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Il conte di Montecristo
Titolo originale: Il conte di Montecristo
Anno: 2024
Paese: Gran Bretagna, Francia, Italia
Genere: Drammatico, Avventura, Storico
Casa di Produzione: Palomar, DEMD Productions
Distribuzione italiana: Rai 1
Durata: 4 episodi
Regia: Bille August
Sceneggiatura: Sandro Petraglia, Lorenzo Bagnatori, Eleonora Bordi, Michela Straniero, Greg Latter
Fotografia: Sebastian Blenkov
Montaggio: Janus Billeskov Jansen, My Thordal, Nikoline Løgstrup, Biel Andrés, Olivia Neergaard-Holm
Musica: Volker Bertelmann
Attori principali: Sam Claflin, Mikkel Boe Følsgaard, Ana Girardot, Blake Ritson, Karla-Simone Spence, Lino Guanciale, Michele Riondino, Gabriella Pession, Harry Taurasi, Poppy Corby-Tuech, Nicolas Maupas, Amaryllis August, Jason Barnett, Nicholas Farrell, John Ioannou, Martina Laird, Simone Zambelli, Matthew Wilson, Ben Moor, Jeremy Irons
Trailer di “Il conte di Montecristo”
Informazioni sulla stagione e dove vederla in streaming
“Il conte di Montecristo” è una miniserie televisiva franco-italiana diretta dal cineasta danese Bille August, vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1988 con Pelle alla conquista del mondo e nel 1992 con Con le migliori intenzioni. Oltre a un nome di prestigio alla regia, la miniserie vanta alla sceneggiatura la firma dell’attore e scrittore Greg Latter e dello sceneggiatore Sandro Petraglia, figura di spicco del panorama cinematografico italiano, vincitore di cinque David di Donatello per la miglior sceneggiatura con Il portaborse (1991), La meglio gioventù (2003), Romanzo criminale (2005), Mio fratello è figlio unico (2007) e La ragazza del lago (2007).
Oltre ai nomi di rilievo nei reparti tecnici, il cast annovera attori di primo piano, a partire dal britannico Sam Claflin (Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare, 2011; Scrivimi ancora, 2014; Hunger Games – Il canto della rivolta – Parte 1, 2014; Un amore e mille matrimoni, 2020), fino al danese Mikkel Boe Følsgaard, vincitore dell’Orso d’argento per il miglior attore alla Berlinale 2012 per la sua interpretazione in Royal Affair. Accanto a loro, troviamo gli italiani Lino Guanciale, Michele Riondino e Gabriella Pession, volti noti del panorama televisivo nazionale.
Liberamente ispirata all’omonimo romanzo a puntate di Alexandre Dumas (1844-46), la miniserie è stata presentata in anteprima nazionale alla 19ª edizione della Festa del Cinema di Roma, presso l’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, il 19 ottobre 2024. Dopo questa presentazione festivaliera, Il conte di Montecristo è stato trasmesso online il 18 dicembre 2024 in Svizzera e dal 20 dicembre 2024 in Danimarca, mentre in Italia è andato in onda su Rai 1 dal 13 gennaio al 2 febbraio 2025, con due puntate a serata, alle 21:30.
Trama di “Il conte di Montecristo”
Edmond Dantès sembra avere tutto dalla vita: appena nominato capitano del Pharaon, è prossimo a sposare Mercedes, la donna che ama. Tuttavia, ignora di avere dei nemici pronti a tradirlo. Accusato ingiustamente di essere un bonapartista, viene arrestato e consegnato al sostituto procuratore Villefort, che insabbia la verità per proteggere sé stesso e lo condanna alla prigionia nel terribile Castello d’If, dove è impossibile scappare se non morendo.
Trascorrono dieci anni, ed Edmond è ormai sull’orlo della disperazione, quando un altro prigioniero, l’Abate Faria, per errore sbuca nella sua cella mentre tenta di scavare un tunnel per fuggire. Tra i due nasce un’amicizia profonda: Faria trasmette a Edmond il suo sapere e gli svela l’esistenza di un tesoro nascosto, situato sull’isola di Montecristo, che potrebbe cambiare per sempre il loro destino. Purtroppo, gli scavi proseguono per altri cinque anni, e quando l’Abate muore, Edmond coglie l’occasione per evadere da solo.
Finalmente libero, si dedica alla sua unica missione: la vendetta. Dopo aver trovato il tesoro, assume la nuova identità del ricchissimo e misterioso conte di Montecristo e, per cinque anni, tesse con astuzia il suo piano per distruggere coloro che lo hanno tradito. Scopre così che i responsabili sono Danglars, che ambiva al suo ruolo di capitano, Fernand, cugino di Mercedes e innamorato di lei, e Villefort, che ha agito per convenienza personale.
