Dolor y Gloria (2019): Il ricordo e la dipendenza

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locandina poster dolor y gloria

Dolor y Gloria

Titolo originale: Dolor y Gloria

Anno: 2019

Paese: Spagna

Genere: Drammatico

Produzione: El Deseo

Distribuzione: Warner Bros. Italia

Durata: 1h 53m

Regia:  Pedro Almodóvar

Sceneggiatura:  Pedro Almodóvar

Fotografia: José Luis Alcaine

Montaggio: Teresa Font

Musiche: Alberto Iglesias

Attori: Antonio Banderas, Penélope Cruz, Asier Etxeandia, Leonardo Sbaraglia, Nora Navas, Cecilia Roth, Raúl Arévalo, Susi Sánchez, Julieta Serrano, Eva Martin, Julián López

Trailer di Dolor y Gloria

Non voglio pensare di non aver avuto più dolore perché non voglio vittimizzarmi e perché credo che nel mondo ci siano tante persone che hanno sofferto più di me e non abbiano trovato soluzioni al proprio dolore. Però penso di averne avuto abbastanza per poterne parlare in questo film

cit. Pedro Almodovar

Presentato il 22 Maggio 2019 alla 72essima edizione del festiva di CannesDolor y Gloria è una sottilissima storia intima dal sapore della vita, non di quelle esistenze idilliache e fantastiche ma un ritratto schietto e preciso dell’essenza del vivere di un essere umano: in cui convive un lato pieno zeppo di dolore e un altro fatto da gloria profonda. In ogni individuo, chi più e chi meno, esiste questa suddivisione che per il regista spagnolo Pedro Almodovar si trova nella solitudine interiore della sua vita privata e nelle malattie che gli producono un forte dolore fisico e spirituale, ma nel rovescio della medaglia ha ottenuto un immensa gloria personale come cineasta, i suoi film sono famosi in tutto il mondo e il suo nome è accostato ai miti del cinema e questo mondo fatto di luci e scrittura di storie riesce a riempirgli il cuore. 

I critici affermano che questo lavoro del cineasta spagnolo si avvicina al grande capolavoro di Fellini “La Dolce Vita” ma tale paragone è eccessivo sia per le tematiche trattate dai due lungometraggi sia per lo stile narrativo. Se escludiamo i due protagonisti pieni di amarezza nel vivere e tendenti al perdere interesse per il mondo esterno non esistono reali similitudine.

Se però il film di Almodovar non si avvicina alla Dolce Vita non possiamo asserire una somiglianza con il cinema del neorealismo in special modo della storia sul passato in cui si analizza il rapporto fanciullesco tra il bambino e la madre, interpretata magistralmente da Penelope Cruz la cui esibizione ricorda molto Sofia Loren e dà quel sapore di vita reale fatta di amarezza, polvere e gioia tipica del cinema italiano del post -guerra.

In questa opere il regista decide di affidarsi ai suoi due “figli attoriali”, Penelope Cruz e Antonio Banderas che hanno girato molteplici film insieme sotto la direzione dello stesso Almodovar. La scelta dei due attori per quest’alto film può apparire scontata e banale ma è tutt’alto che banale.  L’uomo Pedro Almodovar ha il bisogno di raccontare la sua storia di dipendenza dal cinema, dalla depressione all’amore e per farlo ha bisogno di due uomini di cui si può fidare al 100% e a cui può affidare i suoi due personaggi principali che non sono solamente caratteri ma sua Madre e se stesso e chi può rappresentarli meglio se non i due attori/amici che lo conoscono ormai da molteplice tempo?

Si sono molte cose inventate. Di solito, quando comincio a scrivere, le prime righe sono legate alle mie esperienze personali, ma poi la finzione prende piede, e quando succede, sento che non la devo più abbandonare. Se devo calcolare quanto tasso di autobiografia c’è in Dolor y Gloria posso dire che si tratta del 40%, ma per quello che riguarda un livello più profondo, si tratta del 100%.

cit. Pedro Almodovar

Il film è una sorta di trattato spirituale del regista, un po’ come lo è Roma per Cuaron, non tanto per la storia narrata ma per il significato sottostante, ovvero la trama nascosta in cui il pensiero del regista e la sua paura d’invecchiare e di non essere più in grado di fare cinema, che altro non è che il suo unico senso all’esistenza salgono in cattedra, come del resto lo è quello della perdita del suo grande amore e dell’assenza di quest’ultimo nella sua vita.

Penélope Cruz and Raúl Arévalo in Dolor y gloria (2019)
Penélope Cruz e Raúl Arévalo in Dolor y gloria (2019)

Trama di Dolor y Gloria

Salvador Melo ha vissuto la sua vita pienamente, viaggiando per il mondo e facendo ciò che sognava di diventare: un regista di cinema. Ma il suo stesso fisico a un certo punto decide di abbandonarlo causandogli una miriade di acciacchi fisici che lo costringono a prendere pasticche su pasticche. A sessant’anni la sua stessa vita è in crisi, non ha un legame familiare né veri amici eccetto la sua assistente Mercedes che cerca di prendersi cura di lui. La solitudine, i dolori lo mandano ben presto in depressione portandolo a decidere di mollare il cinema, la sua unica ragion di vivere perché teme che il suo fisico non sia più in grado di dirigere su un set l’intero compartimento tecnico.

