La classe operaia va in paradiso: Il lamento degli oppressi

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Trailer italiano di La Classe operaia va in paradiso

RECENSIONE DI LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO

“Con il mio film sono stati polemici tutti, sindacalisti, studenti di sinistra, intellettuali, dirigenti comunisti, maoisti. Ciascuno avrebbe voluto un’opera che sostenesse le proprie ragioni: invece questo è un film sulla classe operaia” 

CIT. ELIO PETRI

Quando uscì nel 1971, La classe operaia va in paradiso di Elio Petri stupì per come la condizione operaia negli anni subito successivi ai movimenti sessantottini fosse stata ritratta con una crudezza inedita nel cinema italiano fino a quel momento. Per la prima volta un film si addentrava nei meccanismi di fabbrica per mettere in luce i rapporti tra lavoratore, macchina, sindacato e nuova sinistra.

Questa analisi lucida, critica sia verso il conservatorismo dei sindacalisti che nei confronti dell’immaturità contraddittoria delle spinte rivoluzionarie della contestazione, fatte di rievocazioni marxiste e proteste di studenti, valse a Petri una Palma d’Oro ex aequo con Il caso Mattei di Rosi al Festival di Cannes, ma al contempo non lo tenne lontano da cocenti polemiche che gli accusavano di essere un simpatizzante di destra.

Controversie a parte, La classe operaia va in paradiso resta a oggi tra le più grandi narrazioni su un proletariato che tenta di sfruttare l’impatto di nuovi ideali per affrancarsi dalle prepotenze dei padroni e dai pericoli sul lavoro, splendidamente interpretato da un Gian Maria Volonté memorabile come sempre a impersonare personaggi politicamente impegnati e attuali.

TRAMA DI LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO

Il mangiare viene giù e qui c’è una macchina che schiaccia ed è pronto per l’uscita. Uguale che in una fabbrica. L’individuo è uguale alla fabbrica. Fabbrica de merda! Pensa se avesse un prezzo! Ognuno lì bello con la sua renditella sicura! Invece niente…

CIT, LUDOVICO MASSA (GIAN MARIA VOLONTE’)

Il milanese Ludovico Massa (Gian Maria Volonté), detto Lulù, è un operaio che lavora a cottimo sulla sua catena di montaggio. Disprezzato dai colleghi per il suo eccessivo servilismo, Lulù subisce gli effetti della crescente alienazione della fabbrica, e malgrado l’equilibrio emotivo instabile riesce a provvedere per il mantenimento di figli, ex moglie e amante (Mariangela Melato).

La perdita di un dito, mozzato da un rullo compressore, aprirà a Lulù gli occhi sulla sua condizione, mettendone in crisi il sistema di valori…

Gian Maria Volonté in La classe operaia va in paradiso
Una scena di La classe operaia va in paradiso

ANALISI DI LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO

La multa! Perché allora non dar la multa?! Avanti, datemi la multa! Però poi mi dovete restituire tutto quello che mi avete rubato quando facevo lo stakanovista! Dovete ricacare tutto, anche il dito!

CIT. LUDOVICO MASSA (GIAN MARIA VOLONTE’)

Ovviamente il fulcro dell’intero film è il protagonista impersonato da Volonté. A partire dalla sua vicenda, dal suo tormento, Elio Petri rende manifesti la frammentazione dispersiva del conflitto sociale e il fare predatorio con cui le varie realtà di classe si aggiravano attorno al proletariato per farne uno strumento di propaganda. Per tutto il film Lulù e spettatore vengono sballottati tra le varie forze politiche in gioco, intenzionate soprattutto a mirare al consenso di un popolo italiano perlopiù ignorante.

Grazie alla corporeità inquieta di Volonté il film offre un dettagliato resoconto del disincanto e delle privazioni del lavoratore, scandagliando il dualismo di rapporti umani costruiti attorno alla lotta di potere e a una forma moderna di schiavismo. La disperazione esistenziale del tessuto sociale del Settentrione proletario viene a galla con inaudita ferocia, andando a sintetizzarsi in un finale crudele che chiude ciclicamente il film con l’eloquente immagine dell’uomo fagocitato dalla catena di montaggio.

Al tono disilluso del film contribuiscono carrellate precise e chirurgiche, primi piani spietati e un montaggio stordente che vanno ad avvilupparsi attorno ai suoni graffianti e ossessivi delle macchine e alla stridente colonna sonora di Ennio Morricone per imprimere pathos. Ogni cosa in La classe operaia va in paradiso è studiata per riproporre la nevrosi dei “tempi moderni”.

NOTE POSITIVE

  • La lucidità del messaggio politico.
  • L’indissolubile legame tra lo spessore psicologico di Lulù e la fisicità inquieta di Gian Maria Volonté.
  • La mescolanza di immagine viscerale e sonoro stridente e ossessivo.
  • Le musiche di Ennio Morricone.

NOTE NEGATIVE

  • Nessuna di rilevante.
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