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Cherry Juice
Titolo originale: Cherry Juice
Anno: 2023
Nazione: Bosnia-Erzegovina
Genere: Drammatico
Casa di produzione: Non specificata
Distribuzione italiana: Lo Scrittoio
Durata: 90 minuti
Regia: Mersiha Husagic
Sceneggiatura: Mersiha Husagic
Fotografia: Oliver Nimz
Montaggio: Mersiha Husagic
Musiche: Casper Clemens, Martin Gerth, Markus Maria Hübner, Heinz Rink
Attori: Mersiha Husagic, Niklas Löffler, Malte Arnold, Morena Bartel, Horst Beelitz, Jimmy Bontatibus, Mario Condric, Aline de Oliveira, Dzenata Dizdarevic, Biljana Dugandzic, Fadil Dzip, Hurmeta Husagic, Adis Marevac, Amer Orman, Lejla Salkic
Trailer di “Cherry Juice”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Cherry Juice segna l’esordio alla regia dell’attrice bosniaca Mersiha Husagic, qui anche in veste di sceneggiatrice. Nata nel 1989 in Bosnia-Erzegovina, quando il paese faceva ancora parte della Jugoslavia, la Husagic è stata costretta a fuggire ad Amburgo con la sua famiglia nel settembre del 1992, a causa della guerra e delle persecuzioni politiche contro il padre.
Ad Amburgo ha iniziato a frequentare una scuola di recitazione, intraprendendo poi una carriera nel cinema e nella televisione, in particolare in svariate serie poliziesche come SOKO München. Nel 2015 ha deciso di passare dietro la macchina da presa, iscrivendosi alla Hochschule für bildende Künste Hamburg (HfBK) e cimentandosi nella realizzazione di diversi cortometraggi e di un documentario. Si è laureata nel 2020 con il suo lungometraggio Cherry Juice, le cui riprese e il montaggio si sono conclusi nel luglio del 2023.
La pellicola ha avuto la sua prima mondiale in Bosnia-Erzegovina il 13 agosto 2023, all’interno del Sarajevo Film Festival, ed è stata successivamente presentata in Italia alla 35ª edizione del Trieste Film Festival, il 26 gennaio 2024, presso il Politeama Rossetti. Il 18 luglio 2024 è stata proiettata all’Edera Film Festival di Treviso, mentre il 20 febbraio 2025 arriva nelle sale italiane grazie alla piccola casa di distribuzione Lo Scrittoio.
Trama di “Cherry Juice”
Selma (Mersiha Husagic), sceneggiatrice e barista bosniaca di Sarajevo, ha trasformato la sua esperienza di rifugiata in Germania, dopo la fuga dalla guerra nell’ex Jugoslavia, in una sceneggiatura che sta per diventare un film. Tuttavia, quattro settimane prima dell’inizio delle riprese, il progetto viene improvvisamente cancellato, lasciandola in preda a un profondo smarrimento.
Nel frattempo, in Germania, l’attore protagonista, Niklas (Niklas Löffler), si prepara con dedizione al suo ruolo: un uomo omosessuale, nel quale cerca di immedesimarsi completamente. Ignaro della cancellazione del film, non essendo stato informato da nessuno, Niklas, il giorno di Capodanno, prende un volo per Sarajevo. Solo dopo aver parlato con Selma al telefono, una volta atterrato, scopre che il progetto è stato definitivamente accantonato.
Deciso a non tornare subito indietro, Niklas sceglie di trascorrere il Capodanno in Bosnia. Si reca così nel bar in cui lavora Selma, con l’intento di passare l’ultima notte dell’anno in compagnia di quella ragazza che gli appare tanto enigmatica. Tra bevute e marijuana, i due, provenienti da mondi apparentemente lontani, iniziano a vagare per la capitale bosniaca, condividendo pensieri, scontri e momenti di crescente vicinanza. Quella notte si rivelerà destinata a segnarli profondamente, costringendoli a confrontarsi con se stessi e con le ombre del proprio passato.

Recensione di “Cherry Juice”
Buona la prima per Mersiha Husagic, oserei scrivere. L’opera prima della cineasta bosniaca appare sorprendentemente matura e solida dal punto di vista visivo-narrativo, con trovate autoriali capaci di costruire una drammaturgia che combina elementi del cinema romantico con un approccio marcatamente intimistico e minimalista inerente al tragico. Il film esplora un sentimento profondamente umano e drammatico, legato alle cicatrici lasciate nell’anima di chi ha vissuto sulla propria pelle l’orrore della guerra dei balcani: un conflitto che ha massacrato uomini, donne e famiglie, strappando brutalmente alla vita amici, padri, madri e figli.
