I Only Rest in the Storm (2025). Un docufilm che si perde nella sua eccessiva lunghezza. Cannes 78 Un certain regard

Recensione, trama, cast del film I Only Rest in the Storm (2025) di Pedro Pinho, presentato al Festival di Cannes il 17 maggio 2025.

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I Only Rest in the Storm (2025) – Regia di Pedro Pinho – Presentato nella sezione Un Certain Regard al 78° Festival di Cannes – Immagine concessa per uso editoriale.
I Only Rest in the Storm (2025) – Regia di Pedro Pinho – Presentato nella sezione Un Certain Regard al 78° Festival di Cannes – Immagine concessa per uso editoriale.

Trailer di “I Only Rest in the Storm”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

I Only Rest in the Storm è il nuovo lungometraggio del regista portoghese Pedro Pinho. Come il suo ultimo lavoro, A Fábrica de Nada (2017), anche quest’opera fa sentire tutto il suo peso drammatico con una lunghezza che supera le tre ore.

I Only Rest in the Storm è stato presentato al Festival di Cannes 2025 il 17 maggio 2025, nella sezione Un certain regard. Il titolo è emblematico del dualismo presente nel film, fra aspetti fortemente drammatici e una voglia di leggerezza.

Trama di “I Only Rest in the Storm”

Sergio, un ingegnere ambientale idealista, arriva in una caotica metropoli dell’Africa occidentale per contribuire a un ambizioso progetto infrastrutturale. L’obiettivo è creare una strada che colleghi il deserto alla foresta, un’opera che promette sviluppo ma nasconde complessi intrecci politici ed economici.

Nel cuore pulsante della città, Sergio stringe un legame intenso con Diara, una giovane donna combattiva, e Gui, apertamente queer. Tra passione e conflitto, il loro rapporto diventa un fragile equilibrio in un contesto segnato da tensioni neocoloniali e fratture sociali. Mentre il progetto stradale avanza, Sergio si ritrova sospeso tra il desiderio di lasciare un impatto positivo e la crescente consapevolezza delle forze che lo circondano.

Il nuovo ambiente lo trascina in una spirale di solitudine e dubbi, dove la linea tra progresso e sfruttamento si fa sempre più sfumata. Quando la crisi esplode, l’ingegnere dovrà scegliere tra rimanere fedele ai suoi ideali o abbandonare tutto prima che la sua presenza diventi un peso insostenibile.

Recensione di “I Only Rest in the Storm”

I Only Rest in the Storm è un film fuori dai classici schemi, con una forte volontà di rappresentazione e denuncia di una realtà che, per quanto oramai abituale, risulta sempre disturbante. Pedro Pinho ha consapevolmente abbandonato il classico copione lasciando che molta parte del suo film fosse frutto di sensazioni ed emozioni autentiche.

Il regista lusitano esplora il clima politico e sociale di quella che era una colonia portoghese, la Guinea-Bissau, attraverso la storia di un ingegnere ambientale coinvolto in un progetto stradale. Ma il cuore pulsante del film non è l’infrastruttura in costruzione, bensì il difficile equilibrio tra passato e presente, tra modernità e radici coloniali.

What moved me wasn’t a desire to represent a place or a culture, but rather the shock of an “encounter”. An often violent one. A moment that revealed the deep asymmetries that still persist — in new forms, but with familiar logic. (Pedro Pinho)

Un lungo percorso emotivo poco indagato

I Only Rest in the Storm, il cui titolo originale è decisamente più identificativo, ha un percorso travagliato. Pinho abbandona la linearità tradizionale della sceneggiatura, lasciando spazio a un cinema di osservazione che punta tutto su sensazioni ed emozioni autentiche. Gli attori, più che interpretare, vivono il contesto in cui il film li inserisce, in una narrazione composta da poche parole e da molti fatti, anche troppi.