Scopre la droga e incomincia a ripensare, come un disco rotto, ai suoi momenti d’infanzia e a sua madre, lì in quella casa più simile a una grotta nella povera Spagna degli anni 60.

scena film dolor y gloria cannes
Antonio Banderas in Dolor y Gloria

Recensione di Dolor y Gloria


La memoria è il primo elemento posto dall’autore nel film. La seconda scena filmica è dedicata ad un semplice momento di vita vissuta nella più modesta semplicità e purezza dell’umanità.

Un fiume, delle donne che lavano dei panni, dei pesci che nuotano nell’acqua. Le stesse donne che cantano una melodie popolare mettendo ad asciugare i panni in un campo e un bambino sulle spalle della madre che guarda il mondo con occhi incantati e trasognanti.

La prima suddivisione narrativa sta proprio nel cambiamento presente in Salvador Melo nell’infanzia un bambino sorridente, appassionato di lettura e che guarda il mondo con sguardo sognante, basti pensare che vedendo la caverna in cui andrà a vivere squallida e malconcia e priva di una parte del tetto, il bambino la troverà come un luogo affascinante e meraviglioso.

Nel presente Salvador è tutt’altro che sognante. Salvador è un uomo pieno di problemi, di pensieri neri, sente di non essere più in grado di girare un film e sa esattamente che senza il cinema e la sua magia per lui non c’è niente per cui valga vivere. E’ un uomo che attende, attraverso uno sguardo apatico, la sua fine. Nella sua stessa esistenza non c’è nessuno, ma intorno a lui c’è il vuoto e la solitudine.

Il personaggio di Salvador, che richiamo l’io stesso del regista, vive immerso nei ricordi e nell’incapacità stessa di liberarsene e di vivere il presente senza il malessere delle decisioni passate che lo tormentano. I ricordi lo perseguitano, in special modo quelli riguardanti la madre, la classica donna combattente e religiosa che non apprezzerà mai pienamente il figlio che guarderà sempre con sguardo pieno di turbamento, forse comprendendo il suo lato omosessuale.

La rottura tra la Jacinta e il figlio è presentata in maniera chiara ed esplicita nell’ultima parte in cui la troviamo anziana e sul punto di morte. Qui  dirà al figlio delle parole tremende e ingiuste dato che lui si prende cura di lei in vecchiaia: ”Tu non sei stato un buon figlio” e questo renderà la vita di Salvador maggiormente avvolta dalla tristezza e dai suoi rimpianti su ciò che è e su ciò che ha fatto e a cui non potrà riparare.  Una delle maggiori pecca di questa scena è la non somiglianza tra le due madri quella giovane e quella vecchia che rende il momento poco credibile.

Alla fine di Dolor y Gloria il protagonista si imbatterà con tutti i suoi più grandi tormenti interiori legati al passato: si rincontrerà con il suo attore maledetto consegnandogli il suo monologo biografico, ritroverà per una notte il suo amore perduto e cercherà di riprendersi dalla morte di sua madre.

Se il film risulta interessante per la narrazione tematica dei ricordi, quello riguardante le dipendenze a sua volta onnipresente nell’intera opera filmica non è svolto in maniera esaustivo e non sappiamo realmente cosa volesse comunicare il regista con tale argomento. L’unica dipendenza esaustiva è quella basata sul cinema: Salvador ha necessità di realizzare un film e alla fin dei conti l’opera cinematografica è un parlare di cinema dentro il cinema stesso, sopratutto nel finale.

Le mie dipendenze sono dormire otto ore a notte e la necessità di fare sempre un nuovo film, perché, come il personaggio di Antonio, ho paura di non essere fisicamente in grado di lavorare di nuovo

cit. Pedro Almdovar

Il passato a sua volta narrato con una fotografia e scenografia incantevole e sotto le note della bellissima e delicata canzone “Come sinfonia” di Mina è abbastanza scollegato dalle vicende narrate a sua volta nel film e per comprendere il reale rapporto conflittuale con il figlio è stato d’obbligo mettere una scena in cui si vede il rapporto tra i due nell’età più adulta di Salvador, ovvero la morte di lei. Il Passato è utile solamente nel comprendere la scoperta della sessualità da parte del bambino Salvador nel vedere il corpo nudo dell’imbiacchino nell’atto di lavarsi. Tale scena è realizzata con un’incredibile regia.

Inizialmente Dolor y Gloria cede a una narrazione con una voce fuori campo che però non viene sviluppata e immediatamente abbandonata, tale scelta – che è presente in numerosi film – non la condivido. Se iniziamo con un tecnica narrativa ben precisa questa deve essere mantenuta per tutto il film non solo quando non sappiamo come spiegare determinati fatti.

Il film trascorre in maniera perfetta con una fotografia, regia e sceneggiatura molto interessante. La storia riesce alla fine a narrare molte tematiche senza cadere nel ridicolo eccetto che nell’ultimo istante finale.

Nell’ultima scena assistiamo a un momento del passato del protagonista. L’inquadratura, attraverso una carrellata all’indietro va a mostrare un set cinematografico in cui i due personaggi, che abbiamo visto per tutto il film, altro non sono che attori dunque che il passato che abbiamo visto altro non era che il film che Salvador aveva in mente

Note positive

  • Musica
  • Sceneggiatura e creazione dei personaggi
  • Fotografia
  • Regia
  • Interpretazione attoriali

Note negative

  • Scelta dell’attrice della madre, nella parte della vecchiaia
  • Uso della voce fuori campo per spiegare
  • L’uso della droga
  • Scomparsa dell’attore Alberto Crespo quando termina di compiere al suo scopo
  • Uso non appieno del tema sulle dipendenze
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