Questa riflessione sulla condizione umana viene raccontata, attraverso il personaggio di Selma, con una delicatezza e una raffinatezza visiva e drammaturgica sorprendenti. La regista, che ha vissuto in prima persona questi dolori, evita di affrontare il tema in modo semplicistico o di esporlo in maniera cruda e diretta. Al contrario, sceglie saggiamente un approccio laterale e intimistico, che le consente di trattare l’argomento in modo originale e con una profonda sensibilità verso chi ha sofferto le conseguenze della guerra civile del 1991-1995. Un conflitto che ha tinto le strade di sangue, segnando il destino della regione e portando alla dissoluzione della Jugoslavia in nome dell’indipendenza della Bosnia, della Serbia e della Croazia.
“Cherry Juice” è dunque una pellicola che, nonostante la sua aura romantica, racconta le cicatrici lasciate dalla guerra, ferite invisibili e visibili destinate a non rimarginarsi mai del tutto, nel bene e nel male. La città di Sarajevo diventa una delle protagoniste di questa narrazione, grazie a una sceneggiatura e a una fotografia che pone l’attenzione anche sulle ferite ancora evidenti della capitale bosniaca: una città che guarda al futuro, ma che porta con sé segni indelebili di un passato tragico, un passato fatto di morte e sangue che non deve essere dimenticato dalle generazioni future, affinché ciò che è accaduto non si ripeta mai più.
Il film, parlandoci anche di memoria, ci mostra dunque le rose di Sarajevo, elementi distintivi della capitale bosniaca che fungono da memoria tangibile dell’assedio di Sarajevo (1992-1996). Le rose di Sarajevo non sono altro che i crateri provocati dalle esplosioni dei proiettili di mortaio sulle strade della città, successivamente riempiti con resina rossa per commemorare le vittime civili di quegli attacchi. Queste “rose” segnano i punti in cui le esplosioni hanno causato la morte di almeno tre persone e rappresentano un memoriale diffuso, visibile in diversi angoli della città. La pellicola, però, non si concentra solo sul racconto di una Bosnia ancorata al passato, ma guarda anche all’attualità, descrivendo con attenzione e, talvolta, con toni umoristici e comici, il presente della città. Un luogo dove si possono trovare cartelli con la scritta “Attenti a ladri e borseggiatori”, segno di una società ancora in cerca di una propria identità e di una stabilità economica e sociale.
Se le rose di Sarajevo rappresentano cicatrici “positive”, seppur tragiche, poiché pongono l’attenzione su un evento che non deve essere dimenticato (anche se i politici sembrano farlo, come sottolinea il film stesso), le cicatrici interiori, invece, appaiono come qualcosa di profondamente “negativo”. Queste ferite dell’anima emergono attraverso il personaggio di Selma, una giovane donna che non riesce a superare il dolore del passato, un tormento che le annienta l’anima e le impedisce di guardare al futuro e al presente con speranza. Selma è intrappolata in un circolo vizioso di sofferenza, che la riporta costantemente al dramma della guerra e alla tragedia familiare che ha vissuto. Un dolore che il film ci svela lentamente, senza mai risultare didascalico, donando spessore e complessità alla protagonista, di questa donna che cammina con una pistola in tasca, un oggetto che diventa simbolo sia della sua ricerca di sicurezza interiore sia di un desiderio di vendetta contro il cecchino responsabile di aver sterminato molte vite senza mai pagarne le conseguenze. È una giovane donna segnata dal passato, incapace di lasciarsi alle spalle gli anni della guerra, imprigionata in un dolore che non riesce a superare. Azzeccato risulta il non aver scelto di tratteggiare il passato della protagonista in maniera classica, raccontandoci il suo background tramite un gioco metacinematografico e un uso costante d’immagini di archivio incentrato al 1992.
