Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio (2024). Un caso di mala giustizia?

Recensione, trama e cast della docuserie Netflix "Il caso Yara oltre ogni ragionevole dubbio" (2024), riguardo l'omicidio di Yara Gambirasio.

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Locandina de Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio

Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio

Titolo originale: Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio

Anno: 2024

Paese: Italia

Genere: Documentario, Crimine

Casa di Produzione: Quarantadue

Distribuzione italiana: Netflix

Durata: 5 episodi

Showrunner: Gianluca Neri

Regia: Gianluca Neri

Sceneggiatura: Carlo G. Gabardini, Gianluca Neri, Elena Grillone

Fotografia: Diego Romero Suarez-Llanos, Stefano Grilli

Montaggio: Davide Molla, Alessandro Pelegatta, Nicola Quarta, Riccardo Ramazzotti

Musica: –

Attori: Docuserie con interviste esclusive a Massimo Bossetti e Marita Bossetti

Trailer di “Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Gianluca Neri è un autore televisivo, produttore cinematografico, blogger e conduttore radiofonico italiano. Nel 2004 ha fondato la radio “Macchiaradio” e ha ideato diversi programmi per Rai Radio 2. Sul fronte televisivo, nel 2003, ha collaborato con la casa di produzione Magnolia come uno degli autori della sitcom di successo “Camera Café,” andata in onda dal 2003 al 2017.

La carriera di Gianluca Neri prende una svolta significativa nel 2019, quando fonda la casa di produzione cinematografica Quarantadue. Con questa, inizia a realizzare docuserie per Netflix, caratterizzate da un taglio controverso e investigativo, portando alla luce casi di cronaca complessi e noti. Nel 2020, produce la docuserie “SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano“, che gli vale un premio speciale ai Nastri d’Argento 2021. Il 16 luglio 2024, Netflix distribuisce la sua nuova docuserie in cinque episodi intitolata “Il caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio”, incentrata sulla tragica morte della tredicenne Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre 2010, e sul successivo processo a Massimo Bossetti, arrestato il 16 giugno 2014 grazie a una prova di DNA nucleare.

Per la realizzazione di questa docuserie, Gianluca Neri ha dedicato molti anni, iniziando la sua indagine sul caso nel 2017 attraverso una meticolosa fase di documentazione. Nel 2021, ha costituito un team di autori composto da lui stesso, Elena Grillone e Carlo Gabardini. Insieme, hanno analizzato le prove del caso e gli eventi correlati, studiando sessanta faldoni di documenti d’inchiesta, per un totale di oltre 60.000 pagine, oltre a numerosi gigabyte di immagini, audio e video. Questo materiale ha consentito al team di condurre un’analisi approfondita e di costruire un’indagine investigativa dettagliata sul cosiddetto “caso Bossetti”, dove la prova scientifica riveste un ruolo cruciale, essendo l’unica prova effettiva che inchioda l’accusato.

Trama di “Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio”

“Il Caso Yara: Oltre Ogni Ragionevole Dubbio” ripercorre la tragica vicenda di Yara Gambirasio, scomparsa a soli 13 anni una sera di novembre del 2010 a Brembate di Sopra (BG), mentre percorreva i 700 metri che separavano la sua casa dalla palestra dove praticava ginnastica ritmica. La docuserie ricostruisce l’indagine sulla scomparsa della ragazza, culminata con l’arresto di Massimo Bossetti. Il lungo processo investigativo e giudiziario porta alla luce verità scomode riguardanti i legami familiari della famiglia Bossetti, rivelando dettagli intricati e spesso controversi sull’intera investigazione.

Attraverso testimonianze, ricostruzioni, interviste esclusive (compresa quella a Massimo Bossetti e alla moglie Marita), e materiali inediti, la docuserie esplora gli eventi legati al caso, le accuse di depistaggio e i sospetti sui metodi investigativi adottati. La vasta eco mediatica e le pressioni politiche contribuiranno a un processo che si concluda davvero con un verdetto al di là di ogni ragionevole dubbio?