Ora i tre uomini vivono a Parigi: Fernand ha sposato Mercedes, Danglars è diventato un potente banchiere e Villefort è procuratore capo. Nessuno di loro riconosce Edmond, tranne Mercedes, che inizia a sospettare la sua vera identità. Senza ricorrere alla violenza, Montecristo si insinua nelle loro vite, sfruttando le loro debolezze e i loro peccati per farli crollare, con la speranza, forse, di poter riconquistare l’amore perduto, ma soprattutto, con la certezza di fare giustizia.

Recensione di “Il conte di Montecristo”
Mi aspettavo di più da questa produzione, onestamente. Il Conte di Montecristo può contare su un regista esperto come Bille August, un grande sceneggiatore come Sandro Petraglia e un cast di tutto rispetto, da Sam Claflin ad Ana Girardot, eppure il risultato finale non è altro che una mera fiction televisiva all’italiana, nemmeno così ispirata.
Adottando uno sguardo critico, è interessante confrontare questa produzione con la serie Sky M. Il figlio del secolo, diretta da Joe Wright e interpretata da Luca Marinelli, un paragone che mette in luce le divergenze tra una serie autoriale dal gusto cinematografico, pensata per un pubblico di nicchia, e una fiction strutturata per un pubblico generalista. Il team di sceneggiatori di M. Il figlio del secolo costruisce una narrazione stratificata e complessa, costringendo lo spettatore a prestare attenzione a ogni istante. In questa produzione, talvolta, l’aspetto visivo e sonoro assume maggiore importanza del dialogo stesso, grazie alla mano autoriale di Joe Wright, che lavora alla serie come se stesse realizzando un prodotto per il grande schermo, anziché per la televisione.
Il Conte di Montecristo, invece, rappresenta l’esatto opposto. Gli sceneggiatori eliminano qualsiasi stratificazione narrativa presente nel romanzo di Dumas per offrire al pubblico una narrazione semplificata, accessibile a chiunque, dove non è necessario seguire con attenzione ogni scena per comprenderne il significato complessivo. Se Joe Wright cercava di imprimere un’impronta autoriale alla serie Sky, Bille August sembra preoccupato soltanto di rendere la sua opera facile da seguire. La sua regia perde completamente di personalità e inventiva, risultando didascalica e scolastica: non c’è alcuna ricerca stilistica né nell’illuminazione né nei movimenti di macchina, perché l’obiettivo è semplicemente permettere a un pubblico generalista – composto da giovani, adulti e anziani – di seguire la serie senza fatica, senza doversi impegnare in una visione complessa dopo una giornata di lavoro o di studio.
Questa differenza d’approccio rende i due prodotti seriali profondamente diversi: Il Conte di Montecristo è pensato esclusivamente per l’intrattenimento e il consumo immediato, mentre M. Il figlio del secolo propone un’immersione riflessiva e intellettuale in un periodo storico tragico. Di conseguenza, se il pubblico generalista potrà apprezzare maggiormente la fiction, un critico cinematografico (o anche solo un appassionato della settima arte) non potrà che notare la grande divergenza tra i due prodotti, dove uno è puro intrattenimento e l’altro è arte.
Se osserviamo Il Conte di Montecristo come una fiction pensata per un pubblico generalista, un critico non può che riconoscere la riuscita, soprattutto nelle prime puntate, dell’operazione. La serie racconta con semplicità – e, oserei dire, anche in modo abbastanza fedele – la storia di vendetta di Edmond Dantès, il marinaio che, da un giorno all’altro, viene privato della sua vita e del suo destino. Arrestato ingiustamente e incarcerato per quindici anni nel Castello d’If, Dantès è vittima di un complotto orchestrato da due uomini mossi da gelosia e ambizione. Quando riesce finalmente a fuggire, rinasce come il ricco Conte di Montecristo, un uomo spinto dalla sete di vendetta anziché dall’amore, sentimento che invece animava il giovane Edmond.
La storia esplora il rapporto tra provvidenza e giustizia attraverso la trasformazione del protagonista, che da vittima innocente diventa uno spietato strumento di vendetta. La sua vicenda ruota attorno a un interrogativo fondamentale: l’uomo può farsi giustizia da solo, o deve affidarsi alla volontà divina? Inizialmente, Edmond subisce la crudeltà del destino, un evento con lo coundece a provare una forte disperazione che lo porta a dubitare della giustizia divina, fino all’incontro con l’Abate Faria, che gli trasmette non solo conoscenza e saggezza, ma anche la convinzione che la provvidenza gli abbia riservato un compito ben preciso: eseguire la giustizia che gli è stata negata. Tuttavia, Faria lo mette in guardia contro la vendetta, avvertendolo che non porta mai a nulla di buono.