Cosa lascia la guerra dietro di sé? E come si affronta ciò che rimane? Queste domande mi perseguitano a causa della mia esperienza personale con la guerra in Bosnia: ricordo i suoni delle bombe, i miei genitori che vivono nella paura, i soldati nel nostro appartamento che cercano mio padre. Quando ho chiesto a mia madre cosa avesse lasciato la guerra dietro di sé mi ha risposto “un’anima vuota”. Non ho mai dimenticato questa frase. Ma la nostra famiglia è stata fortunata a sopravvivere, molte non lo sono state altrettanto. Le guerre in corso nel mondo, dove alcuni rifugiati sono più fortunati di altri, mi riporta alle mie esperienze di bambina e come regista voglio confrontarmi con queste domande universali, esplorando l’animo umano in un mondo dove bellezza e guerra si intrecciano. La sfida più grande è stata raccontare questa storia complessa con un budget contenuto. È stato necessario scendere a compromessi e un aspetto chiave, il passato traumatico della protagonista, non è stato possibile raccontarlo in maniera classica. Dal momento che Selma pensa alla sceneggiatura in base alle singole scene che vediamo e sentiamo raccontate dalla sua voce fuoricampo, mi è sembrato giusto mostrare quelle scene come uno storyboard. Queste illustrazioni sono ispirate alla mia terra natale e ai ricordi della fuga.
Cit. Mersiha Husagic
Se Selma appare come un personaggio profondamente pessimista e rassegnato alla propria esistenza, Niklas è il suo esatto opposto: un giovane uomo che affronta la vita con estrema speranza, senza lasciarsi abbattere dalle difficoltà, trasformando ogni sfortuna in un’opportunità, sempre con un sorriso e uno sguardo fiducioso verso il futuro. Dove Selma guarda il mondo con rabbia e disperazione, Niklas interpreta ogni esperienza in chiave positiva, un’attitudine che cerca di trasmettere anche alla giovane donna durante il loro incontro. Un incontro destinato a cambiare profondamente le vite di entrambi, soprattutto quella di Selma, il cui percorso viene raccontato come una storia di formazione e trasformazione interiore.
La protagonista dovrà intraprendere un cambiamento profondo, forse necessario per riconciliarsi con il proprio passato e riuscire finalmente a osservare il mondo con uno sguardo più aperto e speranzoso. Questo è, in fondo, l’intento del film: credere nel futuro e nella vita senza mai dimenticare il sangue versato, perché la memoria è fondamentale per evitare che i conflitti si ripetano in modo ciclico. In questo senso “Cherry Juice” si fa portatore di un messaggio di amore profondo, invitando l’essere umano a scrutare il mondo attraverso le lenti dell’amore e non della paura, poiché quest’ultima non farebbe altro che perpetuare il ciclo inarrestabile della violenza.
Cara Joe. Questa è la mia ultima lettera. Sapevi che il tuo tempo era scaduto, ma non avevi paura. Hai amato la vita fino alla fine [….] Mi hai sempre detto che nella vita ci sono due modi di vivere. Per amore e per paura. La tua risposta è sempre stata l’amore, a prescindere da tutto. Se scegliamo l’amore al posto della paura, non ci può accadere nulla di male, qualunque cosa accade
Se il personaggio di Selma è assolutamente ben tratteggiato, non possiamo dire lo stesso di Niklas. Nonostante una splendida prova attoriale, Niklas appare un personaggio a tratti bidimensionale e poco esplorato nella vicenda, sebbene risulti co-protagonista. Possiamo difatti denotare le differenze di trattazione dei due personaggi, entrambi presentateci nel primo atto attraverso un montaggio alternato che mostra pezzi di vita quotidiana di Selma e Niklas, attraverso la loro routine quotidiana e attraverso la loro voce pensiero che ci trascina dentro le loro emozioni e dentro il loro mondo interiore.
Il personaggio di Selma acquista profondità grazie a questa presentazione del persoanggio, grazie alla regia e a un uso originale del montaggio e grazie a una sceneggiatura ben strutturata, elementi capaci di esplorare l’interiorità della ragazza tramite vari linguaggi cinematografici, in una pellicola che gioca con la commistione dei generi filmici. Difatti, Selma acquisisce spessore attraverso l’uso di scene di animazione, dove gli storyboard del film da lei scritto e mai realizzato prendono vita nella sua mente, attraverso l’uso del found footage relativo ai tragici eventi del 1992, con scene di distruzione e morte, attraverso scene di vita quotidiana attuale, e immagini di un modellino di una strada di Sarajevo che introduce nella drammaturgia una tensione e un’inquietudine palpabili.