Foto d'archivio di Yara Gambirasio in Il caso Yara oltre ogni ragionevole dubbio
Foto d’archivio di Yara Gambirasio in Il caso Yara oltre ogni ragionevole dubbio

Recensione di “Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio”

Non è mio compito entrare nei dettagli tecnici del processo o dichiarare se Massimo Bossetti sia effettivamente il “mostro” che la stampa e il tribunale hanno descritto, condannandolo all’ergastolo per l’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, brutalmente uccisa, forse nel tentativo di una violenza sessuale o durante l’atto stesso. Ciò che posso affermare è che la visione di questa docuserie, con il punto di vista adottato da Gianluca Neri, solleva notevoli dubbi nella mente dello spettatore riguardo alla validità del caso e all’effettiva certezza della colpevolezza di Bossetti. Alla fine della visione, risulta difficile dichiarare Bossetti colpevole “oltre ogni ragionevole dubbio”, come suggerisce il titolo della docuserie.

Gianluca Neri, infatti, intende dimostrare che questo caso non è così semplice come la stampa dell’epoca ha voluto far credere. La serie mette in evidenza come gli eventi non siano mai stati riportati in maniera completamente fedele dai media, che hanno sempre e soltanto dipinto Bossetti come il “mostro” e come colpevole senza ombra di dubbio. Al contrario, la docuserie analizza i fatti in tutta la loro complessità, facendo emergere nello spettatore più di un dubbio, soprattutto riguardo alla validità dell’indagine e alla competenza della PM Letizia Ruggeri. Quest’ultima, insieme alla sua squadra di tecnici e specialisti, ha commesso molteplici errori che avrebbero dovuto invalidare le prove tecniche e scientifiche raccolte.

Da un lato, sono stati utilizzati kit scaduti da un anno per effettuare il test del DNA rinvenuto sul corpo della ragazza; dall’altro, non è stata indagata a fondo la morte di una giovane ragazza straniera, trovata deceduta nelle vicinanze di Brembate di Sopra, in un caso che presenta più di una similitudine con l’omicidio di Yara, suggerendo, dopo il rinvenimento del corpo privo di vita della tredicenne, che potrebbe trattarsi dello stesso assassino. Inoltre, l’indagine ha mostrato comportamenti discutibili da parte delle forze dell’ordine e della giustizia: in primo luogo, sono stati manipolati video riguardanti il camion di Bossetti (non è vero che passava ripetutamente davanti alla palestra dove Yara si allenava). Inoltre, la PM ha ostacolato la difesa nel tentativo di ripetere il test del DNA per confrontare, nuovamente, quello di Bossetti con quello trovato sul corpo della vittima. Prima ha ritenuto non necessario un nuovo test, poi ha dichiarato che non c’era più abbastanza DNA disponibile. Tuttavia, quando sono state trovate cinquantaquattro provette contenenti quel DNA, Letizia Ruggeri le ha fatte distruggere. La domanda che sorge spontanea è: cosa c’era da nascondere?

Questa sequenza di eventi porta a una sola conclusione: Bossetti potrebbe essere innocente e incastrato. Ma da chi e perché? Chi si voleva e si vuole proteggere? La serie, esplorando ogni aspetto del caso, suggerisce che dietro questa vicenda potrebbe nascondersi la mafia, connessa al mondo dell’edilizia, o che l’omicidio potrebbe essere legato all’ambiente della palestra frequentata da Yara, come l’allenatrice della ragazza, le cui impronte sono state rinvenute sui vestiti della bambina. In fondo, nessuno ha visto la ragazza uscire da quel luogo, né una telecamera né un passante, dunque potrebbe non essere mai uscita da quello stabilimento sportivo. Un altro elemento che aggiunge mistero e solleva dubbi sull’indagine riguarda il testimone Enrico Tironi, che ha affermato di aver visto Yara con due uomini, quella sera. Dopo un interrogatorio duro e intimidatorio da parte della polizia, Tironi ha dichiarato di essersi inventato tutto, per poi fuggire dall’Italia, trasferendosi in Scozia. Perché? Che cosa è successo al giovane? Qualcuno lo ha intimorito? O si è vergonato per le sue calunnie?

La serie mette in evidenza numerose incongruenze e dettagli che lasciano pensare a una cattiva conduzione dell’indagine, o peggio, a una volontà deliberata di proteggere determinati individui. Tuttavia, queste sono solo riflessioni che emergono guardando la serie, sempre se essa sia fedele ai fatti di cronaca e non una reinterpretazione degli eventi, come potrebbe anche essere, seppur ritengono che Neri abbia rispettato gli accadimenti, senza andarli a modificarli, ma osservandoli sotto una determinata prospettiva.

