Frankenstein (2025): il mito gotico rinasce su Netflix – Venezia 82

Recensione, trama e cast del film Frankenstein (2025). Guillermo Del Toro reinventa il mito gotico tra cyberpunk, dolore e bellezza.

Condividi su
FRANKENSTEIN - Actor Oscar Isaac - Credits: Netflix 2025
FRANKENSTEIN – Actor Oscar Isaac – Credits: Netflix 2025

Frankenstein

Titolo originale: Frankenstein

Anno: 2025

Nazione: Stati Uniti d’America

Genere: horror, fantascienza

Casa di produzione: Double Dare You!

Distribuzione italiana: Netflix

Durata: 149 minuti

Regia: Guillermo del Toro

Sceneggiatura: Guillermo del Toro

Fotografia: Dan Laustsen

Montaggio: Non disponibile

Musiche: Alexandre Desplat

Attori: Oscar Isaac, Jacob Elordi, Mia Goth, Christoph Waltz, Felix Kammerer, Charles Dance, Ralph Ineson, David Bradley, Lars Mikkelsen, Christian Convery, Burn Gorman

Trailer di “Frankenstein”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Pubblicato anonimamente il 1° gennaio 1818, Frankenstein; or, The Modern Prometheus di Mary Shelley è riconosciuto come una pietra miliare della letteratura gotica e proto-fantascientifica. Al centro della narrazione c’è Victor Frankenstein, uno scienziato brillante che, spinto da un desiderio di dominio sulla vita e sulla morte, crea una Creatura assemblando parti di cadaveri. Ma il miracolo si trasforma subito in incubo: inorridito dal risultato, Frankenstein abbandona il suo essere vivente, condannandolo a un’esistenza di emarginazione e dolore. Rifiutata da tutti, la Creatura — senza nome, senza guida, senza amore — si trasforma in un vendicatore tragico, deciso a distruggere la pace del suo creatore.

Nel corso dei secoli, questa storia ha generato un’infinità di adattamenti teatrali e cinematografici, ciascuno con una propria interpretazione del mito. Il primo film risale al 1910, prodotto dalla Edison Studios e diretto da J. Searle Dawley. Ma fu nel 1931, con il celebre Frankenstein di James Whale per la Universal Pictures, che la figura del mostro — interpretato da Boris Karloff e truccato da Jack Pierce — entrò definitivamente nell’immaginario collettivo. Da allora, il romanzo ha ispirato decine di film, da La moglie di Frankenstein (1935) a Mary Shelley’s Frankenstein di Kenneth Branagh (1994), fino agli adattamenti teatrali contemporanei come quello di Danny Boyle con Benedict Cumberbatch e Jonny Lee Miller. La creatura è apparsa anche in versioni sperimentali, come Tender Son: The Frankenstein Project di Kornél Mundruczó (2010), e in rivisitazioni gotiche come Frankenstein in Romania di Radu Jude, con Sebastian Stan nel doppio ruolo di creatore e creatura.

Oltre duecento anni dalla sua pubblicazione, Frankenstein torna sullo schermo grazie a Guillermo del Toro, regista premio Oscar® e maestro dell’immaginario fantastico. Il suo adattamento, in arrivo su Netflix, è il coronamento di un sogno coltivato fin dall’infanzia. Cresciuto in Messico, del Toro ha sempre considerato la Creatura di Shelley come il suo “santo patrono”, una figura che lo ha accompagnato nel percorso artistico e personale. “L’opera di Mary Shelley mi ha accompagnato per tutta la vita,” afferma. “Per me è la Bibbia, ma volevo farla mia, reinterpretarla in una chiave diversa e con un’emozione diversa.”

Il progetto nasce come naturale prosecuzione del suo Pinocchio (2022), vincitore dell’Oscar® come Miglior film d’animazione. Per del Toro, Pinocchio e Frankenstein raccontano la stessa storia: quella di un essere creato, non nato, che cerca di comprendere cosa significhi essere umano. “Fin da bambino, dal mio primo film in Super 8 fino a oggi, ho sognato di fare due film, Pinocchio e Frankenstein,” racconta. “Pensavo che raccontassero la stessa storia: cosa significa vivere una vita segnata da due forze come l’eternità e la morte. Volevo rendere Frankenstein il più personale possibile.”

Il film ha debuttato ufficialmente il 30 agosto 2025, in concorso alla 82ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, e sarà disponibile per la visione su Netflix a partire dal 7 novembre dello stesso anno.

Trama di “Frankenstein”

Nel cuore della guerra di Crimea, il geniale ma tormentato Victor Frankenstein (Oscar Isaac) sfida le leggi della natura per sconfiggere la morte. Assemblando i resti di soldati caduti, dà vita a una Creatura (Jacob Elordi) che, pur dotata di intelligenza e sensibilità, viene subito abbandonata e condannata all’isolamento. Mentre il mondo la respinge, la Creatura evolve, impara, soffre — diventando specchio vivente del peccato originale e della solitudine umana.

