Detective Stone (1992): Quando non basta sfruttare il successo di pellicole famose

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Detective Stone

Titolo originale: Split Second

Anno: 1992

Paese: Regno UnitoStati Uniti d’America.

Genere: Azione, fantascienza.

Produzione: Challenge Film Corporation, Entertainment, Muse Productions, XYZ Funding N.V.

Distribuzione: Victor Films

Durata: 90 minuti.

Regia: Tony Maylam, Ian Sharp

Sceneggiatura: Gary Scott Thompson

Fotografia: Clive Tickner

Montaggio: Dan Rae

Musiche: Wendy Carlos, Francis Haines, Stephen W. Parsons

Attori: Rutger Hauer, Kim Cattrall, Neil Duncan, Michael J. Pollard, Alun Armstrong, Pete Postlethwaite, Ian Dury, Tony Steedman, Steven Hartley, Sara Stockbridge

Trailer di Detective Stone

Se si analizza attentamente la storia del Cinema si può notare senza troppa difficoltà come molti registi, sceneggiatori e perfino produttori abbiano cercato, spesso con pessimi risultati, di prendere spudoratamente spunto da pellicole contemporanee di enorme successo con lo scopo palese di ottenere in breve tempo un facile guadagno attraverso il minimo sforzo creativo. Senza alcuna ombra di dubbio “Alien”(1979) e “Blade Runner”(1982) diretti da Ridley Scott sono entrambi degli intoccabili capolavori della fantascienza cinematografica perché, a loro modo, rivoluzionarono completamente il modo di narrare storie fantascientifiche sul grande schermo, a tal punto da spingere una fiumana di pigri e viscidi produttori a far realizzare, letteralmente, una tonnellata di pellicole che sfruttassero a proprio vantaggio l’enorme successo al botteghino dei due inconfutabili capolavori di Ridley Scott.

Questo film fantascientifico a basso costo in particolare venne addirittura presentato alla sua uscita nelle sale cinematografiche americane come una commistione tra le due già citate famose pellicole, peccato che in questo caso si trattasse soltanto di una subdola e ridicola strategia pubblicitaria utilizzata unicamente per attirare l’attenzione dell’ingenuo pubblico dell’epoca.

Trama di Detective Stone

Il film è ambientato in un ipotetico futuro in cui il clima ha cambiato la fisionomia del nostro pianeta e la città di Londra si trova ora sotto una pioggia perenne. Nel caos sociale, un misterioso assassino implacabile ha ricominciato dopo tanto tempo a uccidere senza pietà le sue innocenti vittime. Le indagini vengono affidate al veterano della polizia Harley Stone, un detective particolare il cui partner fu proprio ucciso anni prima dal serial killer. Il detective Stone, al quale è stata nel frattempo assegnata una giovane recluta, deve trovare il responsabile di quei barbari omicidi e combattere al contempo i propri demoni personali: la sua caccia al mostro sarà ricca d’inaspettati colpi di scena.

Recensione di Detective Stone

Il soggetto di partenza si può descrivere semplicemente come un insensato agglomerato sconclusionato di tante idee confuse completamente riciclate. Nonostante la storia sia composta principalmente da un numero incalcolabile di cliché e stereotipi, l’eccessiva banalità non è affatto la problematica più grave, infatti la trama si dimostra più volte assai incapace di esporre distintamente le informazioni e di fornire nel modo corretto gli strumenti essenziali per far comprendere allo spettatore tutto ciò che sta accadendo sullo schermo. Per esempio, ogniqualvolta i due protagonisti del film cerchino di dare delle spiegazioni logiche e sensate sulla misteriosa identità del serial killer o sulle reali motivazioni che spingono quest’ultimo a comportarsi in un certo modo, si preferisce rimanere sul vago e sull’impreciso per tutta la durata, perfino nell’ultima parte dell’indagine in cui, malgrado dovrebbe essere il momento particolare dove viene rivelata la verità, non si giunge effettivamente a qualcosa di concreto. La sceneggiatura ne risente ovviamente di tutto ciò, presentandosi fin dal principio come caotica, confusa e spesso lacunosa a tal punto che, in un certo senso, la rendono a tratti più simile a un embrione di una sceneggiatura piuttosto che a una vera e propria sceneggiatura definitiva. Nonostante la sua evidente imperfezione, però, essa non incide particolarmente sul ritmo e soprattutto sulla fruibilità del film, infatti, a parte qualche sporadico momento morto in cui palesemente lo sceneggiatore non sapeva proprio letteralmente quali pesci pigliare, rimane comunque un prodotto scorrevole e in particolar modo piacevole da guardare da soli o in compagnia.

