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Armand
Titolo originale: Armand
Anno: 2024
Nazione: Norvegia
Genere: Drammatico
Casa di produzione: Eye Eye Pictures
Distribuzione italiana: Movies Inspired
Durata: 1h 56 min
Regia: Halfdan Ullmann Tøndel
Sceneggiatura: Halfdan Ullmann Tøndel
Fotografia: Pål Ulvik Rokseth, FNF
Montaggio: Robert Krantz
Musiche: Ella van der Woude
Attori: Renate Reinsve, Ellen Dorrit Petersen, Øystein Røger, Vera Veljovic-Jovanovic, Patrice Demonière
Trailer di “Armand”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Il giovane regista norvegese Halfdan Ullmann Tøndel fa il suo esordio dietro la macchina da presa con un film presentato nella sezione Un Certain Regard e vincitore della Caméra d’or al 77° Festival di Cannes, nonché selezionato dall’Academy tra i quindici titoli internazionali in corsa per la prossima edizione dei premi Oscar.
Nelle sale italiane dal 1° gennaio 2025 sotto la direzione di Movies Inspired, “Armand” conta tra i suoi interpreti l’ex modella Renate Reinsve, punto di riferimento per il cinema nordeuropeo che, in seguito al ruolo ne “La persona peggiore del mondo” di Joachim Trier, si è ritagliata una posizione in definitiva ascesa tra i ranghi dell’industria americana.
Il nuovo titolo targato Eye Eye Pictures, casa a cui fanno capo figure ed opere di spicco della nuova corrente artistica norvegese, segna, come detto, il debutto cinematografico di Halfdan U. Tøndel, cineasta classe 1990 nipote dell’attrice Liv Ullman e del regista Ingmar Bergman.
Trama di “Armand”
Poco prima dell’inizio delle vacanze scolastiche, i genitori di Armand (Renate Reinsve) e Jon (Ellen Dorrit Petersen e Endre Hellestveit) vengono convocati dalla dirigenza in seguito a un “fatto” avvenuto tra di loro. Nessuno però sembra in grado di spiegare cosa sia realmente accaduto. Si è trattato di un gioco innocente tra due bambini di sei anni o di qualcosa di molto più serio? Le versioni dei due compagni non coincidono, le opinioni si contrappongono e le certezze degli adulti iniziano a vacillare.

Recensione di “Armand”
Trama circoscritta entro quattro mura o poco più, personaggi che si contano sulle dita di una mano e motore della vicenda assente dalla scena. Eppure di film come “Armand”, all’apparenza di poca attrattiva che si fondano su una sceneggiatura solida e sull’escalation emotiva dei propri protagonisti, ne abbiamo apprezzato qualche esempio anche in epoca piuttosto recente. In questo senso Tøndel non è da meno: il neoregista nipote d’arte esordisce con un lungometraggio capace di emanciparsi dall’illustre tradizione familiare e conferire un grande valore artistico a elementi che, in interpretazioni più sbrigative, potrebbero sembrare degli ingenui limiti strutturali.
Per la buona riuscita di una pellicola di tale conformazione, statica nella forma ma altrettanto dinamica sul piano dei contenuti, la macchina da presa non può che lasciare ampia libertà alle interpretazioni di un cast selezionato con grande accuratezza, tra le cui fila si apprezzano solo attori di livello e star divenute celebri anche su scala internazionale. Sulla performance di Renate Reinsve si soffermano quindi gli sguardi giudicanti di pubblico e critica, i quali possono ritenersi soddisfatti anche al netto di qualche tocco che a primo impatto potrebbe sembrare eccessivo o sopra le righe.
Nella nuova poetica di Tøndel riecheggiano gli stilemi del Kammerspiel tedesco dei primi anni ’20, rievocato dall’animo intimo e ristretto delle ambientazioni, o ancora dalle sinuosità dei movimenti di macchina, quest’ultima che appare sempre aggrappata ai personaggi per scorgerne dettagli e percepirne informazioni in principio sconosciute allo spettatore. Con l’intenzione di concedere il giusto approfondimento a un tipo di cinema stilisticamente confacente alla più stazionaria rappresentazione teatrale, l’insolita e trascendente scenografia scolastica, fortemente desiderata dal regista norvegese, assume una posizione di primaria rilevanza e amplifica le condizioni dei personaggi in scena. In questo contesto, banchi vuoti e aule grigie racchiudono le discussioni in un clima di assoluta claustrofobia, stemperato solo dagli intermezzi delimitati in corridoi di ampio respiro, ma spogliati dalla spensieratezza degli studenti che li vivono abitualmente.
Gli stessi bambini e più specificatamente un episodio lontano dall’essere archiviato come una semplice ragazzata, accendono il motore della narrazione e con grande rapidità si eclissano in virtù di una trama dai mille sottotesti, che affronta con decisione aspetti cardine della società contemporanea e denuncia i tabù che gravano sull’educazione infantile. In un’atmosfera così complessa e multiforme, “Armand” prescinde dalla consueta classificazione dei generi per assaporare la dimensione dell’onirico e arrivando persino a raffigurare tratti riconducibili all’horror psicologico. Le certezze del pubblico vengono messe in discussione nell’istante in cui un passaggio rompe la naturale evoluzione degli eventi rendendo il prosieguo della narrazione quanto più imprevedibile e singolare.
Se la sua prima opera da regista prende apertamente le distanze dall’influenza dei suoi ascendenti più rinomati, Halfdan Ullmann Tøndel non nasconde la sua ammirazione verso cineasti del passato analogamente facoltosi come Krzysztof Kieślowski, David Lynch o, in misura ancor maggiore, il Luis Buñuel de “Il fascino discreto della borghesia” o de “L’angelo sterminatore”, di cui si reclama lo spiccato tono satirico e surreale rischiando, tuttavia, che gli non sia riconosciuta la giusta rilevanza.
Arginando abilmente ogni possibilità di cadere in una sorta di contraddizione con le proprie idee pregresse, “Armand” intende farsi portatore di un importante messaggio sociale e indagare sulla sottile linea di confine che separa termini tra loro opposti. Con l’idea di giungere a una conclusione e di coinvolgere lo spettatore sulla base delle reazioni di quest’ultimo alle sequenze di maggior richiamo, Tøndel non si fa scoraggiare dai limiti dell’opera prima e rompe la tradizionale grammatica cinematografica non nascondendo la spiccata vena artistica ottenuta per diritto ereditario.

In conclusione
“Armand” è un esordio di grande valore da parte di un regista nipote d’arte capace di svincolarsi dalla propria tradizione familiare e di realizzare un film moderno che prende la giusta ispirazione dal cinema del passato. In virtù di un cast in ottima forma e di una sceneggiatura estremamente solida e bilanciata, l’essere circoscritto ad una sola location non risulta un limite, bensì un’ulteriore occasione da cui trarre un insegnamento.
Note positive
- Regia
- Sceneggiatura
- Cast
- Opera prima particolarmente ispirata
Note negative
- In alcuni tratti, la forma supera la sostanza
Regia |
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Fotografia |
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Sceneggiatura |
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Colonna sonora e sonoro |
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Emozione |
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Interpretazione |
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SUMMARY
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3.4
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