
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Colonna sonora e sonoro |
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