Il protagonista del film è un poliziotto con tanta esperienza sulle proprie spalle che, dopo essere stato sospeso per un periodo di tempo indefinito a causa del suo comportamento nevrotico, viene ufficialmente riammesso con lo scopo d’individuare e catturare una volta per tutte il misterioso responsabile di alcuni orribili omicidi che, dopo tanto tempo, è ritornato a mietere nuove innocenti vittime. Fin dalla sua prima apparizione sullo schermo questo personaggio si presenta come un poliziotto decisamente singolare non solo per il suo abbigliamento stravagante e nient’affatto idoneo al suo ruolo, ma anche per il suo carattere difficile dettato specialmente da un comportamento assai nervoso e paranoico che spesso lo porta di conseguenza a essere trattato dagli altri suoi colleghi e in generale dalle altre persone come un povero pazzo o addirittura un pericoloso psicopatico.

Il suo strambo comportamento è soltanto la conseguenza diretta di un terribile trauma che egli ha vissuto in prima persona sulla propria pelle, infatti qualche anno prima egli ha avuto la sfortuna di vedere il proprio collega, oltreché il suo migliore amico, ucciso brutalmente da quel misterioso killer con cui, da quel preciso istante, instaurerà una strana connessione che lo porterà a diventare ossessivo nei confronti del suo importante dovere di dargli la caccia, adottando di conseguenza il comportamento paranoico e irrequieto con cui egli si approccia al mondo esterno e si presenta al pubblico fin dalla sua prima apparizione sul grande pubblico.

Sebbene il protagonista non goda certamente di un’esemplare caratterizzazione, si rivela quantomeno convincente per quasi tutta la durata del film, grazie in particolar modo alla buona interpretazione del compianto Rutger Hauer che risulta, fin dalle prime scene, perfettamente in grado di risultare piuttosto credibile nei panni del protagonista, riuscendo autonomamente nell’ardua impresa di non renderlo affatto un’irritante e insulsa macchietta stereotipata.

Il detective Harley Stone interpretato da Rutger Hauer.

Il protagonista viene descritto come un lupo solitario, eppure, nonostante egli ribadisca ogni volta di preferire lavorare per conto proprio, a un certo punto del film è costretto suo malgrado dal suo superiore a lavorare con un novellino, un giovane poliziotto fresco di accademia e munito di occhiali da vista che, fin dal preciso istante in cui egli appare per la prima volta in scena, si presenta al pubblico come uno stereotipo vivente, il dozzinale prototipo del ragazzo intelligente e perbene che, essendo privo di alcuna reale esperienza sul campo, si ritroverà a divenire il partner del nostro protagonista che, al contrario di lui, possiede molta esperienza alle spalle a tal punto da non sopportare la presenza del giovane poliziotto anche se, con il trascorrere del tempo, instaurerà con lui un rapporto di amicizia fino a contagiarlo con il proprio comportamento alienato e irrequieto.

Per quanto il rapporto tra i due personaggi sia uno dei pochi aspetti accettabili di questa pellicola, poiché caratterizzato da una credibile, seppur superficiale, evoluzione dal momento che esso progredisce gradualmente in parallelo al proseguimento della trama e quindi dell’indagine, esso ricalca perfettamente le più tipiche e abusate caratteristiche che contraddistinguono i rapporti che spesso si instaurano tra i due protagonisti all’interno dei più comuni “buddy movies”.

Al fianco del detective Stone c’è il giovane Dick Durkin interpretato da Neil Duncan.