L’idea del plastico in miniatura di una strada in rovina è nata quando cercavamo un modo per raccontare la guerra e il trauma nella mente della protagonista. Che aspetto ha la guerra rispetto ai servizi televisivi? Cosa attende la protagonista una volta attraversato il tunnel del suo trauma? Le illustrazioni e il plastico condensano la palude di ricordi, sogni, traumi, realtà e film all’interno del film.
Cit. Mersiha Husagic
Niklas, invece, ci viene raccontato solo nella sua quotidianità, con una sceneggiatura che non riesce a renderlo un personaggio particolarmente profondo e interessante agli occhi del pubblico. Viene caratterizzato esclusivamente per la sua positiva contagiosa e per il suo sguardo amorevole con cui interpreta ogni cosa che lo circonda. Niklas, per certi versi, svolge il ruolo dello spettatore che entra nel mondo di Selma, scoprendo i segreti della ragazza insieme a noi, ma manca di un effettivo approfondimento. Rimane quasi immutato nel corso della pellicola, non evolvendosi realmente, nonostante la scena finale, che sembra suggerire un cambiamento in lui, ma che viene trattato in modo marginale, risultando un cambiamento poco interessante alla fine dei conti. Nonostante ciò, Niklas funziona bene nell’ottica romantica del film, sebbene il romanticismo entri solo a tratti nella narrazione. Gran parte del film è girato come se fosse una storia d’innamoramento, raccontata tramite un montaggio che ci presenta la serata “romantica” dei due durante la notte di Capodanno, come nel caso dei volti sorridenti dei personaggi, volutamente rallentati, per darci la sensazione di assistere a un film sentimentale.

L’opera prima della cineasta bulgara, come già evidenziato, si dimostra alquanto autoriale e solida. La Husagic si rivela infatti abile nel giocare con i generi e con i diversi linguaggi della settima arte, passando dal dramma, al sentimentale all’ironico. Un esempio del cinema ironico – commedia si trova nella scena in cui vediamo i nostri personaggi correre in modo velocizzato: una tecnica che, pur aumentando la velocità dei frame, non risulta fastidiosa all’interno di un film caratterizzato per un montaggio talvolta calmo e con inquadrature statiche o a macchina a mano. Questo cambio di registro linguistico non appare affatto straniante rispetto al resto della pellicola, come lo è la scomparsa della voce fuori campo in alcuni passaggi del film, specialmente nel terzo atto.
La cineasta ha saputo mixare abilmente i generi, probabilmente anche grazie all’uso preponderante della musica, che funge da sfondo sonoro durante tutta la vicenda, unendo i vari spiriti della pellicola. La musica è onnipresente fin dalla primissima scena (soprattutto nelle sequenze incentrate su Selma, meno in quelli di Niklas), diventando subito un elemento fondamentale per la drammaturgia del film. Questo aspetto viene sottolineato anche dalla presenza costante delle cuffie indossate dalla protagonista, in particolare nel primo atto, con cui viene creato un gioco sonoro a inizio pellicola.
Nel corso del lungometraggio, ascoltiamo svariate canzoni, tra cui il brano degli Indexi Snijeg pade na behar… (1999), quello di Tedi Spalato e Zorica Kondža, Zar je voljeti grijeh, Bolje biti pijan nego star dei Plavi orkestar (1985), Kalašnjikov di Goran Bregović (1997), Naše doba degli Indexi, The Turning Point di Markus Hubner e The End of the World di Arthur Kent & Sylvia Dee. Queste canzoni spaziano attraverso diversi generi, immergendoci completamente nel mood filmico.
In conclusione
Cherry Juice è un’opera prima sorprendentemente matura, capace di combinare introspezione e romanticismo con una sensibilità raffinata. Mersiha Husagic racconta il dolore della guerra e il peso della memoria attraverso un linguaggio cinematografico variegato e una narrazione che alterna dramma e leggerezza. Pur con qualche limite nella caratterizzazione di alcuni personaggi, il film emoziona e invita alla riflessione, dimostrando il talento di una regista che sa parlare al cuore dello spettatore con immagini potenti e scelte stilistiche audaci.
Note positive
- Regia sofisticata e attenta ai dettagli
- Uso originale del linguaggio cinematografico
- Ottima interpretazione della protagonista
- Colonna sonora coinvolgente e ben integrata
- Equilibrio tra dramma, ironia e romanticismo
Note negative
- Niklas resta bidimensionale rispetto a Selma
Regia |
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Fotografia |
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Sceneggiatura |
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Colonna sonora e sonoro |
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Interpretazioni |
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Emozione |
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SUMMARY
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4.2
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