Freaks Out (2021): ciò di cui il cinema italiano ha bisogno

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Freaks Out

Titolo originale: Freaks Out

Anno: 2021

Paese: Italia, Belgio

Genere: fantastico, drammatico, storico, guerra, avventura

Produzione: Goon Films, Lucky Red, Rai Cinema, GapBusters

Distribuzione: 01 Distribution

Durata: 141 minuti

Regia: Gabriele Mainetti

Sceneggiatura: Gabriele Mainetti, Nicola Guaglianone

Fotografia: Michele D’Attanasio

Montaggio: Francesco Di Stefano

Musiche: Gabriele Mainetti, Michele Braga

Attori: Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini, Giorgio Tirabassi, Max Mazzotta, Franz Rogowski

Trailer del film

Signore e signori, benvenuti al circo Mezza Piotta, dove l’immaginazione diventa realtà e dove niente è come sembra”. Così Israel (Giorgio Tirabassi) apre Freaks Out, la nuova perla di Gabriele Mainetti, vincitrice del Leoncino d’Oro a Venezia.

Trama di Freaks Out

Matilde, Cencio, Fulvio e Mario sono artisti circensi, dotati di straordinari poteri, che si esibiscono nel circo di Israel il quale, nei loro confronti, funge da padre adottivo. Essi non hanno un buon rapporto con i loro superpoteri: “il mio non è un dono, è una maledizione” afferma, infatti, Matilde (Aurora Giovinazzo) all’inizio del film. Si sentono diversi, una sorta di scherzo della natura e vedono nel circo l’unico modo per rendere positiva la loro anormalità. “Noi, senza il circo, siamo solo una banda di mostri” asserisce Fulvio, interpretato da Claudio Santamaria. A seguito dell’improvvisa scomparsa di Israel, i quattro decidono di cercarlo in giro per Roma, in quel momento assediata dall’occupazione nazista del 1943. Scopriranno che il loro padre putativo è stato rapito dai soldati tedeschi per essere deportato nei campi di concentramento, in quanto ebreo. Aiutati da un gruppo di partigiani, i freaks faranno di tutto per salvare Israel e per sfuggire a Franz, nazista schizofrenico, convinto che i loro poteri possano portare la Germania a vincere la guerra.

Recensione di Freaks Out

Dopo il pluripremiato Lo chiamavano Jeeg Robot, indiscutibilmente una delle pellicole meglio riuscite degli ultimi anni nel panorama nostrano, Mainetti sceglie di affrontare nuovamente il genere supereroistico. Ci racconta una storia affascinante, coinvolgente dall’inizio alla fine, “una perfetta combinazione tra violenza, humor e fantasia” come l’ha definita Franz Rogowski (che nel film interpreta il villain). Il tutto è reso ancor più originale dalla “italianità” dei personaggi: sembra di guardare un film di Hollywood i cui personaggi, però, si esprimono con un marcato accento romano. Quanto è bello sapere che anche noi, qui in Italia, siamo in grado di produrre opere di questo tipo! Non siamo solo il Paese delle pellicole melodrammatiche trite e ritrite o dei film comici, ma offriamo al mondo una vasta scelta di generi, i cui prodotti sono tutti di alto livello. Mainetti ha il merito di aver portato al nostro cinema una ventata di novità, ed era ciò di cui avevamo bisogno. Egli sfrutta al massimo il budget a disposizione di 12 milioni di euro e realizza un film curato nei minimi dettagli, dalla scenografia al trucco, dalla fotografia agli effetti sonori e, soprattutto, visivi (esplosioni, giochi di fumo e fuoco sono ricorrenti). Lo spettatore è calato in un’atmosfera magica e sognante, quasi favolistica, nonostante sia ambientata durante uno dei capitoli più tetri della storia del Novecento.

Uno dei punti di forza della pellicola è il cast: ognuno tra gli attori principali ci regala un’interpretazione eccezionale, primo tra tutti Max Mazzotta nei panni di Gobbo, capo della banda di partigiani. La scena in cui egli si avvicina lentamente alla macchina da presa intonando “Bella Ciao”, con quella voce lugubre e graffiante di chi ha ucciso decine di nazisti, fa venire la pelle d’oca. Probabilmente è un personaggio che meritava un maggiore approfondimento e che, invece, è relegato a un ruolo marginale.

Nonostante la messa in scena pazzesca, infatti, in Freaks Out non mancano i difetti. Su alcuni personaggi, ad esempio, c’è una minore messa a fuoco, e altri sembrano posizionati lì senza uno scopo ben preciso, come il Guercio che ruba minuti alla storia senza avere una reale importanza ai fini della narrazione. In più, alcune scene peccano di eccessiva lunghezza e confusione, specialmente quelle di guerra dove non si è in grado di capire bene cosa sta accadendo.

Sebbene questi piccoli dettagli, nel complesso il film è ottimo, forse anche superiore alla precedente opera di Mainetti. È di certo un lavoro spettacolare, una vera rivoluzione per il nostro Paese.

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