Un personaggio secondario che si dimostra inutile, oltre che stereotipato, è sicuramente l’attraente Michelle, ossia l’ex-moglie del defunto migliore amico del nostro protagonista che a un certo punto, dopo che il misterioso serial killer ha tentato di ucciderla per ben due volte, si ritroverà suo malgrado involontariamente coinvolta nella serrata caccia all’uomo a cui i due protagonisti stanno partecipando. Si tratta di un personaggio che, nonostante il suo abbigliamento poco femminile e il suo carattere indipendente e coraggioso, ricopre in verità il ruolo della povera ragazza indifesa da proteggere e da salvare nel momento in cui nell’ultimo atto ella verrà catturata inaspettatamente dal mostruoso serial killer, costringendo i due protagonisti a trasformarsi negli eroi di turno per affrettarsi nel sottrarla il prima possibile dalla morte dato che la vita di Michelle è in serio pericolo dal momento stesso in cui ella è caduta senza intenzione nelle mani del misterioso antagonista. Ci troviamo di fronte a un personaggio femminile stereotipato e inutile la cui presenza sarebbe giustamente incomprensibile, se non fosse che lo sceneggiatore l’ha palesemente creata con l’intenzione di giustificare la presenza nella pellicola di almeno una scena in cui lo spettatore medio di sesso maschile può assistere gratuitamente alla visione di una ragazza completamente nuda sotto la doccia.

Gli altri personaggi secondari sono anch’essi stereotipati, ma soprattutto si rivelano per nulla memorabili o interessanti fin dalla loro prima apparizione poiché tutti privi di un’effettiva caratterizzazione che li renda come minimo dei personaggi secondari con una esigua parvenza di tridimensionalità.

Il personaggio di Michelle interpretato da Kim Cattrall.

Il serial killer è l’antagonista della storia il quale, malgrado egli non si faccia mai vedere se non di sfuggita fino all’ultimo atto, riesce comunque a trasmettere allo spettatore in molte scene una costante e sensazione di pericolo che giunge il suo preciso culmine nel momento in cui la sua misteriosa identità viene finalmente svelata, per modo di dire, dai due poliziotti protagonisti. Il fatto che il serial killer non sia una creatura terrestre dovrebbe essere teoricamente uno dei colpi di scena di questa pellicola, peccato che lo spettatore, in particolare quello che ha tenuto il cervello acceso fino a quel momento, avesse già intuito autonomamente la vera natura bestiale del soggetto a cui i due protagonisti stanno dando la caccia, grazie soprattutto ad alcune determinate preziose informazioni e diversi indizi interessanti che entrambi poliziotti hanno raccolto o ricevuto da fonti esterne durante la loro tormentata indagine.

In generale tutti i colpi di scena che riguardano il serial killer non funzionano, poiché quest’ultimo è la vittima per eccellenza della terribile vaghezza che caratterizza l’intera storia, infatti verso la seconda metà del film vengono fornite delle spiegazioni talmente vaghe e approssimative che si fatica seriamente a capire chi sia egli realmente e quale sia il suo preciso scopo. Inoltre questo “alieno” dovrebbe essere teoricamente frutto dell’inquinamento provocato dall’essere umano, il quale da molti decenni sta avvelenando senza sosta l’intero pianeta, soltanto che nella pellicola non c’è alcun cenno o riferimento a questa specifica tematica, portando il film a rivelarsi sprovvisto di un misero stralcio di banale critica ambientalista assai in voga in quel periodo storico. Una delle conseguenze che derivano da ciò è sicuramente la mancata correlazione logica tra il contesto e la vicenda narrata, nel senso che l’ambientazione in cui si svolge l’intera vicenda non ha alcuna connessione con la storia, a tal punto che se l’intera indagine si fosse svolta in un’altra nota capitale europea e in determinato periodo storico differente sarebbe cambiato poco o nulla.

La terrificante creatura mutante, palese scopiazzatura del celebre xenomorfo della saga di “Alien”.