L’eredità dell’Abate – il tesoro di Montecristo – diventa lo strumento che consente a Edmond di rientrare in società come un uomo potente, determinato a punire i suoi traditori. Ma la sua vendetta, per quanto giustificata, non è priva di conseguenze: nel suo cammino finiscono anche degli innocenti, come il giovane Albert de Morcerf, portandolo a interrogarsi se la sua sia davvero giustizia o solo cieca punizione. È Mercedes, la donna che ha amato, a instillare in lui il dubbio più profondo: è davvero la provvidenza a guidarlo, o è il suo orgoglio ferito a muovere la sua mano? Una tematica ben trattata dalla serie Rai, anche se il finale della miniserie si discosta da quello del romanzo di Dumas, assumendo toni più concilianti e meno cupi. Se l’opera originale propone una riflessione più oscura e pessimistica sulla vendetta e sulla natura umana, l’adattamento televisivo opta per una conclusione più indulgente nei confronti di Edmond e della sua sete di giustizia.
La regia della miniserie si mantiene su un impianto piuttosto didascalico, privo di slanci stilistici in grado di valorizzare la narrazione. Questa scelta, già evidente nelle prime puntate, diventa meno riuscita nella seconda metà della serie, dove il ritmo si appesantisce sensibilmente. Se nelle prime quattro puntate lo script riesce ancora a sostenere un certo coinvolgimento, nelle successive la narrazione perde mordente, affossata da una regia statica che non accompagna adeguatamente lo sviluppo emotivo della storia. A peggiorare la situazione è una sceneggiatura che si limita a una progressione meccanica degli eventi, senza riuscire a creare momenti di reale intensità.
L’emozione, elemento chiave per una storia così ricca di vendetta, passione e redenzione, scompare progressivamente dallo schermo, lasciando spazio a un racconto che si trascina senza guizzi. A compromettere ulteriormente la riuscita complessiva della miniserie è la performance di Sam Claflin, che fatica a restituire la complessità del Conte di Montecristo. Il personaggio, simbolo di una trasformazione profonda, appare invece statico e monodimensionale, intrappolato in una gamma espressiva ridotta a due sole sfumature. Claflin non riesce a incarnare né la carica vendicativa del protagonista né il tormento interiore che ne caratterizza l’evoluzione, risultando quindi in una prova poco incisiva e sostanzialmente dimenticabile. Anche il cast di supporto, in particolare gli attori italiani, non riesce a lasciare il segno, ma in questo caso la responsabilità non è unicamente loro. La scrittura non offre ai personaggi secondari alcuna tridimensionalità, riducendoli a mere pedine di una scacchiera narrativa che si muovono senza un vero spessore emotivo. I loro ruoli si sviluppano in modo prevedibile, privi di sfumature che possano renderli memorabili, contribuendo alla sensazione di una messa in scena piatta e priva di vitalità.

In conclusione
Il risultato è una miniserie che, pur partendo con buoni presupposti, si perde progressivamente in una costruzione drammatica priva di pathos e in scelte registiche e interpretative che non riescono a dare forza alla storia. Il Conte di Montecristo, con la sua carica epica e il suo viaggio tra luce e ombra, meritava una trasposizione capace di restituirne la potenza narrativa e il fascino complesso, elementi che qui vengono solo accennati senza mai trovare una vera espressione sullo schermo.
Note positive
- Fedeltà alla trama originale
- Approccio accessibile al pubblico generalista
- Tematiche di giustizia e vendetta ancora attuali
Note negative
- Regia scolastica e priva di personalità
- Ritmo narrativo lento e poco coinvolgente
- Sceneggiatura semplificata e senza stratificazione
- Interpretazioni poco incisive, soprattutto del protagonista
- Mancanza di un reale impatto emotivo
Regia |
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Sceneggiatura |
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Fotografia |
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Colonna sonora e sonoro |
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Interpretazione |
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Emozione |
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SUMMARY
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2.8
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Concordo su tutto, tranne che sul giudizio impietoso su Sam Claflin. Capisco, però, che se a una persona piace lo stile gigionesco e caricaturale – come pare d’intuire sia il caso dello scrivente – alla Luca Marinelli, una performance elegante e sfumata (molto “britannica”) come quella di Claflin possa sembrare legnosa e insipida. Io, personalmente, avrei odiato un Montecristo spiritato o troppo sfacciatamente devastato, come del resto odio la tendenza all’overacting della maggior parte degli attori italiani e americani, che tuttavia i più considerano intensi e carismatici.