L’indagine antropologica culturale del regista lo porta a realizzare un documentario ibrido, grazie anche alla collaborazione degli attori. Gli interpreti vengono immersi nella realtà sociale dell’Africa occidentale e lasciati a decantare le loro emozioni.

La macchina da presa, apparentemente trascurata dal punto di vista tecnico, cattura immagini crude, essenziali, con un montaggio brusco che enfatizza il carattere spontaneo della narrazione. Se da un lato questa scelta stilistica contribuisce a rendere l’opera intensa e viscerale, dall’altro il film soffre di una durata eccessiva e di una sceneggiatura densa di significati politici e sociali ma poco strutturata.

Eccessi narrativi che non compensano le lacune

Il desiderio di lasciare libero sfogo alla componente emotiva porta a momenti di grande forza espressiva, ma anche a un certo senso di dispersione narrativa. Il rischio di trasformare il disagio dei protagonisti in semplice estetica è evidente. Se la parte emotiva è quella che deve avere libero sfogo, questa deve anche essere accompagnata da un percorso che abbia un senso e che dia delle risposte, o quanto meno delle sublimazioni che rendano il tragitto dei personaggi empatico.

L’eccesso a cui si spinge Pinho – con una scena di sesso esplicito – risulta più pornografia gratuita che la reale necessità autorale dell’espressione di una ambivalenza commistionata al grande disagio dei protagonisti.

The characters were not defined in advance — they were transformed, rewritten, sometimes even reinvented, by the people who gave them a body and a voice. Each actor was invited to bring out as much of themselves as they wanted — or were able — to offer. (Pedro Pinho)

Fra interpretazione e realtà

In questa plasticità interpretativa i personaggi risultano essere interessanti fino a un certo punto. La ridondanza dei loro atteggiamenti, il poco sviluppo dei loro animi e l’anonimato dei loro percorsi ce li fa, alla lunga, venire a noia. Non è in discussione l’interpretazione dei protagonisti quanto la scrittura dei loro caratteri.

Sérgio Coragem, il protagonista, incarna il tormento di un ex colonizzatore che si ritrova straniero in una terra segnata dal passato, ma il suo percorso rimane in parte enigmatico. Coragem, come gli altri suoi colleghi, è ligio al suo compito di neorealismo 2.0 ma rimangono tanti interrogativi su questo carattere che non possono essere compensati dall’emotività.

Cleo Diára è agevolata dal suo personaggio ben caratterizzato, una donna che vive di espedienti, legata alla famiglia e con una forza derivante dall’istinto di sopravvivenza.

Jonathan Guilherme, il personaggio queer, sembra un po’ messo a caso dentro questo contenitore, a rappresentare la modernità. La tematica queer non viene indagata ma solo rappresentata e il personaggio di Guilherme viene proposto più come stereotipo che come reale, in contraddizione con la verità cercata dall’autore.

In conclusione

I Only Rest in the Storm richiede pazienza e una buona apertura mentale. Non si propone come prodotto commerciale ma come esperienza immersiva e, per certi versi, provocatoria. Ti può trasportare in una realtà a noi lontana, poco nota e perlopiù ancora nascosta. Sebbene non riesca del tutto nel suo intento, lascia comunque una traccia interessante nel panorama del cinema di denuncia.

Note positive

  • Scoperta di una realtà poco nota
  • Rappresentazione neorealistica

Note negative

  • Troppo lungo
  • Mancato approfondimento dei personaggi

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Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazioni
Emozioni
SUMMARY
2.3
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Renato Soriano
Renato Soriano

Mi occupo di spettacolo ed eventi culturali dal lontano 1991. Nasco come attore per diventare poi regista e autore teatrale. I miei studi mi hanno portato a specializzarmi verso la rappresentazione omonormativa nel cinema, italiano e non. Inoltre, sono ideatore del progetto TeatRealtà, legato alla consapevolezza delle nuove tecnologie usando il teatro come realtà.