Per quanto i pochi pregi di questo film possano sembrare superficialmente insignificanti di fronte alla sproporzionata quantità di difetti appena elencati, in realtà si dimostrano assolutamente essenziali e di conseguenza degni di essere illustrati poiché essi rivelano appieno la propria competenza nell’impresa di migliorare questa pellicola, trasformandola quantomeno in un discreto prodotto che sia in grado di coinvolgere e d’intrattenere lo spettatore meno esigente. Per esempio l’atmosfera che si può percepire visionando la suddetta pellicola si rivela più volte sorprendentemente efficace poiché essa, per merito soprattutto di alcuni aspetti tecnici come la fotografia e la scenografia, si dimostra spesso in grado di trasmettere senza difficoltà un’opprimente sensazione d’inquietudine e inadeguatezza attraverso l’ambientazione distopica in cui si muovono liberamente tutti i personaggi che appaiono sul grande schermo, permettendo così allo spettatore d’immedesimarsi maggiormente nella vicenda narrata dalla pellicola.

Un ulteriore esempio può essere il ritmo che, sebbene in certi specifici punti si trasformi letteralmente in un elettroencefalogramma piatto, si presenta costantemente incalzante fin dalle prime scene grazie ad alcune particolari scene iniziali che, essendo narrativamente e tecnicamente congiunte insieme in modo alquanto azzeccato, riescono del tutto a coinvolgere senza il minimo sforzo lo spettatore il quale, coinvolto pienamente nella vicenda narrata, difficilmente si lascerà prendere dalla noia o deconcentrare da qualsiasi distrazione intorno a lui.

Per quanto riguarda il lato tecnico questo film si rivela generalmente abbastanza mediocre, a causa in primo luogo del budget limitato che ha sicuramente costretto il comparto tecnico ad arrangiarsi con gli scarsi mezzi a propria disposizione. La regia non esiste, infatti essa è talmente anonima ed elementare che per tutta la durata del film lo spettatore più attento ha la netta sensazione che, al momento delle riprese, non ci fosse proprio anima viva dietro alla macchina da presa. La fotografia e la scenografia, sebbene entrambe non siano nulla di così straordinario, sono probabilmente gli unici aspetti tecnici realmente convincenti poiché entrambe sono in grado di trasformare autonomamente una città oggettivamente affascinante come Londra in una lugubre metropoli in cui regnano sovrani il buio e la sporcizia a causa delle frequenti alluvioni che hanno portato disgustosi ratti a fuggire dalle ogne per vivere tra le persone in superficie. Numericamente parlando le scene d’azione non sono molte, malgrado ciò quelle poche esistenti, concentrate perlopiù nella seconda metà, riescono comunque a trasmettere la giusta quantità di adrenalina necessaria per coinvolgere lo spettatore. Gli effetti speciali non sono sinceramente un granché, ma è un aspetto tecnico su cui ci si può passare sopra se si tiene a mente il budget risicato a disposizione. Il design dell’alieno non è affatto convincente non solo per via dell’evidente natura artificiosa della mostruosa creatura, ma anche a causa della sua somiglianza non troppo velata con il celebre xenomorfo proveniente dalla saga di “Alien”. La colonna sonora è anch’essa anonima, nonostante si riveli comunque più volte funzionale e adeguata, specialmente nelle scene intrise di tensione e suspense. In conclusione ci troviamo di fronte a un mediocre B-movie di fantascienza pieno di difetti e problemi creato palesemente con l’intento di cavalcare l’onda del successo finanziario dei due capolavori di Ridley Scott più volte citati all’interno di questa specifica recensione, nonché una banale pellicola fantascientifica assolutamente priva di una propria solida e delineata personalità che perfino si illude di convincere facilmente il proprio pubblico con il minimo impegno creativo attraverso una frammentaria sceneggiatura decisamente confusa e assai lacunosa.

Nonostante ciò si tratta comunque di un prodotto cinematografico che possiede un ritmo piuttosto incalzante ed un’atmosfera abbastanza intrigante a tal punto che, se lo spettatore riesce a soffocare il proprio senso critico e respinge qualsivoglia pensiero logico partorito dalla sua testa durante la visione, può risultare quantomeno godibile e d’intrattenimento.

Note positive

  • Ritmo
  • Atmosfera del lungometraggio
  • Scenografia

Note negative

  • I colpi di scena
  • Personaggi troppo stereotipati
  • La regia
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