Dichiarazioni del regista Michael Chaves su The Nun II

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Michael Chaves è un regista e sceneggiatore statunitense noto per il suo lavoro nell’ambito dell’horror cinematografico. È nato il 11 ottobre 1984 a Los Angeles, California. Chaves è diventato particolarmente famoso per la sua collaborazione con il produttore James Wan e il suo coinvolgimento nell’universo cinematografico di “The Conjuring”. Ha diretto il terzo capitolo della serie principale, intitolato “The Conjuring: Il caso Warren – The Devil Made Me Do It,” uscito nel 2021. Questo film ha riscosso un notevole successo di critica e pubblico ed è stato uno dei principali progetti di Chaves fino a quel momento. Prima del suo coinvolgimento in “The Conjuring”, Chaves ha lavorato su cortometraggi e progetti indipendenti. La sua abilità nel dirigere film horror ha attirato l’attenzione di Hollywood, portandolo a dirigere uno dei franchise più iconici dell’horror contemporaneo.

Il coinvolgimento in “The Nun II”…

Quando Corin [Hardy] stava girando “The Nun – La vocazione del male”, io ero impegnato nelle riprese di “La Llorona – Le lacrime del male”, e ho fatto amicizia con lui e con Jonas [Bloquet] e Taissa [Farmiga]. Mi sono tanto piaciuti quei due, li ho trovati degli attori meravigliosi e di grande talento, e ho davvero amato la versione di Corin del film. Così, dopo un paio d’anni, quando la New Line mi ha sottoposto la sceneggiatura di “The Nun II”, onestamente ho pensato immediatamente a Taissa e Jonas. Ho adorato la loro interpretazione dei personaggi e la storia che hanno iniziato. Erano già presenti nella sceneggiatura, ma sentivo che c’era qualcosa di più. Sapevo che avremmo potuto portare questi personaggi oltre, e che avrebbero potuto fare qualcosa di veramente speciale; ed è proprio questo che più mi ha entusiasmato.

La vita di Irene dopo “The Nun – La Vocazione del male”…

Ho visto un fantastico documentario della BBC degli anni ’50 su un gruppo di suore che costruivano case, lavorando sodo, facendo letteralmente lavori di costruzione e versando cemento. E tornando all’idea di personaggi femminili forti, sono là fuori nel mondo, e cercano di fare la differenza. Abbiamo esplorato diversi modi per presentare Irene, ma comunque volevo che facesse un lavoro qualsiasi. La prima immagine la ritrae nel suo convento in Italia, mentre spinge un camion bloccato nel fango, e mi piace vederla impegnata in un lavoro duro, sporcandosi, ma anche molto felice e contenta di farlo. E’ questa la cosa che mi ha colpito di quelle suore, che fossero molto orgogliose di essere umili, di fare un lavoro duro e di servire le persone. Anche se Irene ha vissuto questa grande avventura nel primo film, è molto contenta di tornare a uno stile di vita umile e anonimo. Non sta inseguendo il futuro demone. Non vuole essere famosa. Non vuole lavorare per il Papa. Vuole solo fare del bene nel mondo. Sembrava giusto per Irene. E quando ne ho parlato con Taissa, lei ha risposto positivamente… Mi è sembrato davvero adatto al personaggio e un ottimo punto di partenza.

L’incontro con Suor Debra…

Suor Debra, interpretata da Storm Reid, è una concittadina americana di Irene, e anche lei in Europa. Come Irene nel primo film, è una novizia, ma si ritrova a mettere in discussione la sua fede. I noviziati sono impegnati con Dio e fondamentalmente percorrono le tappe per affidare la loro vita al Signore. Ma ha dei dubbi: per Debra sono reali e radicati nella sua storia, nel suo passato di ingiustizia razziale. Guardando la sua vita, è facile per lei dire: ‘Come potrebbe un Dio giusto permettere che queste cose accadano?’. Inoltre, la perdita di sua madre è un elemento potente nella sua storia. Dice: ‘Mia madre era la mia chiesa’. Mi piace questa frase, perché da piccola mio padre mi portava in chiesa: alla prima Messa, alle prime luci dell’alba. Per molti di noi da bambini, se si è cresciuti seguendo una religione, a volte c’è un genitore che diventa il proprio centro spirituale. Per Debra, era sua madre. La perdita della mamma le ha fatto mettere in discussione la sua fede. Anche se è una novizia e sta per prendere i voti, non ne è più sicura. Le classiche domande sulla fede: è pronta a dedicare la sua vita a Dio? E’ davvero credente? Sono una delle prime cose che iniziamo a esplorare quando incontriamo il suo personaggio, e diventa una linea guida che ci accompagna fino alla fine. Irene ricorda il fatto che Valak aveva precedentemente distrutto un convento pieno di suore innocenti, che avevano una fede solida e indiscussa. Irene è preoccupata di entrare in conflitto con una suora che sta mettendo in discussione la sua fede, perché in storie come queste la fede è una corazza, un’ arma. Bisogna assicurarsi che l’armatura sia resistente e che l’arma sia affilata. Penso che questo sia uno degli elementi più emozionanti della storia”.
Un fotogramma dalla scena inquietante di The Nun II
Un fotogramma dalla scena inquietante di The Nun II

