Freud – L’ultima analisi (2023). Due pensatori a confronto

Recensione, trama e cast del film Freud - L'ultima analisi (2023), pellicola drammatica distribuita da Adler Entertainment il 28 novembre 2024.

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Trailer di “Freud – L’ultima analisi”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Nel 2009 Mark St. German scrive un’opera teatrale in un atto unico dal titolo “Freud’s last session”. Nel 2023 il regista Matthiew Brown decide di realizzare un adattamento dell’opera per il grande schermo, dando così vita a “Freud – L’ultima analisi”, un film con protagonisti Sir Anthony Hopkins e Matthew Goode e con un cast che vede anche Liv Lisa Fries (Babylon Berlin), Jodi Balfour (Ted Lasso, For All Mankind) e Jeremy Northam (Gosford Park, The Crown). Il lungometraggio è stato distribuito nelle sale cinematografiche Italiane dal 28 novembre 2024

Trama di “Freud – L’ultima analisi”

Sigmund Freud invita il professor Lewis nel suo studio, incuriosito dalla sua conversione al cristianesimo anglicano. Ne nasce un confronto filosofico che porta alla luce le divergenze tra i due studiosi in campo religioso, ma anche le loro similitudini e i fantasmi del loro passato.

Anthony Hopkins e Matthew Goode in Freud - L'ultima analisi
Anthony Hopkins e Matthew Goode in Freud – L’ultima analisi

Recensione di “Freud – L’ultima analisi”

Se Sigmund Freud non avesse scelto di farsi cremare, negli ultimi anni – tra film, serie tv e citazioni a sproposito – si starebbe di certo rivoltando nella tomba. Ma del resto è il prezzo della popolarità post-mortem. Freud – l’ultima analisi è più delicato nello stravolgere la realtà dei fatti e si limita a presentare un incontro di cui non c’è traccia, ma che non è del tutto impossibile. Due ore fitte di dialoghi raccontano l’incontro mai avvenuto tra due pensatori antitetici: C. S. Lewis e Sigmund Freud. Il celebre psicanalista rivive attraverso la performance di Anthony Hopkins che col suo carisma riesce a sorreggere buona parte del film.

Le colonne portanti del film sono principalmente i tre protagonisti: Carl Lewis che sembra affogare il suo dolore nella convinzione dell’esistenza di Dio. Freud, un uomo invece indurito dal cinismo, da una religione che gli è stata imposta da piccolo e da un’infanzia che sembra rimpiangere. E infine Anna, la figlia di Sigmund, abile studiosa oppressa dalla figura ingombrante del padre e in cerca di una sua identità. Se le conversazioni tra i due pensatori regalano qualche momento interessante e – seppur con ampia licenza narrativa – offrono qualche nozione reale sulle loro vite, il contesto storico non gode di grande approfondimento. La guerra è solo uno sfondo sbiadito e non ha un grande impatto sui personaggi.

L’aspetto filosofico – su cui il film dovrebbe far leva – non acquisisce mai grande spessore intellettuale. Si rimane sempre in superficie, con riferimenti filosofici a prova di terza liceo. Lewis sembra ripetere a memoria il manuale del buon chierichetto, con dissertazioni sulle più classiche tesi del conservatorismo cristiano, mentre Freud ostenta il proprio cinismo e cita distrattamente le sue teorie sessuali, sperando di solleticare le nostre reminiscenze filosofiche del liceo.

Lato tecnico e personaggi

Nota di merito per il lato tecnico: una regia semplice ma ispirata non rende mai pesante le sequenze in piccoli spazi e ricrea con le immagini lo smarrimento e i traumi dei personaggi. La fotografia, fatta di colori freddi e scuri, comunica un mondo in cui i colori sono sopiti e spenti, portati via dalle atrocità della guerra.

I due intellettuali rappresentano due diverse risposte al dolore, l’una nell’accoglienza della fede, l’altra nel suo rifiuto. L’epilogo ci mette di fronte a un essere umano che non riesce a ottenere le risposte che cerca, ma che non può fare a meno di farsi domande. Anche due grandi pensatori come Freud e Lewis non possono far altro che speculare, senza avere nessuna conferma delle proprie ipotesi.

Le crepe più grandi si trovano nel rapporto padre-figlia che avrebbe necessitato uno sviluppo maggiore. Invece non viene dato agli input narrativi il tempo di germogliare. Il personaggio di Anna aggiunge un tocco femminile alla storia, ma la sua caratterizzazione è così scarna da non giustificare il cambiamento repentino che la coinvolgerà nel finale. La sua evoluzione è inaspettata, ma più per una mancata coerenza narrativa che per una buona costruzione del personaggio.

Anthony Hopkins in Freud - L'ultima analisi
Anthony Hopkins in Freud – L’ultima analisi

In conclusione

Matthiew Brown non assimila la lezione di Cronenberg che – in A dangerous method – era riuscito ad amalgamare i temi psicologici con il linguaggio filmico in maniera brillante. Freud – l’ultima analisi ha i suoi punti di forza, ma non offre niente di memorabile.

Un comparto tecnico molto buono condito da una sceneggiatura che non rende giustizia allo spessore intellettuale dei personaggi. Un contesto bellico che resta sempre in secondo piano e non aggiunge quasi mai qualcosa di davvero significativo alla storia. Un’evoluzione dei personaggi, in special modo di quello femminile, poco coerente e un colpo di scena che sorprende ma che non ha la base necessaria per risultare d’impatto.

Note positive

  • Regia
  • Fotografia
  • Racconto dei traumi dei protagonisti

Note negative

  • Trattazione dei temi filosofici
  • Caratterizzazione dei personaggi femminili
  • Finale debole
  • Struttura narrativa
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Federico Manghesi
Federico Manghesi