La docuserie, sotto certi aspetti, può essere considerata difensivista. In “Il Caso Yara: Oltre Ogni Ragionevole Dubbio” abbiamo per la prima volta la possibilità di ascoltare la voce di Bossetti, ma l’intervistatore o il montatore non riescono a inserire nell’interogatorio un’effettiva tensione investigativa. Bossetti racconta la sua versione, ma non viene messo in difficoltà né gli vengono chieste spiegazioni su alcuni punti critici legati alla sua figura (ad esempio, i coltelli fatti buttare dalla moglie, il suo alibi, le sue numerose bugie). Questa mancanza di confronto diretto toglie forza alla narrazione, dando l’impressione di voler rappresentare, a tutti i costi, Bossetti come innocente, come vittima della giustizia. La serie non sembra considerare che Bossetti possa effettivamente essere colpevole, non avendo nè un alibi e avendo raccontato svariegate bugie alla polizia, ma nonostante alcuni dubbi sulla sua innocenza, le azioni della PM Letizia Ruggeri, hanno certamente influenzato l’esito del processo, portandoci a fare una riflessione: perchè l’ha fatto?

Un aspetto che manca in questa serie è proprio l’intervista alla PM Ruggeri. Se ascoltiamo la difesa, gli avvocati e gli esperti scientifici, manca la controparte delle indagini, di colei che nè era a capo. Non ci viene detto se la PM abbia rifiutato l’intervista o se non sia stata contattata, ma la sua assenza è una grave lacuna, soprattutto in una serie investigativa. La sua voce è presente solo attraverso materiali di stampa, registrazioni audio del processo e video giornalistici, che la dipingono come un personaggio ambiguo, al limite tra giustizia e manipolazione delle prove, privando Bossetti della possibilità di dimostrare la sua innocenza. Indubbiamente una sua intervista nella serie, un intervista dura e puntigliosa, non come quella riguardante Bossetti e la moglie Marita Comi, con un intervistatore che non li ha ostacolati o messi alle strette, su alcuni punti, nel raccontare la loro visione degli eventi, soprattutto in quelli più enigmatici.

Dal punto di vista tecnico, la serie è ben realizzata, con una drammaturgia che alterna continuamente il passato e il presente, attraverso un montaggio alternato, evitando dunque una narrazione lineare. Questa scelta dona maggiore ritmo alla vicenda, arricchita da un uso sapiente di materiali d’archivio che conferiscono profondità alla narrazione documentaristica, soprattutto gli audio che donano spessore alla narrazione, potendo ascoltare la voce della madre, del padre, di Bossetti, della moglie e della PM durante l’indagine, portando a galla alcune informazioni importanti.

Massimo Giuseppe Bossetti in Il caso Yara oltre ogni ragionevole dubbio
Massimo Giuseppe Bossetti in Il caso Yara oltre ogni ragionevole dubbio

In conclusione

La docuserie “Il Caso Yara: Oltre Ogni Ragionevole Dubbio” offre una prospettiva alternativa e provocatoria sul caso di Yara Gambirasio, mettendo in discussione la colpevolezza di Massimo Bossetti e sollevando dubbi sulla correttezza delle indagini. Mentre la serie riesce a stimolare un dibattito critico e ad approfondire aspetti trascurati o manipolati, la mancanza di un contraddittorio forte e l’assenza di alcune voci chiave, come quella della PM Letizia Ruggeri, ne limitano l’impatto. Questo prodotto riesce a far emergere incertezze sul caso, ma non riesce a fornire una visione completamente equilibrata.

Note positive

  • La serie esplora dettagli e incongruenze che non sono stati ampiamente trattati nei media tradizionali.
  • L’uso di audio, video e documenti d’archivio arricchisce la narrazione, fornendo un contesto storico e investigativo più ampio.
  • La struttura non lineare e il montaggio alternato tra passato e presente mantengono alta l’attenzione dello spettatore.

Note negative

  • L’intervista a Bossetti non è sufficientemente incisiva. L’intervistatore, con Bossetti, doveva effettuare domande più dure e sgradevoli, mettendolo, anche in difficoltà.
  • La serie sembra orientata a dimostrare l’innocenza di Bossetti, trascurando altre possibili interpretazioni dei fatti.
  • La mancanza di un’intervista alla PM Ruggeri rappresenta una grave lacuna, soprattutto in un’opera che pretende di esaminare il caso da tutte le angolazioni.
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.