Il tempo e il luogo…

Adoro l’idea dell’ambientazione dell’universo di ‘The Conjuring’ in Europa. Onestamente la prima cosa che ho fatto è stata guardare un mucchio di foto sia della Francia che della Spagna degli anni ’50: il primo passo della ricerca è stato proprio scavare in queste foto. E da lì è venuto fuori un sacco di materiale fantastico. Ho notato molti scatti di vecchie edicole vintage, e la cosa mi ha attratto, facendole diventare dei motivi di spavento. Nel nostro mondo moderno, niente è più simile a una reliquia del passato di un’edicola. Adoro le riviste e i giornali d’epoca, e anche il design grafico antico. Il materiale era visivamente emozionante, ed ero certo che ci sarebbe tornato molto utile. Con queste foto viaggi nel tempo, e penso ti ancorino alla realtà. Il mio intento nella realizzazione del film era decisamente quello di renderlo il più autentico possibile, cosa che senza dubbio rende un horror migliore. Si vive un’esperienza più spaventosa se si crede davvero a ciò che si vede, pensando che potrebbe realmente accadere un dato evento. Per me era importante rimanere fedeli al paese, al periodo storico e a tutti i piccoli dettagli connessi. Voglio che chiunque abbia vissuto quel tempo e che abbia conosciuto quei luoghi, li riconosca nella pellicola.

Valak come icona dell’orrore…

“Penso che la Monaca Demone sia uno dei mostri iconici del cinema. Voglio dire, osservandola su un poster sembra un po’ un ritorno al passato, a Dracula.. c’è un po’ di Pennywise… c’è un po’ di Nosferatu. È un’immagine intramontabile, dall’aspetto unico. Anzi, è una delle icone del cinema horror, e uno dei cattivi cinematografici per eccellenza. Con questo film volevo semplicemente spingermi oltre. Volevo esplorare le manifestazioni, e scavare di più nella storia, o almeno nel mito o nelle teorie, su quali potrebbero essere le sue origini. Penso che sia davvero importante farlo, senza mai essere troppo specifici, per lasciare spazio alla potenza del mistero, del non conosciuto. Dopotutto è questo ciò che spaventa maggiormente.

Gli interpreti…

Taissa [Farmiga] e Storm [Reid], hanno stretto una grande amicizia nel film, così come fuori dal set. Proprio come i loro personaggi, si sono molto legate e si sono divertite insieme, con un modo di fare fantastico. È sempre bello vedere gli attori in armonia, anche a telecamere spente, mentre parlano semplicemente delle loro vite e imparano gli uni dagli altri. Per quanto Taissa sia giovane, Storm lo è ancora di più; vedere crescere la loro amicizia è stato davvero bello, e penso che questo traspare anche nelle loro interpretazioni. Funzionano davvero bene insieme sullo schermo.Taissa e Jonas [Bloquet], sono al loro secondo film insieme, anche se a guardarli sembra che lavorino insieme da sempre. Hanno una chimica meravigliosa sullo schermo e un’amicizia incredibile fuori dalle telecamere. Sono come fratello e sorella: sono davvero i migliori amici. Irene e Maurice sono due personaggi che, dopo l’esperienza di Santa Carta [in “The Nun – La vocazione del male”], hanno un legame di fuoco. E anche se sono andati avanti – lei ha dedicato la sua vita alla religione, e lui si sta innamorando di Kate – sai che c’è ancora qualcosa … che il loro legame è molto forte. E penso che la loro amicizia e la loro chimica nella vita reale passino attraverso la macchina da presa. In questo film, sono divisi per gran parte del tempo; anche se entrambi svolgono un ruolo importante nella vita dell’altro, non li vediamo riuniti se non in un secondo momento. In realtà ero un po’ preoccupato per questo, ma alla fine ne sono stato felice, perché tenerli separati ha reso ancora più emozionante e drammatico il momento in cui si ritrovavano.

Il legame di Santa Lucia con la storia…

Santa Lucia mi ha sempre spaventato e incuriosito. Sono cresciuto seguendo il cattolicesimo, e sono sempre rimasto colpito dall’immaginario che circondava questa martire a cui sono stati cavati gli occhi. Spesso appaiono i suoi occhi sui palmi delle mani. Ho pensato che ci fosse qualcosa di veramente spaventoso e potente in questo. L’idea della vista e del vedere come potere da attaccare e desiderare, mi è sembrata un’idea davvero interessante. E soprattutto come si collega a Suor Irene, che ha sempre avuto delle visioni. È sempre stata connessa a qualcosa che va al disopra di lei. C’è l’idea che mentre Irene è in missione, fa anche un viaggio personale… Un viaggio più piccolo e intimo dentro di sé per capire chi è: ritrovare la propria vista e la propria capacità di vedere il mondo che la circonda.
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