Recensione di “Frankenstein”

Certi libri e storie diventano parte del tuo DNA. Due delle storie a me più vicine sono Pinocchio e Frankenstein. Volevo fare questo film prima ancora di avere una macchina da presa, prima ancora di saper dirigere. Quando da bambino vidi Boris Karloff fare la sua mitica apparizione [nell’adattamento di Frankenstein della Universal del 1931], per me fu un momento mistico, perché rappresentava tutto ciò che conoscevo dell’immaginario cattolico. Pensai: “Questa è una cosa soprannaturale, e questo sono io. Io sono così. Ecco perché mi sento fuori posto”. Ho finito per girare i due film praticamente uno dopo l’altro, in un periodo in cui avevo perso mio padre e mia madre, e ho dovuto davvero interrogarmi su chi fossi, perché ti ritrovi a non essere più figlio di nessuno. Questo fatto li ha resi entrambi più profondi.

Dichiarazione del regista

Si sentiva la necessità dell’ennesimo riadattamento della storia di Mary Shelley? Come ogni romanzo che viene adattato, c’è sempre dietro una curiosità e nel caso di Frankenstein l’attenzione si è focalizzata ai massimi livelli non appena fu annunciato alla regia Guillermo Del Toro. 13 minuti di standing ovation a Venezia sono fini a sé stessi, numeri che possono significare tutto o nulla, eppure quando si guarda il prodotto di casa Netflix, non ci resta che dire “chapeau!”. E in questa recensione vi diciamo perché il Frankenstein di Del Toro è una delle pellicole più interessanti di questa Mostra del cinema di Venezia.

La pellicola di Del Toro non intende ripetere pedissequamente l’opera gotica per filo e per segno: si prende le sue libertà e lo fa partendo dal world building: un mondo caratterizzato dallo stile gotico, quasi come se fosse una favola, con un pizzico di cypberpunk e qualche rimando al recente Death Stranding. È un affresco meraviglioso quello lavorato dal cineasta messicano, che abbandona completamente i toni cupi che si sono visti negli adattamenti precedenti e colpisce con la scenografia monumentale, ricca di dettagli visivi, in cui le inquadrature sono illuminate dall’energia sprigionata dalle ombre e dai personaggi.

La vicenda narrata parte in media res, ma decide di sfruttare la divisione in capitoli (o punti di vista) per descrivere quali siano gli uomini e i mostri attori delle vicende: Victor Frankenstein non è uno scienziato pazzo, ma uomo che crede profondamente nella scienza e sfida il sistema, cercando di creare l’uomo perfetto e immune alla morte, toccando limiti che nessun essere umano ha raggiunto. La sua controparte, suo figlio, la creatura, è il risultato di un’anima spezzata. Un po’ come Pinocchio del 2023, la creazione non avviene con amore, ma tramite i sentimenti più oscuri dell’essere umano: rabbia, ossessione, disperazione. Il moderno Adamo si erge in un mondo senza speranza, dove l’avidità e l’ambizione divorano gli ultimi stracci di umanità rimaste.

Se guardi i miei film fino a La fiera delle illusioni, ci sono cattivi ed eroi molto ben definiti. Come tutti i tiranni, Victor si crede una vittima. Chi è tiranno ama sentirsi vittima: “povero me”, e nel frattempo distrugge la vita di tutti. Questo è Victor. Ma tutti nel film hanno una debolezza e una mancanza. Adoro questo aspetto. Tutti hanno bisogno di amore, perché è l’unica risposta, giusto? Penso che sia un film molto tenero. Per me è un melodramma e un dramma. Non lo vedo come un film horror.

Dichiarazione del regista

Del Toro riesce a prendere l’immaginario nato dalla penna di Mary Shelley per configurare un intenso dualismo a più strati tra padri e figli, creatore e creatura, l’uomo e il dogma, la vita e la morte. Il risultato? Una rielaborazione del mito gotico che promette allietare gli occhi dello spettatore e allo stesso tempo riprendere la figura della creatura in modo più intimo, in cerca di uno scopo nella propria esistenza, destinato a non morire e soffrire per le colpe del proprio padre.

In conclusione

Il Frankenstein di Guillermo Del Toro non è una semplice rivisitazione, ma una reinvenzione poetica e visivamente sontuosa del mito di Mary Shelley. Il regista messicano riesce a fondere il suo immaginario gotico con una sensibilità contemporanea, trasformando la creatura in un simbolo di solitudine, dolore e ricerca di senso. È un’opera che parla di padri e figli, di scienza e spiritualità, di creazione e abbandono. Un film che non cerca di replicare, ma di interrogare, e che riesce a dare nuova linfa a una storia che sembrava ormai cristallizzata. Un adattamento che non solo era necessario, ma che si rivela anche profondamente umano.

Note positive

  • Scenografia monumentale e world building originale
  • Regia visionaria e coerente con lo stile del regista
  • Rielaborazione tematica profonda e stratificata

Note negative

  • /

L’occhio del cineasta è un progetto libero e indipendente: nessuno ci impone cosa scrivere o come farlo, ma sono i singoli recensori a scegliere cosa e come trattarlo. Crediamo in una critica cinematografica sincera, appassionata e approfondita, lontana da logiche commerciali. Se apprezzi il nostro modo di raccontare il Cinema, aiutaci a far crescere questo spazio: con una piccola donazione mensile od occasionale, in questo modo puoi entrare a far parte della nostra comunità di sostenitori e contribuire concretamente alla qualità dei contenuti che trovi sul sito e sui nostri canali. Sostienici e diventa anche tu parte de L’occhio del cineasta!

Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazione
Emozione
SUMMARY
3.6
Condividi su
Gianluca Zanni
Gianluca Zanni